Pulizia, disinfezione e sterilizzazione dei vani e degli ambienti sanitari
La pulizia, la disinfezione e la sterilizzazione sono gli elementi cardine della prevenzione e del controllo delle infezioni nei vani e negli ambienti sanitari
Nonostante questa evidenza, sono molte le situazioni nelle quali queste procedure sono carenti o addirittura assenti, e nelle quali il personale viene formato in modo approssimativo o insufficiente.
Pulizia, disinfezione e sterilizzazione, alcuni concetti di base:
PULIZIA E PRE-PULIZIA
Mentre “pulizia” significa eliminare lo sporco visibile, il termine “pre-pulizia” si riferisce alla rimozione dei fluidi corporei e altri contaminanti prima di procedere con la disinfezione o la sterilizzazione.
Una adeguata pre-pulizia può ridurre sostanzialmente la carica microbica di agenti patogeni mentre la rimozione dei residui organici e inorganici può agevolare il processo di ricondizionamento.
Una meticolosa pulizia è fondamentale per una efficace disinfezione o sterilizzazione
Una efficace pulizia e pre-pulizia dei dispositivi richiede spesso sostanze chimiche, affiancate da azioni meccaniche e calore.
Può essere eseguita manualmente e/o con macchine automatizzate.
La pre-pulizia manuale richiede l’utilizzo di detergenti o enzimi associati ad un’attività meccanica effettuata dall’operatore (sfregamento, spazzolatura, flussaggio) per rimuovere lo sporco dall’esterno e dall’interno dei dispositivi che vengono riprocessati.
Dopo la pulizia o la disinfezione, i dispositivi devono essere accuratamente risciacquati per rimuovere eventuali residui chimici e quindi asciugati come raccomandato dal produttore.
Tutti i dispositivi ricondizionati devono essere conservati correttamente per evitare danni o ricontaminazione.
PULIZIA, DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE: LA CLASSIFICAZIONE DI SPAULDING
Nel 1968, Spaulding classificò, in base al loro potenziale di diffusione delle infezioni, i dispositivi medici/chirurgici come critici, semicritici e non critici.
I dispositivi critici entrano normalmente nei tessuti sterili, nel sistema vascolare o nei sistemi attraverso i quali il sangue fluisce; ne sono un esempio gli strumenti chirurgici e cateteri vascolari.
Questi dispositivi devono essere pre-puliti correttamente e in modo sicuro e sterilizzati prima dell’uso.
I dispositivi semicritici entrano in contatto con le membrane mucose integre o con la cute non integra; ne sono un esempio gli endoscopi a fibre ottiche, le sonde vaginali e le apparecchiature per la respirazione assistita.
Questi elementi richiedono una corretta pre-pulizia e, almeno, una disinfezione ad alto livello prima dell’uso.
I dispositivi non critici (come i manicotti per misurare la pressione sanguigna, gli stetoscopi) che vengono a contatto con la cute integra hanno un basso rischio di diffusione delle infezioni, ad eccezione del trasferimento di patogeni alle mani del personale sanitario.
La pulizia periodica e lo strofinamento di questi dispositivi con un detersivo neutro o con una soluzione di acqua ed etanolo al 70% sono di solito sufficienti (le padelle riutilizzabili, anche se sono considerati dispositivi non critici, richiedono una più rigorosa pulizia, lavaggio, e disinfezione, specialmente quando si sospetta una contaminazione con, ad esempio, da enterococchi resistenti alla vancomicina o Clostridium difficile ).
La maggior parte delle superfici ambientali nella stanza del paziente e nelle sale d’attesa sono da considerarsi non critiche e non richiedono disinfezione ordinaria.
Tuttavia, superfici ad alta frequenza di contatto, in particolare quelle nelle immediate vicinanze del paziente, necessitano di regolare decontaminazione per evitare il trasferimento di patogeni alle mani del personale assistenziale.
Su recenti linee guida non ci sono indicazioni specifiche se, quando, come e quanto spesso tali superfici devono essere decontaminate. 9,10.
Per quanto il sistema di classificazione di Spaulding 7 rimanga valido, è necessario adattarlo alle esigenze attuali.
