Un tuffo nella storia: sulle tracce dell'ambulanza Fiat 1800, 2100 e 2300
L’unicorno delle ambulanze classiche: il percorso dell’ ambulanza Fiat 1800, 2100 e 2300.
Un amore appassionato e senza tempo quello per le automobili, specialmente per gli amanti del soccorso! Non c’è soccorritore che non ami fare un salto nel passato per scoprire la storia della propria ambulanza! Com’è nata? Da chi è stata allestita? Quali sono stati i suoi cambiamenti e le sue evoluzioni negli anni? Quali erano gli equipaggiamenti?
E’ il 1959 e la Fiat manda in pensione le ormai obsolete 1400 e 1900 berline alto di gamma della casa. Macchine importanti, tra l’altro, per essere state le prime con scocca autoportante della marca torinese. Girava voce che la linea – risalente a 9 anni prima – stava subendo l’influenza americana.
Se così fosse, possiamo dire allora che le loro eredi 1800 e 2100 – presentate nel Marzo del 1959 al Salone di Ginevra – ne furono ancora più influenzate! Non per nulla, a fine decennio, in Italia si comincia ad annusare qualcosa di diverso nell’aria. Qualcosa che sarà considerato il boom economico.
L’imprinting USA è nella forma: con una carrozzeria più grande, spigolosa, ricca di cromature e con le pinne che spopolavano oltreoceano e delle quali, in Europa, la nostra macchina fu senz’altro un esempio di raro equilibrio, perché lontano dagli eccessi tipici dei designer americani.
Ma troviamo la stessa ispirazione, anche e soprattutto, nella meccanica.
Sotto il cofano si trova un motore a sei cilindri, opzione adeguata all’immagine del veicolo, declinato sia nella cilindrata di 1800, che in quella di ben 2100. Quasi inverosimile in quell’anno per una nazione che viaggiava in 600 ed aspirava alla Fiat 1100 come massimo sogno della classe medio-alta!
Questo frazionamento garantisce una fluidità di marcia notevole, cosa non trascurabile per un’ambulanza.
Le dimensioni abbondanti sono state una gradita aggiunta e invitano ben presto i carrozzieri alla trasformazione, aiutati anche dalla presenza a listino della versione giardinetta, uscita poco tempo dopo la berlina. Anche sem la versione giardinetta ha visto interventi piuttosto minimi per la realizzazione di un’ambulanza.
Come base, venne sfruttata qualche volta anche la versione Speciale, più lunga di 8 cm rispetto alla versione di serie, e disponibile fin dal ‘59 su 2100. Dal 1961 al 1963 era disponibile anche come 1800B e 2300. In quell’anno infatti i due modelli originali rilevati furono la 1800 dalla 1800B (motore potenziato e freni a disco anteriori, ma stessa carrozzeria della 1800) e la 2100 dalla 2300 – con frontale a 4 fari, motore di cubatura maggiore,che dà il nome al modello – ed altre migliorie.
Immediato il successo – nel nostro settore – anche di queste novità che beneficiavano di miglioramenti che le rendevano ancora più appetibili:
velocità, comfort, ampiezza e sicurezza. Cosa pretendere di più?
Ovviamente, la parte del leone la fecero quei carrozzieri che rappresentavano, da soli, la maggioranza del mercato: vedi Fissore o Grazia, su tutti, ma anche Boneschi e, in un secondo tempo, Mantelli.
Fissore per esempio realizzò molte ambulanze sul telaio simil Speciale, sia 2100 che 2300, mantenendo la carreggiata della berlina, costruendo ex novo la carrozzeria, più larga di quella di partenza come si può bene vedere da tutte le foto, dove si notano le ruote restare all’interno della linea dei parafanghi .
Foto 05-06: di nuovo Fissore, qui abbiamo una 2300 fotografata a fine carriera (nel 1987, anche se fermata da almeno un paio di anni) nel piazzale della Misericordia di Seravezza; la foto con il portellone aperto mostra il capace vano barella e l’ ampia luce di carico; sotto il portellone, nel vano sul cui coperchio era applicata la targa, si trovavano la ruota di scorta e gli attrezzi – foto Alberto di Grazia
Foto 07-11: altra 2300 Speciale ripresa a carriera ormai abbondantemente terminata. Era della CRI di Ponte a Egola (PI) e probabilmente è ancora esistente a Roma. Questo esemplare monta le tendine ai vetri laterali e al divisorio, particolare meno comune rispetto ai tradizionali vetri smerigliati. Si nota il piano barella sotto il quale è ricavato un vano generalmente alloggio di pappagallo/padella ed il divisorio imbottito per minimizzare gli effetti di eventuali urti – foto ADG
Accanto alla versione più comune, che è quella con barella centrale e posti per accompagnatori ai lati, Fissore commercializzava anche un modello con interni più curati, in cui la barella era addossata al fianco sinistro. Questo era integralmente occupato da un armadietto portamedicinali al cui termine si trovavano le bombole dell’impianto di ossigenoterapia (optional), mentre per l’accompagnatore era previsto un solo sedile – sulla destra – dietro il quale si trovava una panchetta per un secondo passeggero. In virtù della diversa disposizione interna, questa ambulanza non aveva la porta posteriore sinistra, e questo la distingueva immediatamente dalle altre prodotte da Fissore.
