COVID-19, New England Journal of Medicine pubblica studio su effetti benefici del Remdesivir
Remdesivir è un farmaco che ha attirato fin dagli esordi della pandemia da coronavirus l’attenzione di medici e ricercatori. E’ parso immediatamente chiaro che avesse degli effetti benefici, sui pazienti trattati, e questo ha incoraggiato gli scienziati ad approfondire.
Nello specifico, Remdesivir sembra davvero performante nel bloccare o comunque ridurre la capacità del coronavirus di riprodursi.
In un report pubblicato sul New England Journal of Medicine un gruppo di ricercatori ha confermato questi effetti benefici di un farmaco che, era maggio, ha anche ottenuto l’autorizzazione per l’uso in emergenza (EAU) dalla FDA statunitense.
Ulteriori studi hanno spinto la stessa FDA a consentirne l’utilizzo anche in situazioni non emergenziali.
STUDIO SU REMDESIVIR, 1062 PAZIENTI COVID-19 ARRUOLATI
Un recentissimo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista ha previsto il reclutamento di ben 1.062 pazienti con infezione del tratto respiratorio inferiori.
Il gruppo di pazienti è stato suddiviso in due gruppi: il primo, di 541 pazienti, è stato trattato con Remdesivir, il secondo, di 521 pazienti, con un placebo.
Il tutto per un mese.
I risultati della ricerca pubblicata hanno evidenziato come il tempo medio di recupero dei pazienti trattati con Remdesivir è stato di dieci giorni, mentre quello dei pazienti curati con placebo di 15 giorni.
Anche il tasso di mortalità tra i pazienti con Remdesivir era inferiore: un tasso di mortalità stimato del 6,7% è stato attribuito al gruppo remdesivir al giorno 15 rispetto all’11,9% del gruppo placebo e all’11,4% con Remdesivir rispetto al 15,2% trattato con il placebo di giorno 29.
Inoltre, eventi avversi sono stati segnalati solo in 131 dei 532 pazienti che hanno ricevuto Remdesivir (24,6%) rispetto a 163 dei 516 pazienti che hanno ricevuto placebo (31,6%).
COVID-19, LE EVIDENZE DELLO STUDIO SU REMDESIVIR
In definitiva, i dati del rapporto hanno mostrato che “Remdesivir era superiore al placebo nell’accorciare il tempo di recupero negli adulti che erano stati ospedalizzati con COVID-19 e avevano evidenza di infezione del tratto respiratorio inferiore”.
L’età media dei pazienti era vicina ai 59 anni e il 64,4% dei quali era di sesso maschile.
Sulla base dell’evoluzione epidemiologica di COVID-19 durante lo studio, il 79,8% dei pazienti è stato arruolato in siti in Nord America, il 15,3% in Europa e il 4,9% in Asia.
Complessivamente, il 53,3% dei pazienti era bianco, il 21,3% nero, il 12,7% asiatico e il 12,7% era designato come altro o non segnalato; 250 (23,5%) erano ispanici o latini.
Uno studio quindi utile a comprendere l’utilità del farmaco in questa specifica malattia, e ad utilizzarlo nelle situazioni nelle quali il paziente possa trovare giovamento.
PER APPROFONDIRE:
NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE SU DESAMETASONE IN PAZIENTI CORONAVIRUS