I prioni con la loro insolita resistenza agli agenti fisici e chimici 11 e la comparsa di infezioni correlate all’assistenza causate da spore di Clostridium difficile 10 o da Enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemici 12, stanno spingendo verso un riesame del ricondizionamento dei dispositivi medici.
I dispositivi contaminati da prioni richiedono protocolli di sterilizzazione ben oltre quelli normalmente utilizzati 11.
Alcuni disinfettanti (ad esempio aldeidi) solitamente impiegati per ricondizionare gli endoscopi gastrointestinali hanno bisogno di tempi di contatto prolungati per uccidere le spore di C. difficile.
Dispositivi sensibili al calore, quali gli endoscopi flessibili a fibre ottiche, sono utilizzati sempre di più per operazioni nelle quali l’integrità della membrana mucosa viene violata deliberatamente, oltrepassando così la linea tra dispositivo “critico” e “semi-critico”.
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IL RICONDIZIONAMENTO DEI DISPOSITIVI MEDICI: LA DISINFEZIONE
“Disinfezione” significa ridurre il numero di agenti patogeni su una superficie o oggetto inanimati utilizzando calore, sostanze chimiche o entrambi.
La maggior parte delle procedure di disinfezione ha scarsa attività contro le spore batteriche; qualsiasi riduzione del quantitativo di spore è ottenuto principalmente mediante azione meccanica e lavaggio.
PULIZIA, DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE: PASTORIZZAZIONE E BOLLITURA
I dispositivi semicritici, come quelli utilizzati per la terapia respiratoria o l’attrezzatura anestesiologica, possono essere pastorizzati mediante riscaldamento in acqua.
Tutte le loro parti devono rimanere completamente immerse per almeno 30 minuti a 65-77°C.
Nelle località situate ad una maggiore altitudine è richiesto un maggior tempo per raggiungere il punto d’ebollizione dell’acqua, dal momento che questo aumenta allontanandosi dal livello del mare. 13
L’immersione di dispositivi resistenti al calore in acqua bollente per circa 10 minuti può sostanzialmente ridurre la carica microbica dei patogeni, ma non deve mai essere considerata come una “sterilizzazione”.
La pastorizzazione e la bollitura sono quindi metodi a bassa tecnologia e esenti dall’uso di sostanze chimiche (fintanto che l’acqua è pura); una volta trattati gli oggetti devono essere maneggiati con cura per un trasporto e stoccaggio sicuri.
PULIZIA, DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE: LA DISINFEZIONE CHIMICA
I disinfettanti chimici comuni includono alcoli, cloro e composti del cloro, glutaraldeide, ortooftalaldeide, perossido di idrogeno, acido peracetico, fenoli e composti dell’ammonio quaternario (CAQ).
Tali sostanze chimiche possono essere usate da sole o in combinazione.
Devono essere utilizzati in conformità con le indicazioni fornite dal produttore e riportate sull’etichetta del prodotto, e solo sulle superfici con le quali sono compatibili.
Idealmente, i prodotti commerciali dovrebbero superare test standard a supporto di quanto dichiarato in etichetta prima di essere venduti e utilizzati nelle strutture sanitarie.
Tuttavia, i requisiti per la registrazione dei prodotti e di quanto dichiarato in etichetta variano molto da regione a regione.
I disinfettanti chimici variano ampiamente in relazione agli effetti nocivi che possono causare all’uomo e all’ambiente; devono essere utilizzati con attenzione e solo quando non sono disponibili valide alternative.
I disinfettanti sono suddivisi in tre categorie a seconda dell’attività microbicida: Disinfettanti di alto livello
I disinfettanti ad alto livello (DAL) sono attivi contro i batteri in forma vegetativa, i virus (inclusi quelli non-rivestiti), i miceti ed i micobatteri. Con tempi di contatto prolungati possono avere attività anche contro le spore batteriche.
I DAL vengono utilizzati per disinfettare dispositivi sensibili al calore e i dispositivi semicritici come ad esempio gli endoscopi flessibili a fibre ottiche.
