Come si ricerca un aereo scomparso?

Da quasi 20 giorni un aereo, siglato MH370, è scomparso mentre si stava recando da Kuala Lumpur, in Malesia, fino a Pechino, in Cina. Il velivolo non è ancora stato ritrovato e i soccorsi stanno brancolando nel buio più completo perché, secondo le prime ricostruzioni, il pilota a bordo avrebbe cambiato rotta e volato per ore senza una meta precisa. Inoltre il pilota ha anche disabilitato il transponder dell’aereo, che permette ai controlli di terra di sapere con precisione le informazioni del velivolo che il radar sta inquadrando.

Le prime ricerche in mare hanno visto impegnate quattro nazioni: Cina, Filippine, Vietnam e Malesia. I primi sistemi di ricerca utilizzati sono stati quelli tradizionali, che si basano sulla ricostruzione della rotta potenziale dell’aereo e vedono impegnati nella perlustrazione dell’aerea sia aerei che navi, molto spesso incrociatori della marina militare, che possono scandagliare sia la superficie che il fondo marino con radar e sonar. Ma questo metodo di ricerca che inizialmente ha coinvolto decine di mezzi e centinaia di soccorritori, non ha dato frutti.

Pochi giorni dopo la scomparsa dell’aereo ci si è affidati ai sopporti elettronici e ai satelliti. Le immagini più usate sono state quelle di Inmersat, coadiuvate poi da altri sistemi di tutto il mondo. Via via alla ricerca dell’aereo si sono aggiunti altri paesi, per la precisione 13, con 57 navi e 48 aerei di perlustrazione. Non solo: a questo sistema si sono aggiunti circa 2 milioni e 300 mila persone da tutto il mondo, che tramite il sito web Tomnod hanno “scandagliato” 24.000 chilometri quadrati di immagini satellitari. Tomnod è infatti un sito gestito da una società americana  che, subito dopo l’incidente aereo, ha riposizionato due satelliti di sua proprietà sul golfo della Thailandia: da allora gli occhi di milioni di utenti stanno segnalando qualsiasi traccia possibile di resti o rottami. Ma prima di inviare ai soccorritori queste informazioni, i dati sono stati controllati da un team di esperti.

L’area di controllo è la più estesa mai affrontata prima. Sono state infatti due le traiettorie ad arco che sono state pensate. Una che vede il volo superare la Thailandia, il Laos, il Bangladesh, il Nepal, parte della Cina, il Kirghizistsan e il Kazakistan. L’altra che invece, passando sull’Indonesia, si sviluppa sull’oceano Indiano. Secondo i calcoli dei ricercatori della marina e dell’aeronautica americane, confrontando i dati delle prime ricerche con quelli raccolti sullo spostamento dell’aereo, in collaborazione con L’Air Accident Investigation Branch del Regio Unito, l’unica rotta possibile seguita dal volo è stata quella verso sud.

A questo punto è entrata in campo anche la AMSA, la Australian Maritime Safety Authority. Che dal 13 marzo ha messo in campo più di 250 uomini e 12 mezzi aerei, più le navi di supporto. Insieme all’Australia ci sono altre cinque nazioni in attività sulle ricerche nell’oceano indiano: Stati Uniti, Nuova Zelanda, Giappone, Cina e repubblica della Corea del Nord. Sette aerei militari cinque aerei civili stanno ancora perlustrando la zona. Nell’area è stato anche inviato un elicottero cargo cinese. Sugli aerei di ricerca ci sono 34 volontari della SES, il servizio di emergenza statale. Ovviamente ci sono anche delle navi, in questo caso le due principali sono l’incrociatore Success e la corvetta cinese Xue Long.

Ma le ricerche del volo malese scomparso sono “concentrate” su un’area vasta 1.6 milioni di chilometri quadrati. Una dimensione simile alla superficie di Italia, Spagna e Francia messe assieme.

L’obiettivo è trovare, quantomeno, la scatola nera. E gli Stati Uniti invieranno una strumentazione speciale per il rinvenimento di questa strumentazione. Un box dalle dimensioni di una valigia che, da trovare, sarà quasi impossibile.

Trovare la scatola nera è l’unico modo per capire cosa sia successo a bordo. Per sapere come mai un mezzo diretto a Pechino, e rilevato da radar militari l’8 marzo nella zona fra la Malesia e lo stretto di Malacca, è finito inspiegabilmente a 6.000 chilometri di distanza. Senza che nessun radar ne trovasse traccia. Ora è il momento dei soccorritori. Che devono trovare oggetti che potrebbero avere una dimensione massima di 24 metri. In un’area che è terribilmente gigantesca.

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