Ambulanze : Dal passato buone idee per il futuro
Come sarà fatta una ambulanza nel prossimo futuro?
La prima volta che le ambulanze europee sono state uniformate da una normativa comune è stato il 15 settembre 2000. Da allora sono passati quasi vent’anni e le ambulanze sono andate tutte verso una strada unica di trasformazione e maggiore sicurezza. Ma cosa ci vorrà, domani, in futuro, a bordo dell’ambulanza per poterla definire uno strumento avanzato di soccorso?
Tutto era nato nel 1998, quando vennero approvate dal Comitato Europeo di Normazione gli standard EN1789 per trasformare un furgone in uno strumento sanitario prezioso per operazioni in emergenza/urgenza.
Quella scelta – che ha vincolato lo sviluppo dei carrozzieri alle idee delle case produttrici – ha portato, negli anni, diversi problemi per la gestione dei soccorsi e dei pazienti. Problemi essenzialmente di spazio, che sono stati affrontati con ingegno da allestitori, soccorritori, infermieri, medici e volontari nei modi più disparati. Soprattutto però i problemi sono stati risolti da innovazioni tecnologiche garantite da produttori di strumenti medicali che hanno realizzato soluzioni sempre più semplici e sempre più compatte.Sedili retrattili, monitor ECG compatti, barelle leggere e più semplici, piani di supporto ammortizzati geniali e sagomati.
Quale soluzione per aumentare lo spazio in ambulanza?
Tutti gli sforzi dei produttori di ambulanze non sono ancora riusciti a risolvere completamente il problema basilare: operare attorno al paziente ambo lati, quando necessario, ed evitare disordine, infortuni stupidi e avere sempre una buona visuale del paziente. Come sanno tutti quelli che almeno una volta hanno operato nel vano sanitario, il confine fra un buon soccorso e un cattivo soccorso è fatto anche di gomitate, piedi incastrati, appoggi volanti, scivolate per il pavimento sdrucciolevole (lì si vanno a perdere i liquidi del paziente) e poche, pochissime cinture di sicurezza allacciate.
Dove trovare in ambulanza comodità, spazio e sicurezza?
Come si può fare quindi per avere un’ambulanza comoda per il paziente, ergonomica e spaziosa per il soccorritore, e magari anche configurabile durante l’operazione di soccorso in base alle necessità sanitarie? Alcune idee vengono dal passato e – nonostante le normative – guidano ancora i produttori nella loro costante ricerca verso la creazione di spazi innovativi. Questo è un modo per riscoprire la storia delle ambulanze.
Spazio 1984: il caricamento anteriore del paziente
Correva l’anno 1984 quando un medico italiano cercò di progettare l’ambulanza giusta, accessibile sia da portellone posteriore che anteriore, con possibilità di caricare il paziente allineato in due sensi di marcia e con spazio sufficiente per far girare attorno alla barella un medico e un infermiere.
Come sappiamo bene lo scopo dell’ambulanza è preciso: trasportare velocemente un ferito o un malato dal luogo in cui si trova all’ospedale più vicino o più indicato per le sue condizioni. Questa funzione è svolta al meglio dai mezzi in circolazione. Ma non è davvero possibile fare qualcosa in più? La metodica “Scoop&Run” non può concedere nulla al metodo “Stay&Play”? Queste erano le domande basilari che si pose il medico. E le risposte sono tutte in un disegno.
In mezzo all’ambulanza il paziente, ma al centro del soccorso il sanitario
Enrico Bossi, medico lombardo che negli anni 80 operava a Milano nel servizio di traumatologia d’urgenza del Policlinico di Milano, disegnò un’ambulanza innovativa con l’architetto milanese Rosangela Natale. Un mezzo speciale, unico nel suo genere. Un’ambulanza con vano di carico lungo che poteva essere concepito come un centro mobile di soccorso compatto. “Il malato o il traumatizzato è la figura centrale, per cui il mezzo, come un vestito, deve essere costruito su misura e non adattato da un veicolo di serie, per evitare che – per esempio – l’assale posteriore non cada sotto il corpo del trasportato, oppure che le sospensioni, studiate per carichi notevoli, non siano troppo rigide a cabina vuota”. Accorgimenti che oggi sono diventati importanti in ogni progettazione, e che possono dare spunti nuovi per sviluppare idee ancora più innovative.
Nei progetti di oggi lo spazio per mezzi futuristici non c’è, e la normativa “imprigiona” lo sviluppo di nuove soluzioni all’interno di mezzi non pensati – originariamente – per il trasporto dei feriti ma per il trasporto delle merci. La normativa EN 1789 infatti nel suo regolamento porta le ambulanze ad avere le forme standard di un mezzo commerciale cabinato o furgonato. Quindi è forzatamente all’interno di questi vani che il progettista deve lavorare per migliorare la presenza di spazi e mobilità.
E’ chiaro che la normativa cerca in qualche modo di mettere una pezza al fatto che questi mezzi siano pensati per trasportare bancali, non persone. Ma solo i carrozzieri, con l’aiuto dei produttori di dispositivi medicali, riescono a trovare soluzioni interessanti e innovative. Ogni volta che si pensa un’ambulanza infatti bisogna tenere conto che un pezzo della barella coincide sempre con uno degli assali del mezzo, che lo spazio per i piedi e per le gambe dell’operatore sanitario non è sufficiente per farlo restare seduto comodamente, che i sedili dovrebbero essere mobili e che si dovrebbe poter girare attorno al paziente senza andare a cavalcioni sulla barella. Ma soprattutto quello che bisogna tenere a mente è solo questo: se è vero che in mezzo all’ambulanza c’è il paziente, è fondamentale che al centro del progetto ci sia il sanitario! Quindi tutti gli strumenti dovrebbero trovarsi a portata di mano senza costringere l’operatore a slacciarsi la cintura di sicurezza per prenderli, e gli spazi dovrebbero essere abbastanza per operare in sinergia, senza ostacolarsi.
Strade diverse: l’innovazione passa dalle intuizioni
A questo punto l’idea con cui guardare il vano ambulanza dovrebbe cambiare, come indicava Bossi. Solo così “l’ambulanza perderebbe l’attuale aspetto limitato di mezzo di trasporto e diventerebbe il primo ambiente di cura: il paziente fin dall’atto del prelievo usufruirebbe di quella assistenza e di quel primo screening diagnostico che gli consentirebbero di raggiungere l’ospedale nelle migliori condizioni e quindi, oltre alla scelta dell’ospedale più consono, si annullerebbero i tempi di ricerca del posto letto e l’intervallo, spesso penosamente lungo, fra l’incidente e la fase terapeutica”. Parole di un medico che trent’anni dopo suonano ancora innovative, e dovrebbero far pensare su quale potrebbe essere lo sviluppo futuro delle nuove generazioni di ambulanze.