Le aldeidi (glutaraldeide e ortoftalaldeide) e ossidanti (ad esempio, perossido di idrogeno e acido peracetico) sono DAL.
Le aldeidi non sono corrosive e sono sicure per l’utilizzo sulla maggior parte dei dispositivi.
Tuttavia, possono favorire l’adesione dei materiali organici; pertanto, è particolarmente importante rimuovere ogni microrganismo adeso, prima disinfezione.
Se non adeguatamente formulati e non correttamente utilizzati, gli ossidanti possono essere corrosivi.
Tuttavia possono avere azione più rapida, non fissativa e più sicura per l’ambiente rispetto alle aldeidi.
A seconda della temperatura, i DAL richiedono di solito dai 10 ai 45 minuti di contatto.
Dopo la disinfezione, i dispositivi richiedono un lavaggio accurato con acqua sterile o microfiltrata per rimuovere qualsiasi sostanza chimica residua; i dispositivi devono quindi essere asciugati passando una soluzione a base di alcool o soffiando aria pulita e filtrata attraverso i canali del dispositivo, prima del suo stoccaggio.
Disinfettanti di medio livello
Un disinfettante (ad esempio, etanolo) attivo contro i batteri in forma vegetativa, i micobatteri, i miceti e la maggior parte dei virus.
Anche a seguito di un’esposizione prolungata, può non essere in grado di uccidere le spore.
Disinfettanti di basso livello
I disinfettanti di basso livello (ad es. composti dell’ammonio quaternario) sono attivi contro i batteri in forma vegetativa (ad eccezione dei micobatteri), alcuni miceti e solo i virus rivestiti.
In molti casi, al posto di tali disinfettanti sarebbe sufficiente lavare con sapone non antisettico e acqua.
STERILIZZAZIONE
La sterilizzazione è qualsiasi processo che possa inattivare tutti i microrganismi che si trovano in o su un oggetto; le procedure standard di sterilizzazione possono richiedere delle variazioni per quanto riguarda l’attività sui prioni.11
Il calore è il mezzo di sterilizzazione più affidabile; la maggior parte degli strumenti chirurgici sono resistenti al calore.
Il calore umido, utilizzato in autoclave come vapore sotto pressione, uccide i microrganismi denaturando le loro proteine.
Il calore secco utilizzato in stufa uccide per ossidazione, attraverso un processo molto più lento.
Il calore secco viene utilizzato per sterilizzare materiali sensibili all’umidità (polveri anidre) o elementi che il vapore non può penetrare (oli e cere).
I dispositivi sensibili al calore richiedono una sterilizzazione a bassa temperatura; l’ossido di etilene (OE), il gas-plasma a perossido d’idrogeno, e il vapore di formaldeide, sono spesso utilizzati per questo scopo.14
I dispositivi sterilizzati devono essere conservati in un luogo pulito, privo di polvere e asciutto e l’integrità della confezione deve essere garantita.
I pacchi contenenti le forniture sterili devono essere controllati prima dell’uso per verificare l’integrità della barriera e l’assenza di umidità.
Se l’imballaggio è compromesso, i dispositivi non devono essere usati, ma puliti, confezionati e sterilizzati nuovamente.
Sterilizzazione a vapore Il vapore è il mezzo più affidabile per la sterilizzazione.
Non è tossico (quando viene generato da acqua priva di sostanze chimiche volatili), ha un’attività microbicida ad ampio spettro e una buona capacità penetrante, inoltre è economico e l’efficacia facile da controllare.15,16
La sterilizzazione richiede un contatto diretto tra l’oggetto da sterilizzare ed il vapore, ad una necessaria temperatura e pressione per un determinato tempo.
Le autoclavi sono camere progettate appositamente dove il vapore sotto pressione genera elevate temperature.
Si basano sullo stesso principio della pentola a pressione.
