La mia testimonianza diretta. Ecco perché devo dire grazie a chi salva una vita
“Ci sono momenti indescrivibili nella vita di chi tutto il giorno è su un’ambulanza, fatti di emozioni e confronti tra colleghi. Oggi è toccato a me vivere una forte emozione. Ho chiamato l’ambulanza perchè il mio adorato e anziano papà non stava molto bene, era agitato. Tranquillamente ho descritto la situazione all’operatore telefonico, e dopo meno di una decina di minuti son arrivati due colleghi di Ferrara Soccorso. L’infermiere fa una valutazione e subito decide per il trasporto in ospedale. Vengono valutati i parametri, anamnesi patologica remota e tutto è nella norma, a parte questa agitazione. Ancor prima di salire a bordo dell’ambulanza accade ciò che nessuno di noi si sarebbe aspettato: arresto cardiaco. In un paziente di 83 anni, che già da anni soffre di cuore, con un ritmo non defibrillabile le possibilità di salvezza son poche. Io per primo non pensavo fosse possibile. Invece Mirko e Paolo ci hanno creduto, per primi. E’ un’emozione fortissima salire su un’ambulanza che non è quella “di tutti i giorni” e aiutare in una RCP un equipaggio che sta facendo di tutto per salvare la persona che ti ha cresciuto, che ti ha visto diventare uomo. Negli stessi istanti, dopo avere fatto salire a bordo dell’ambulanza l’equipaggio dell’automedica giunto sul posto, la mente corre pochi metri più in la, dove lo sguardo di mia mamma attende notizie. Scendo , la abbraccio, so che devo stare vicino a lei, perché a mio papà c’è già chi ci pensa. I colleghi mi chiamano: il cuore del mio adorato papà è ripartito. Si parte, l’ospedale dista pochi chilometri. E si giunge a destinazione nel tempo dovuto. In quel momento penso a cosa sia giusto fare, in un misto di emozioni che non sono descrivibili nemmeno ora, mentre scrivo questa lettera a distanza di qualche ora. Collaboro, fornendo alla meravigliosa equipe del pronto soccorso di Cona maggiori informazioni possibili sullo stato di salute di mio padre. Il cuore continua a battere, se lo chiamo mi risponde ancora, apre gli occhi, il respiro è spontaneo. E son sincero: ancora non ci credo.
E voglio dire grazie a tutti, partendo dall’operatore radio della centrale 118 di Bologna, al quale son legato da una amicizia ormai trentennale, perchè non solo si è limitato a coordinare l’invio dei mezzi sul posto, ma appena ha avuto un momento mi ha contattato per sapere le condizioni di mio padre: un valore aggiunto che è naturale a chi ama a distanza di anni il proprio lavoro, ma crede anche nel valore della vera amicizia”.
Stefano Balboni