Elicottero e ambulanza, l'integrazione? produce aumento di qualità e riduzione dei costi, dati alla mano
Intervista con il Direttore Generale di AREU Alberto Zoli: "L'elicottero è utile per la medicalizzazione, ma fondamentale per la centralizzazione. Bisogna valutare sempre gil outcome".
PALERMO – L’elisoccorso è un servizio ormai indispensabile, ma del quale in tanti chiedono una razionalizzazione dei costi. A fronte di un aumento evidente e misurabile della qualità del servizio erogato, c’è stato anche un forte aumento dei costi di gestione, nell’arco degli ultimi anni, e le polemiche – anche interforze – non sono state lesinate. Questo è un tema caldo anche in politica, dove c’è campagna elettorale perenne, e non può lasciare insensibili i dirigenti e i politici delle Regioni italiane, su cui ricade la spesa finale.
HEMS Association ha voluto approfondire il tema con una tavola rotonda realizzata il 24 maggio scorso nella sala gialla dell’ARS, presso Palazzo dei Normanni, a Palermo. Un appuntamento al quale ha partecipato con una relazione specifica molto tecnica e molto dettagliata anche AREU, con il Direttore Generale Alberto Zoli. L’azienda della regione Lombardia che si occupa di gestire e organizzare il servizio di Emergenza Urgenza ha un compito non facile: il territorio lombardo vede pianure, montagne, colline, laghi, metropoli ed altitudini non sempre agevoli da affrontare. Per questo nell’area volano parecchi elicotteri. Bergamo, Brescia, Como, Milano e Sondrio coprono le esigenze di tutte le provincie con più velivoli e migliaia di ore ogni anno. I risultati mostrati sono molto chiari: l’integrazione ala rotante-gomma H24 costa di più in termini generali, ma riduce il costo missione in maniera evidente, perché si riducono tempi di attesa in volo. Non solo: la corretta centralizzazione, bypassando DEA più vicini ma meno indicati, aiuta a migliorare l’outcome in maniera incisiva.
Come ridurre i costi e migliorare il servizio? Centralizzazione, medicalizzazione e randez-vous
Nelle parole del Direttore Generale Zoli è chiaro proprio questo concetto: il primo parametro da migliorare è la qualità del servizio offerto al paziente e alla comunità. In questo sistema si inserisce il servizio di elisoccorso, e in questo contesto si lavora per razionalizzare i costi, che non significa tagliare, ma far rendere al meglio le macchine e i professionisti a seconda della quantità di pazienti da servire e della difficoltà orografica nel servirli.
“Il costo del servizio si riduce per costo orario missione – spiega Zoli nel nostro podcast – e dal punto di vista economico è vantaggioso perché dai un servizio in più e lo integri con il soccorso su gomma. In alcune realtà è più competitivo l’elicottero rispetto alla gomma, ma è l’integrazione che da vantaggi sull’outcome del paziente, poi dal punto di vista economico”.
Sicuramente nelle realtà più isolate dove il numero di eventi è ridotto per antropizzazione, e il numero di casi gravi è solitamente fra il 3% e il 5% tenere a disposizione medici anestesisti in postazione fissa diventa un costo da valutare, ma dal punto di vista dell’organizzazione serve sempre un medico che arrivai sul target in tempi comparabili in caso di necessità. Ecco quindi che l’elicottero diventa importante per l’arrivo del medico dal paziente. A parità di attivazione, su aree montane remote con scarsa antropizzazione, un’automedica e un elicottero hanno tempi di arrivo simili. Ma l’automedica non può avere il plus – fondamentale – di garantire la centralizzazione alle patologie tempo dipendenti. Quando sono i minuti a fare la differenza, la possibilità di raggiungere il DEA di secondo livello a 60km in 10 minuti da risultati differenti.
Il 118? Servono obiettivi simili, non sistemi simili
Il tema però non è facile da approcciare in tutta Italia, anche perché il 118 è ancora molto frammentato: “Mi piacerebbe – spiega sempre nel podcast Zoli – che si andasse avanti su un percorso di un sistema italiano del 118, garantendo un minimo comune denomitore dappertutto, a prescindere dalle specificità tipiche di ogni Regione. Ci vorrebbe un modello comune garantito a livello standard, una specie di LEA per intenderci, sotto il quale non si debba andare. Non mettiamo a confronto le organizzazioni, ci sono storicità e territori differenti che non possono essere comparati. Pensiamo piuttosto ai minimi comuni denominatori che ogni Regione dovrebbe garantire in base alle specificità del territorio. A volte ci sono realtà dove il medico a disposizione non c’è, perché mancano le risorse. Noi tecnici dovremmo allinearci su uno standard per non pensare di imporre modelli, ma per migliorare l’uso delle risorse che abbiamo“.
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