Ci sono due principali tipologie di sterilizzatrice a vapore:
· In autoclavi con rimozione per gravità (verso il basso), il vapore viene introdotto nella parte superiore della camera per eliminare la miscela di aria-vapore più fredda e più densa dal fondo della camera. La valvola di scarico si chiude quando tutta l’aria è stata rimossa, consentendo così alla pressione e alla temperatura di aumentare. Tali autoclavi vengono utilizzate per la sterilizzazione di liquidi e oggetti in involucri che il vapore è in grado di penetrare. La fase di sterilizzazione di solito dura circa 15 minuti a 121°C a 103,4 kilopascal (15 libbre / pollice quadrato).
· In autoclavi ad alto vuoto, dove viene prima creato il vuoto nella camera di sterilizzazione e poi viene introdotto il vapore permettendo così un ingresso più veloce ed efficiente del vapore in tutto il carico. La pressione e la temperatura aumentando rapidamente consentono tempi di processo di tre minuti a 134°C a circa 206,8 kilopascal (30 libbre / pollice quadrato).
Gli strumenti da autoclavare devono essere avvolti in materiali che consentono la penetrazione del vapore ed in grado di mantenere sterile il dispositivo trattato durante lo stoccaggio.
Si deve evitare di sovraccaricare l’autoclave per consentire il libero accesso al vapore in tutto il carico.
I pacchi devono essere contrassegnati per identificare il loro contenuto e la data di sterilizzazione così come la matricola dell’operatore e il numero del ciclo per facilitare qualsiasi richiamo e per facilitare la rotazione delle forniture.
Tutte le sterilizzatrici a vapore devono essere analizzate al momento dell’installazione e regolarmente in seguito; devono essere registrate tutte le operazioni che attestino il funzionamento e la manutenzione ordinaria. Tutto il personale deve essere accuratamente addestrato all’utilizzo dell’autoclave in sicurezza6 .
CONTROLLI NEI PROCESSI DI PULIZIA, DISINFEZIONE E STERILIZZAZIONE
Indicatori biologici e chimici sono disponibili e devono essere utilizzati per il monitoraggio di routine delle autoclavi.
Gli indicatori biologici (IB) contengono le spore del batterio Geobacillus stearothermophilus.
Le spore o i flaconi contenenti spore reperibili in commercio sono strategicamente collocati nel carico da sterilizzare.
Dopo un ciclo, gli IB vengono coltivati o valutati per la crescita e non devono evidenziare alcuna crescita per affermare che la sterilizzazione è avvenuta con successo.
Gli indicatori chimici (IC) vengono utilizzati per valutare se il tempo e la temperatura richiesti sono stati raggiunti durante il processo di sterilizzazione.
Un esempio di IC è il nastro per autoclave, che può essere affisso all’esterno del pacco; il nastro mostra un cambiamento di colore se il pacco è stato esposto al calore.
Anche se gli IC non sono adatti ad indicare se un prodotto è stato sterilizzato, possono aiutare a rilevare malfunzionamenti dell’attrezzatura ed identificare errori procedurali.
Per il processo ad alto vuoto, la penetrazione del vapore nel carico dipende dalla adeguata rimozione dell’aria.
Ciò può essere controllato in due modi:
1) Con un “test di perdita”: può essere mantenuto il vuoto o l’aria fuoriuscirà? (spesso intorno al coperchio).
2) Con la capacità del vapore di penetrare in un piccolo pacchetto di asciugamani usati nel test di “Bowie Dick”.
Se il risultato di questi controlli sono soddisfacenti, un controllo alternativo è il “rilascio parametrico”
Questo sistema si basa sulla verifica che il ciclo di sterilizzazione abbia soddisfatto tutte le specifiche per quanto riguarda la temperatura, la pressione e tempo, utilizzando strumenti calibrati in aggiunta o in sostituzione agli IB.
Poiché questo approccio è basato su dati misurabili e strumenti calibrati, i risultati tendono ad essere più affidabili e molto più rapidi dell’utilizzo dei IB.
ALTRE STERILIZZATRICI
Il vapore viene utilizzato anche in altri due tipi di sterilizzatrici.
Nel processo a vapore-formaldeide a bassa temperatura viene utilizzato vapore (50-80°C) con formaldeide allo stato gassoso per sterilizzare i dispositivi medici sensibili al calore (anche quelli con lumen ristretto).
