Covid-19, da settembre raddoppiati i bimbi italiani affetti da Mis-C
La sindrome multi-infiammatoria sistemica (MIS-C) segue l’incidenza del Covid-19 nella popolazione di riferimento. Le varianti “non hanno un ruolo nello stimolare la risposta iper-infiammatoria”
Covid-19: “In questa seconda ondata epidemica i casi di sindrome multi-infiammatoria sistemica (MIS-C) nei bambini sono raddoppiati
“Se da febbraio a maggio ne avevamo registrati 53, da settembre ad oggi ne contiamo già 100″.
A dirlo è Andrea Taddio, consigliere del Gruppo di studio Reumatologia della Società italiana di pediatria (Sip) e professore associato di Pediatria all’Università di Trieste, tra i promotori di un lavoro multicentrico teso ad indagare la correlazione tra la cosiddetta MIS-C e il SARS-CoV-2.
“Il numero di bambini colpiti da forme multi-infiammatorie è sicuramente maggiore rispetto al primo lockdown ma non c’è allarme- ci tiene a precisare Taddio- le MIS-C seguono l’incidenza del Covid-19 nella popolazione di riferimento, dunque oggi i casi sono di più perché il virus circola maggiormente”.
Nel complesso comunque “l’incidenza resta bassa- dice il pediatra, specificando che- al momento in Italia non abbiamo notizie di decessi.
Ci sono stati bambini molto gravi che hanno necessitato di cure intensive anche per tempi lunghi, però tutti i casi si sono risolti“.
La sindrome Mis-C da Covid-19 in Italia ed in Gran Bretagna
Di certo i numeri italiani non sono quelli che si registrano in Gran Bretagna, dove si stima che fino a 100 bambini a settimana vengano ricoverati in ospedale con la sindrome infiammatoria multisistemica post-Covid, a dispetto dei 30 casi a settimana che si registravano lo scorso aprile.
Ma anche qui non si parla di allarme, perché gli specialisti ritengono che la frequenza della malattia non sia aumentata rispetto ai casi che si registrano nella comunità.
Un dato in comune tra i due paesi, però, c’è: “Nel Regno Unito sembra che la MIS-C sia favorita in alcune etnie, come per esempio gli afroamericani o i caraibici– dice Taddio- un aspetto che in qualche modo è confermato anche nel nostro studio, in cui abbiamo visto che il 10% dei bambini colpiti dalla sindrome multi-infiammatoria sistemica ha origini non caucasiche.
Un dato che indirettamente potrebbe confermare una sorta di generica predisposizione genetica in alcune aree del mondo”.
Ma che ruolo ha la cosiddetta variante inglese in questa seconda ondata?
“Non abbiamo evidenza che nelle zone in cui ci sono delle varianti queste MIS-C si presentino con maggior frequenza- precisa Taddio- quindi verosimilmente le varianti non hanno un ruolo nello stimolare la risposta iper-infiammatoria.
E non abbiamo evidenza che il virus, indipendentemente dalla MIS-C, colpisca di più i bambini rispetto a prima“.
A riprova di questo Taddio spiega che le caratteristiche della sindrome multi-infiammatoria sistemica osservata in questa seconda ondata “sono più o meno analoghe a quelle osservate nella prima ondata”.
Nello specifico i bambini affetti da MIS-C “hanno un’età media più alta (intorno ai 7 anni) rispetto alle kawasaki classiche e si presentano in pronto soccorso con febbri, sintomi gastrointestinali (mal di pancia, nausea, vomito, diarrea), indici di flogosi più elevati (PCR) e spesso c’è un caratteristico interessamento cardiaco.
È però più miocardico o valvolare che coronarico e quest’ultimo è la caratteristica tipica delle Kawasaki classiche”, conclude Taddio.
Per approfondire:
Pediatria, la sindrome post-Covid nei bambini: “aumento dei casi ma pochi in Terapia Intensiva”
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