Foto 12-13: Fiat 2300 Speciale, disegno n. 2342, con interni assai diversi e maggiormente rifiniti rispetto a quelli mostrati nelle altre immagini; la posizione del volante, piuttosto decentrata rispetto al montante anteriore sinistro, rende bene l’idea di quanto la macchina di Fissore fosse più larga delle familiari di serie – foto Fissore
Foto 14-15: Humanitas di Scandicci, Fiat 2300 speciale Fissore con i fari della versione fuoriserie ma la mascherina che conserva, ampliato, il disegno di quella di serie; per quel che mi risulta, è l’unico esempio di allestimento con questo muso – foto dal libro “Humanitas 1897-1997” e dalla pagina Flickr della stessa associazione
Per parte sua, Grazia allestiva le proprie ambulanze sia sulla familiare di serie che sulla berlina Speciale, che nel depliant da cui sono tratte le foto 18 e 19 veniva chiamata Ministeriale.
Foto 18-19: Fiat 2300 Speciale; Grazia realizza tutta la parte posteriore che, nel terzo finestrino, prevede l’applicazione di un deflettore identico a quello delle portiere. Il tetto è appena rialzato rispetto alla berlina, e la larghezza rimane quella della Speciale da cui deriva; la barella è centrale con due poltroncine ai lati ed impianto ossigeno sul divisorio –foto da depliant Grazia
Un altro allestitore che si espresse su questa macchina con eccellenti risultati fu Boneschi, con uno studio in collaborazione con la tedesca Carr. Miesen. Fu promossa nella brochure pubblicitaria come “l’ambulanza per il mercato comune europeo”, col senno di poi non si può dire sia stato davvero così (e del resto anche il Mercato Comune europeo non era particolarmente sviluppato…), ma la macchina resta un bell’esempio di collaborazione tra realtà diverse di Paesi diversi.
Foto 20-24: foto da depliant che mostra le diverse viste fondamentali del mezzo. La derivazione dalla familiare è messa in risalto, in particolare, dal mantenimento del portellone posteriore in due sezioni, che è quello appunto di serie, come tutto il resto della carrozzeria. Ad eccezione del tetto. Questo è riportato leggermente rialzato e presenta una nervatura di rinforzo perimetrale. All’interno, la barella è accolta sul lato sinistro. A fianco della stessa vi è un pozzetto per materiali di consumo. Esiste una sola seduta per il passeggero, al lato della parte anteriore della barella.
Foto 25-27: Questa macchina, di proprietà della Croce Verde di Padova, da nuova e recuperata parecchi anni dopo la radiazione fa parte dell’autoparco storico della stessa associazione, che prese il nome del suo ideatore, Francesco Agugliaro, dopo la sua prematura scomparsa. La macchina presenta ancora gli accessori dell’epoca ( solo il lampeggiatore è più moderno), tra cui le tendine ai finestrini e il piatto barella scorrevole che ne facilitava il caricamento –foto Alberto Di Grazia
Fra i “minori” (solo per numero di pezzi, non per capacità od altro) Mantelli fu un altro carrozziere che all’epoca produsse parecchie ambulanze: molte avevano disegni estremamente diversi dalle versioni da cui derivavano; valga per tutte una Fiat 2300, realizzata per la Croce Verde di Pietrasanta che si distingueva per una linea del tutto fuoriserie , molto squadrata e difficilmente riconoscibile anche come 2300.
Tra le particolarità, la presenza del gruppo fari anteriori della Fiat 1500/c. Ora, in genere le modifiche tendevano a far somigliare modelli di rango inferiore a quelli superiori, mentre qui è esattamente il contrario. Forse il motivo stava nel fatto che le diverse dimensioni non rischiavano di creare confusione, ma resta comunque una stranezza nel panorama automobilistico.