Come al solito, i dispositivi vengono puliti e poi processati. In primo luogo, viene creato un vuoto; il vapore viene introdotto con getti successivi seguiti dalla vaporizzazione della formaldeide.
Alla fine del ciclo, la formaldeide viene eliminata e l’autoclave completamente svuotata con diversi getti di vapore e alto vuoto.
Gli indicatori chimici e biologici vengono utilizzati per controllare le prestazioni della sterilizzatrice.
Questo sistema non può essere usato con i liquidi e rimane un problema la potenziale tossicità della formaldeide.
Nel processo di sterilizzazione rapido o immediato (sterilizzazione flash), il vapore viene utilizzato per trattare dispositivi critici come quelli chirurgici contaminati accidentalmente durante un’operazione o quando non sono disponibili altri mezzi di sterilizzazione.
Non dovrebbe mai essere utilizzato per i dispositivi impiantabili o per compensare la carenza di dispositivi essenziali.
Nella sterilizzazione rapida di oggetti porosi o non porosi non è possibile utilizzare un autoclave con rimozione del vapore per gravità ne ad alto vuoto senza confezionamento o utilizzando un unico involucro.
Non è possibile aspettare la lettura degli IB utilizzati a causa della rapidità con cui vengono riprocessati i dispositivi.
A meno che non siano usati i contenitori adatti, esiste un elevato rischio di ricontaminazione degli articoli trattati e anche di ustioni a carico del personale durante il trasporto fino al punto di utilizzo.
MICROONDE
L’esposizione di oggetti contenenti acqua alle microonde crea calore a causa della frizione generata dalla rapida rotazione delle molecole d’acqua.
Finora questo processo è stato utilizzato solo per disinfettare lenti a contatto morbide e cauterizzazione dei cateteri urinari.
Tuttavia, piccoli volumi di acqua potrebbero essere resi sicuri per scopo alimentare con esposizione alle microonde in un contenitore di vetro o di plastica.
Analogamente, piccoli oggetti in vetro o plastica possono essere immersi in acqua e “disinfettati” in un forno a microonde.
STERILIZZAZIONE A SECCO-CALORE
I forni ad aria calda vengono utilizzati per la sterilizzazione a calore a secco.
Possono raggiungere temperature elevate e dovrebbero essere dotati di un ventilatore per una distribuzione uniforme del calore.
Il pre-riscaldamento è essenzialmente prima di partire con il ciclo di sterilizzazione.
I forni ad aria calda sono più semplici nella progettazione e sono più sicuri da utilizzare rispetto alle autoclavi e sono adatti per la sterilizzazione di oggetti in vetro, oggetti metallici, polveri e materiali anidri (olio e grasso).
La sterilizzazione richiede due ore a 160°C, oppure un’ora a 180°C.
Non devono essere trattati pezzi di gomma, carta e panno così da evitare il rischio di incendio.
OSSIDO DI ETILENE
L’ossido di etilene (OE) viene utilizzato per sterilizzare oggetti che sono sensibili al calore, alla pressione o all’umidità.
L’OE è un gas incolore, infiammabile, esplosivo e tossico per l’umano.
L’OE è disponibile in miscela gassosa con idroclorofluorocarburi (IFCC) oppure esiste la miscela di OE 8,5% e anidride carbonica 91,5%; quest’ultima è meno costosa.
La concentrazione di OE, la temperatura, l’umidità relativa e l’esposizione devono essere mantenuti al giusto livello durante il processo per garantire la sterilizzazione.
La concentrazione del gas dovrebbe essere compresa tra 450 e 1200 mg/L, la temperatura da 37° a 63°C, l’umidità relativa dal 40% all’80% e l’esposizione tra 1 e 6 ore.
Il rilascio dei valori parametrici non è possibile dal momento che la concentrazione del gas e dell’umidità relativa non possono essere facilmente misurati; l’IB deve essere incluso in ogni carico.
L’IB consigliato è Bacillus atrophaeus; i carichi dovrebbero essere mantenuti in quarantena fintanto che l’incubazione del IB non è completata.
I principali svantaggi della sterilizzazione con OE sono le lunghe tempistiche del ciclo e il costo levato.
