Perché c'è un calo dei consensi nei sindacati sanitari?
La domanda è semplice, lo spunto da una lettera giunta in redazione: è possibile che un sindacato sia esperto di tutte le categorie e le attività che vengono svolte nello sfaccettato mondo del 118? Perché allora i momenti di incontro fra i dipendenti ed i sindacalisti sanitari sono così ridotti? Perché in altri settori - come quello dei Vigili del Fuoco - la presenza sindacale è più ampia?
Riprendiamo una lettera giunta in redazione sul tema del consenso sindacale nel settore del 118/112. Questo è un problema molto sentito, da parte di tanti lavoratori. I “centodiciottisti” hanno qualifiche, responsabilità e ruoli diversi in un sistema complesso e sfaccettato. Medici, infermieri, autisti-soccorritori, operatori OSS del Pronto Soccorso, infermieri e operatori di Centrale, specializzati in elisoccorso sono solo alcune delle figure sotto alle quali esistono tanti differenti problemi. Ai quali però appare piuttosto evidente che il sindacato stia dando una risposta univoca, uniforme e diretta solo e “semplicisticamente” dall’interno della struttura ospedaliera.
Oggi, per una tutela, i lavoratori del 118 a chi si rivolgono? La domanda che arriva per risolvere necessità e problemi è davvero ampia, ma la risposta è spesso poco soddisfacente. E voi, avete ancora fiducia nel sindacato? E se l’avete persa, come mai?
Egregio Direttore,
i sindacati “continuano a registrare un calo del consenso”. Lo spiega il report 2018 di Demoskopika sul livello di appeal dei sindacati nelle regioni che ha messo sotto esame il triennio 2015-2017. Secondo lo studio, infatti, “in soli due anni, le principali organizzazioni sindacali hanno perso complessivamente circa 450 mila iscritti, di cui 293 mila nel Mezzogiorno”.
Iscritto da anni a un’organizzazione sindacale, non metto in dubbio l’analisi dello studio. Da tempo, allorquando si ipotizzi una riforma, non si organizzano incontri preliminari tra le dirigenze sindacali di ogni ordine e grado con gli iscritti interessati dalla ipotetica riforma. Eventi in Lombardia (ma anche in altre Regioni e di certo non solo per la Sanità), lo dimostrano: la Riforma del Soccorso Sanitario di Emergenza Urgenza, l’organizzazione del Numero Unico Europeo di Emergenza 112, la Riforma del SSR, le variazioni di incentivazioni economiche, le applicazioni del CCNL, le contrattazioni decentrate e altro ancora. Come possono le dirigenze sindacali firmare accordi, protocolli d’intesa e accettazioni delle riforme senza aver prima convocato i propri iscritti interessati per una seria disamina delle bozze di riforma?
Dubito che i dirigenti sindacali siano poli/pluri esperti (anche dal punto di vista tecnico) di ogni singolo settore interessato da riforme o atti d’intesa. Firmare a scatola chiusa è sempre stata un’azione non raccomandabile, con la conseguente insorgenza di disorganizzazione lavorativa e disaffezione verso le organizzazioni sindacali. Serve veramente poco: un semplice gesto di convocazione preventiva che esiga, da chi effettivamente e ogni giorno lavora in uno specifico settore oggetto di riforma, un apporto dettagliato della situazione al fine di redigere e sottoscrivere riforme degne del nome e della funzione per cui sono preposte. E non degli accomodamenti tra dirigenze, partitica politica e organizzazioni sindacali che sono tutt’altro rispetto al significato di Lavoro cioè attività produttiva, dal punto di vista economico, giuridico, sindacale: tre termini che devono essere applicati in sede di disamina collettiva ante approvazione di riforme. Altrimenti si perde anche la fiducia e il consenso (ben diversi dal voto), espressi in sede elettorale sindacale, verso le organizzazioni sindacali e i candidati/eletti sia come preposti che come persone, perché rivelatisi perdenti di autonomia intellettuale, rappresentatività, levatura culturale e morale.
Torriani Marco