COVID-19: intervista al direttore dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa, l’infettivologo Marco Lastilla
L’Osservatorio Epidemiologico della Difesa è “uno strumento per monitorare e osservare lo stato di salute dei nostri militari attraverso studi epidemiologici” e “i primi casi di Covid19, tra i militari, li abbiamo visti già a fine febbraio, il primo risale al 26”.
LA FUNZIONE DELL’OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO DELLA DIFESA
A spiegare come lavora l’Osservatorio e l’impegno sul campo nelle diverse fasi dell’emergenza sanitaria Covid19 è il direttore dell’Oed, colonnello Marco Lastilla, medico infettivologo, che opera dal proprio ufficio all’interno del Policlinico militare Celio, a Roma.
Dalla sua scrivania passano tutti i numeri e i dati sulla salute dei nostri militari, impiegati in Patria e fuori confine, nei teatri operativi.
Rilevazioni, dati, studi, verifiche, proiezioni sul benessere di soldati e soldatesse, tutto passa in queste stanze.
Ed è notizia fresca di questi giorni che la Difesa ha predisposto un protocollo di sorveglianza per tutto il proprio personale guarito dal Covid19, per studiarne eventuali conseguenze nel medio e lungo periodo.
Un programma nato proprio qui, che sembra rispondere con tempismo ai titoli che si rincorrono sulle conseguenze che il virus lascerebbe nel corpo di chi è clinicamente guarito.
LA SORVEGLIANZA SU COVID PREDISPOSTA DALL’OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO DELLA DIFESA
Il protocollo “è un progetto di sorveglianza epidemiologica- chiarisce il direttore- e la finalità è controllare e sorvegliare la possibilità che un soggetto affetto e guarito dal Covid19 nel tempo possa sviluppare delle sequele.
E’ rivolto a donne e uomini della Difesa e gli obiettivi sono due: uno studio caso-controllo relativo al singolo individuo basato su verifiche triennali con un monitoraggio diversificato”, mentre il secondo è “aprire una Fase2- annuncia Lastilla- che è quella di uno studio di coorte su una popolazione che è stata sottoposta a un ‘insulto virale’ e che nel tempo viene seguita per studiarne eventuali sviluppi di tipo epidemiologico.
La Difesa si fa avanti, porta avanti un modello che potrà essere utilizzato anche in altre sedi.
Chiaramente- sottolinea Lastilla- stiamo parlando di una malattia che non conosciamo ancora in maniera completa e lo studio è aperto a nuovi sviluppi e all’ introduzione di accertamenti che al momento non possiamo prevedere”.
“L’andamento e la segnalazione dei casi del virus- ha spiegato il colonnello- ha seguito l’andamento sia geografico che temporale dello sviluppo della pandemia in Italia.
I nostri dati si sovrappongono a quelli relativi alla popolazione civile, questo anche perché i militari hanno supportato l’attività a sostegno dell’emergenza, sia in ambito sanitario che di controllo del territorio”.
Un impegno quello messo in campo dalla Difesa che è andato dal rimpatrio dei connazionali, all’impiego del personale sanitario.
“Sin dall’inizio- dichiara Lastilla- il ministro Guerini ha attivato tutta la Difesa che ha contribuito in questa emergenza con strutture sanitarie ad hoc, con il rimpatrio dei connazionali da Cina e Giappone, con le strutture sanitarie per l’isolamento di queste persone, con gli ospedali militari e con il nostro personale sanitario”.
L’INFETTIVOLOGO SULLA PRESUNTA DIVERSA RISPOSTA DELLE DONNE
Quanto alle donne e a una presunta diversa risposta di genere rispetto al virus chiarisce il direttore dell’Oed che “per quanto riguarda la popolazione militare il numero di donne e uomini è diverso, e se proporzioniamo i casi di incidenza rispetto al denominatore non troviamo differenza sostanziale.
Questo significa che l’impegno delle donne è stato similare a quello degli uomini e la fascia di popolazione operativa è sovrapponibile, ed è inoltre- sottolinea- quella più giovane”.
I militari saranno invitati a partecipare a questo studio: “La comunicazione- spiega infine il colonnello Lastilla- è stata avviata dagli organi sanitari delle quattro Forze Armate.
Si accede compilando un modulo di consenso informato, quindi su base volontaria. Il dirigente sanitario dell’ente periferico andrà a compilare una scheda anche con un colloquio psicologico e una serie di accertamenti correlati con il quadro clinico del soggetto rispetto alla malattia”.
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