Foto 28-29: l’interno di questa Mantelli è abbastanza classico, barella centrale e due posti ai lati per gli accompagnatori. Come in Fissore viene creato lo sportello per la ruota di scorta e gli attrezzi (cric, chiavi, cacciaviti); le bombole dell’ossigeno sono addossate alla paratia divisoria, centralmente, al riparo da possibili urti –foto Archivio Storico Croce Verde Pietrasanta
Fin qui abbiamo visto soltanto i maggiori carrozzieri italiani: ma devono essere citati anche una pletora di allestitori locali, o carrozzieri che hanno realizzato un esemplare soltanto, quando non addirittura costruzioni in casa da parte di associazioni magari dotate di amici riparatori: questo ha consentito di realizzare, magari su veicoli usati, ambulanze che sono decisamente polivalenti, tenuto conto sempre del periodo e del prevalente concetto di soccorso consistente, in genere, nel trasporto veloce all’ospedale di prossimità: siamo ancora agli albori della nascita di un sistema di emergenza come quello che intendiamo oggi e, contestualizzando ai tempi, questa macchina era davvero l’ideale.
Foto 30-34: fra i carrozzieri locali, Larini di Viareggio ha realizzato quattro esemplari, tutti per la Croce Verde di Viareggio, sia su 1800B come quella in foto, che su Fiat 2300. Questa, a lungo nel Club Ambulanze d’epoca della Misericordia di Montemurlo (PO), e prossimamente esposta nel nuovo Museo Internazionale del Soccorso in via di costituzione, fu costruito su una familiare usata e trasformata in ambulanza nel 1971. Al termine della vita operativa finì all’Aeroporto del Cinquale (MS) dove fu ritrovata dall’autore e recuperata dal Museo di Montemurlo, restaurata con qualche licenza – scritte corrette nei contenuti ma da rifare in quanto non dipinte a mano sulla carrozzeria – ma in generale completa di accessori dell’epoca come il lampeggiante e la sirena marca Sonora che campeggia al centro del paraurti anteriore, o il brandeggiabile di ricerca sul tetto. Notare la semplicità del vano lettiga. – foto Alberto Di Grazia
Foto 35-38: riproduzione della prima ambulanza in uso ai Volontari del Soccorso S. Anna di Rapallo (GE); l’originale GE 397155 era, come questa, una familiare usata donata da Gianni Moltedo, uno dei fondatori dell’Associazione, trasformata in ambulanza nel 1969 ad opera di un carrozziere sconosciuto e rimasta in servizio fino al 1978; come unico strumento medicale era dotata di ossigenoterapia– foto Alberto Di Grazia
Foto 39: un’altra 1800B trasformata da familiare, primo proprietario la Misericordia di Torre del Lago e passata poi alla Misericordia di Acireale: anche questa una realizzazione estemporanea di un carrozziere locale se non direttamente dei volontari della associazione versiliese –foto dal sito internet della Misericordia di Acireale
Foto 40-41: di nuovo Misericordia di Torre del Lago, una realizzazione sicuramente artigianale. Si tratta della prima ambulanza della Misericordia della frazione viareggina, costruita dai volontari direttamente con l’aiuto di un non meglio precisato carrozziere che tuttavia, stante la presenza del brandeggiante sul tetto e della sirena a centro paraurti, oltre che dell’interno relativamente ricercato, non è da escludere si trattasse del già citato Larini; è singolare la mancanza del divisorio – foto Misericordia Torre del Lago
Foto 42-43: altre due Larini, la seconda un altro 1800b, per la sezione del Lido della Croce Verde di Viareggio. Stessa destinazione anche per il 2300 che ha una storia particolare. Si trattava infatti di una macchina usata per il trasporto di merce di contrabbando, sequestrata dalla Finanza a seguito di un controllo ed acquistata poi dalla Croce Verde per trasformarla in ambulanza. Aveva le sospensioni posteriori rialzate in modo che quando era carica di merce nel doppiofondo ricavato nel bagagliaio – e quindi si abbassava per il peso – restava allineata al terreno come se fosse stata vuota e poteva sfuggire ad una verifica solo visiva da parte degli agenti. Questa peculiarità tornava comoda anche come ambulanza, quando dietro trovavano posto oltre al ferito anche i due infermieri e grazie alle sospensioni modificate non acquisiva l’assetto cabrato tipico delle familiari dell’epoca a pieno carico – foto Croce Verde Lido
Sono sicuro che esempi come questi, in giro per l’Italia, ce ne siano stati decine e decine, rimasti purtroppo sconosciuti. Specialmente su mezzi usati infatti, le trasformazioni di questo genere – artigianali o quasi – permettevano di avere una base di qualità certamente superiore con prezzi concorrenziali, e di avere sottomano una macchina capace di affrontare ogni tipo di servizio dalla dimissione al trasferimento fino alle urgenze.
Tanto, con queste, il “carica e vai” lo facevi alla grande!