Violenza di genere. Come si deve comportare il soccorritore?
La violenza sulle donne è un fenomeno in aumento, nonostante decine di campagne contro questi brutali gesti di inciviltà siano all’ordine del giorno. Non si parla solo di violenza sulle donne, ormai. Anche la violenza su partner dello stesso sesso o la violenza della donna sull’uomo (quasi mai mortale e spesso di livello psicologico) è un problema da affrontare. E come sempre accade, il primo ad affrontare questa situazione è il soccorritore del 118, chiamato quando “le cose sono sfuggite di mano” o si è andati “un po’ troppo in là”.
Prima di tutto è necessario fare una premessa: se ci si rende conto che la situazione famigliare sta degenerando, che si stanno travalicando i limiti o che si ha a che fare con una persona violenta, bisogna cercare di parlarne e affrontare la cosa. Se non c’è abbastanza fiducia nel partner per affrontarla insieme, va comunque affrontata con altre persone o del nucleo famigliare o – ancora meglio – con amici.
Detto questo, cosa deve fare il soccorritore del 118 che si trova di fronte, per esempio, ad una paziente con tumefazioni al volto e in stato di shock emotivo?
Prima di tutto bisogna fare una corretta valutazione delle ecchimosi e registrare mentalmente i comportamenti del paziente e delle altre persone che sono in casa al momento della chiamata. In genere un paziente che non è proattivo (magari la donna è in camera, in un angolo del letto, e fa tutto il compagno, ivi incluso descrivere l’incidente domestico), che ha grande paura del contatto con tutti, che ha reazioni scomposte, nervose, guardinghe e che tiene un atteggiamento di “protezione” (che si denota da una chiusura delle braccia, spalle ricurve, testa incassata e pochissime parole smozzicate a forza dai soccorritori) dovrebbe essere in grado di attivare in voi alcuni campanelli di allarme. La valutazione del paziente dev’essere attenta e coscienziosa in questi casi, magari seguendo le linee guida che alcuni protocolli regionali suggeriscono. In Lombardia esiste il protocollo anti-violenza che attiva un pool di specialisti in Pronto Soccorso. Quanto segue è rielaborato e tratto dal protocollo specifico usato nella provincia di Cremona. I protocolli sono tutti simili, in questo caso.
Se la vittima evita di parlare, è molto taciturna, o cerca di isolarsi, è bene segnalare al triagista la situazione. Quello che avviene poi in Pronto Soccorso è molto semplice: in situazioni più facili da governare della casa dell’aguzzino, gli infermieri fanno partire un percorso che serve ad accogliere, a far sentire a proprio agio la vittima. L’informazione serve per attivare personale dedicato che può valutare il rischio, valutare la situazione, attivare le autorità giudiziarie, applicare percorsi clinici specifici, fare una presa in carico con lo psicologo sociale ed eventualmente – se necessario – avviare al servizio di soccorso per violenza sessuale, alle centrali antiviolenza locali o ai servizi sociali comunali.
La Regione Lombardia in questo modo vuole governare il processo sanitario di una persona – in maggioranza donna – che ha subito violenza di genere. Il percorso inizia quindi direttamente dalla casa della vittima, ma passa attraverso diversi step “invisibili” alla vittima e che l’aiutano ad affrontare il problema e a farlo emergere, ove esiste. L’obiettivo è quello di evitare alla vittima di violenza passaggi ridondanti, inutili, dolorosi e soprattutto che possono portare ad un rifiuto, ad un blocco emotivo che impedisce al personale di Polizia di raggiungere lo scopo di evidenziare il reato. Il percorso quindi può aiutare a raccogliere indicazioni che garantisono a tutti sicurezza e serenità, senza dare segnali al di fuori che potrebbero aumentare i pericoli per la vittima o mettere in allarme il carnefice.
Il punto snodale di questi servizi è il Pronto Soccorso perché l’accesso è previsto in tre modalità:
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Accesso diretto e spontaneo della vittima;
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Accesso attraverso intervento del Servizio Emergenza Urgenza 112;
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Accesso della vittima accompagnata dalle Forze dell’ordine.
La violenza ed il soccorso AREU 112: cosa fa il soccorritore e la Centrale Operativa?
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