Gli oggetti sterilizzati devono essere aerati bene dopo il processo per rimuovere tutti i residui di OE per la sicurezza del paziente.
IL GAS PLASMA A PEROSSIDO DI IDROGENO
I gas plasma sono generati in una camera chiusa sotto vuoto spinto utilizzando radio-frequenze o l’energia delle microonde per eccitare le molecole di gas di perossido di idrogeno e produrre particelle cariche, molte delle quali sono radicali liberi altamente reattivi.
Il gas plasma può essere utilizzato per sterilizzare oggetti sensibili al calore e all’umidità, come alcune plastiche, dispositivi elettrici/elettronici e leghe metalliche sensibili alla corrosione.
Le spore di G. stearothermophilus sono usate come IB.
Questo è un processo sicuro e, poiché non è necessaria alcuna aerazione, gli articoli sterilizzati sono disponibili per un uso immediato o pronti per essere immagazzinati.
Tuttavia, non è adatto per dispositivi con canali a fondo cieco, polveri o liquidi.
Altri svantaggi includono il costo elevato e la necessità di un materiale speciale di imballaggio poiché la carta o la biancheria non possono essere utilizzati.
Inoltre, qualsiasi residuo liquido o organico presente interferisce con il processo.
FUMIGAZIONE
Recentemente è aumentato l’interesse nell’uso dei fumiganti nell’ambiente per contrastare patogeni di interesse sanitario, come ad esempio S. aureus resistente alla meticillina e C. difficile.
Sono disponibili diversi dispositivi che variano per il costo, il processo utilizzato e il tipo di test sul campo a cui sono stati sottoposti.
Una procedura comune è quella di vaporizzare una soluzione di perossido di idrogeno in una stanza sigillata, ad esempio una stanza di degenza, per la decontaminazione delle superfici.
Non è necessaria alcuna aerazione post-trattamento perché il perossido di idrogeno si degrada facilmente in ossigeno e acqua.
Strisce di spore (IB) sono posizionate in posizione strategica in tutta la stanza e recuperate in seguito per monitorare l’efficacia del processo.
Gli svantaggi comprendono l’incompatibilità con materiali cellulosici e la potenziale corrosione dei dispositivi elettronici.
Il biossido di cloro generato in loco può essere rilasciato come gas per la decontaminazione della stanza.
Le stanze non solo devono essere sigillate ma anche oscurate per evitare che la luce solare acceleri la degradazione del gas.
Come il perossido di idrogeno, il biossido di cloro si degrada naturalmente in sottoprodotti innocui.
L’ozono può decontaminare le superfici in spazi chiusi; è altamente instabile e potenzialmente dannoso per una varietà di materiali normalmente presenti nelle strutture sanitarie.
Tuttavia, è disponibile in commercio uno sterilizzatore di dispositivi medici a base di ozono.
Il gas è generato dall’ossigeno e alla fine del ciclo lo converte in ossigeno e acqua per catalisi.
Per questo strumento viene dichiarata un’ampia compatibilità con i materiali e la capacità di gestire dispositivi a canale sottile.
RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE
I recenti progressi nella tecnologia della luce ultravioletta (UV) rendono il potenziale microbicida delle radiazioni UV a corto raggio utile per una varietà di usi.
Le lampade UV sono ampiamente utilizzate per la disinfezione di acqua e acque reflue.
Dispositivi a base di UV sono commercializzati per la disinfezione dell’aria negli ospedali e nelle cliniche per ridurre la diffusione di patogeni aero-diffusi.
Questi dispositivi sono commercializzati anche per la disinfezione delle superfici ambientali ospedaliere.
La radiazione UV non aggiunge alcuna sostanza chimica all’acqua e all’aria trattate, ad eccezione della generazione di bassi livelli di ozono.
Tuttavia, non può penetrare attraverso lo sporco e gli oggetti richiedono l’esposizione diretta alla radiazione.
Tali lampade necessitano di una normale pulizia e di una sostituzione periodica; possono emettere luce visibile anche dopo che la radiazione UV è diminuita.
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