Prima della guida: cosa significa il termine sicurezza stradale per un autista di ambulanza?
Contributo di: Giovanni Moresi - Cidas Piacenza
Di sicurezza stradale e di prevenzione se ne parla in abbondanza, è l’applicazione e il riscontro nella realtà dove pecchiamo. La sicurezza non va in vacanza, la sicurezza non è un optional. Non possiamo permetterci di scegliere, di lasciarla all’arbitrio e alla decisione del singolo. La sicurezza coinvolge tutti noi contemporaneamente. È sinonimo di rispetto reciproco, di tenere alla vita di ognuno di noi.
Il tutto dovrebbe partire dagli enti preposti, perché di campagne sulla prevenzione ne sono state fatte. E i risultati si vedono. Così come l’efficienza dei mezzi che circolano è drasticamente aumentata, tanto da vedere usciti quasi indenni tanti automobilisti da mezzi esternamente da demolire, ma in cui internamente tutto il sistema ha funzionato perfettamente per quello per cui era stato progettato. Si perché la sicurezza non è sgargiante come una fila di luci natalizie, la sicurezza si mostra solo nel momento del disastro. Per il resto è latente, è nascosta. Sembra che non esista, ma tutto il nostro mondo circolante ha tutti i mezzi per mettere in sicurezza tutte le nostre vite. Oltre a questo rimangono solo due grosse libertà: quella di usare tutte le precauzioni che ci forniscono, e il nostro buonsenso. Conosciamo bene la differenza tra tutti i meccanismi di sicurezza attiva e passiva, ma spesso siamo proprio noi a fare la differenza.
Sappiamo tutti bene che le nostre strade non sono propriamente lisce e sicure come quelle svizzere, anche se in alcune cose siamo veramente bravi. Il nostro asfalto drenante in autostrada è veramente imbattibile ( gli svizzeri non ce l’hanno !!! ). E noi partiamo da questo dato di fatto. Le strade sono spesso contro di noi. La prevenzione non gioca sul fatto di aggiustare il manto stradale, ma di avvertire i cortesi automobilisti col segnale BUCHE. Quindi partiamo già svantaggiati in partenza. Ma ognuno di noi deve svolgere il proprio lavoro, ognuno di noi ha il proprio pezzo. E qui dobbiamo imparare a lavorare in modo professionale, sia per i volontari sia per i professionisti, anche se per forza maggiore i risultati saranno diversi per una serie di fattori quali la confidenza col mezzo, l’elevato numero di ore di servizio, ecc…
Non è mia intenzione soffermarmi sul rispetto del codice stradale e della nostra bibbia all’interno dell’articolo 177 del c.d.s. di cui il collega Stefano B. ormai credo abbia scritto fino allo sfinimento. Quello riguarda tutto il mondo che ci attende davanti, sulla strada. Spesso perdiamo attenzione sul mondo che invece abbiamo dietro, che trasportiamo, che è la vera bomba a mano di tutta la situazione. Un’ambulanza allestita durante un servizio in emergenza implica una serie importante di potenziali pericoli, per ognuno dei quali dobbiamo cercare di porre tutta la nostra attenzione e tutta la nostra professionalità.
Forse dobbiamo partire dalle cose scontate, e credo che tutti i consigli tra colleghi ci portino a una crescita professionale importante, partendo da una presa di coscienza di problemi di cui magari non conoscevamo neanche l’esistenza. Il nostro vano sanitario è un mondo pieno, un luogo ad alta intensità di materiali e di pericoli. L’ossigeno per esempio, un nostro grande alleato, ma anche un grosso rischio in caso di impatto. Non togliamo mai nessuna protezione a questo, come cestelli gialli e manici, sono una protezione importante per la valvola in caso di impatto. Ovviamente sono ingombranti e fastidiosi, come un para-schiena per un motociclista. Così come tutta la disposizione del materiale, nulla di libero e svolazzante, tutto ben vincolato e cinghiato. Le barelle ormai hanno tutte il gancio resistente fino a 10G, ma se non mettiamo tutte le cinture di sicurezza al paziente, che valore ha?? Le cinghie toraciche sono sicuramente un disturbo per gli operatori, che perdono qualche secondo per l’innesto, ma sono di una fondamentale importanza in caso di brusca frenata, soprattutto in caso di paziente immobilizzato su tavola spinale, e quindi con lo schienale completamente abbattuto. Non tralasciamo nulla, le piccolezze al momento giusto fanno la differenza. Non sono 10 secondi a cambiare la rapidità dell’intervento, ma quei 10 secondi possono fare la differenza nell’esito e nella qualità. Mai dare per scontato nulla, non sottovalutiamo le cose per rapidità dell’intervento o per vicinanza all’ospedale di destinazione.
A costo di sembrare pignoli, facciamo allacciare le cinture a tutto l’equipaggio, sia in uscita sia in rientro. In caso di viaggio in sirena il codice della strada ci esonera dall’utilizzo delle cinture, ma un viaggio così rischioso secondo voi, non merita doppiamente l’uso di queste? Sicurezza nostra prima di tutto. Abbiamo airbag posti davanti a noi, e in caso di impatto, questi si attivano non interessandosi minimamente del fatto che noi siamo esonerati dall’uso della cintura di sicurezza. Non passiamo dall’altra parte della staccionata per queste banalità. Siamo soccorritori, facciamo prevenzione? Mostriamo a tutti che siamo i primi a metterci le cinture, che siamo i primi a seguire le regole, diamo l’esempio. A tutti.
Durante il rientro col paziente a bordo nasce una certa complicità dettata dalla fiducia col personale sanitario, una certa tolleranza reciproca sapendo a memoria i problemi di uno e dell’altro. Non siamo troppo permissivi tuttavia, ricordiamoci sempre che qualsiasi persona non vincolata diventa un oggetto proiettato nella direzione dell’impatto, ed essendo il vano sanitario di una certa dimensione, il personale si trasforma in una pallina da flipper impazzita affidata al destino. Tutto questo va evitato. Il personale va tutelato per una serie di ragioni assicurative, legali, ma soprattutto perché questo è un mestiere particolare e rischioso, corriamo sui pericoli, e quindi evitiamo di crearcene da soli. Tuteliamoci sempre. Cerchiamo di far vincolare il personale nel vano sanitario, e col nostro occhio sul retrovisore continuiamo a sorvegliare i movimenti e l’evoluzione delle condizioni del paziente. Un occhio sulla strada che sorveglia tutti i pericoli, tutte le reazioni diverse degli automobilisti, tutti i cambiamenti; e un occhio dietro, al collega, ai suoi movimenti e alle sue intenzioni. Sappiamo tutti che in questo mestiere non esiste solo il bianco e il nero, ma lavoriamo sempre sulle tonalità di grigio, su permissioni reciproche entro certi limiti. Io do un certo margine al collega, così come lo rende a me alla prima occasione. Questo comporta avere anche una certa visione d’insieme delle cose e di prevedibilità degli accadimenti, che porta a ridurre il numero di manovre effettuate durante il trasporto. Si fa tutto da fermi, si “impacchetta” e si prepara tutto quello che potrà essere utilizzato. Se una flebo sta finendo, ne preparo una già da fermi in modo da non dover iniziare a recuperare tutti i vari componenti per i cassetti e sacche del vano. Prevediamo, prepariamo, tolleriamo. Ma non troppo.
Vogliamo parlare della sicurezza durante il traporto dei neonati o bambini piccoli ? No oggi no, non ho voglia di rovinarmi la giornata. Quella è tutta un’altra storia.