Covid, Brusaferro sull'infodemia: “Informazione ‘fai da te’ non validata complica l’epidemia”
Covid e infodemia, un binomio mortale. Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss), non usa giri di parole per descrivere questa epidemia nella pandemia: “E’ infodemia”
La pandemia da Sars-Cov-2 porta con se’ anche un altro fenomeno globale: “l”infodemia’, la circolazione di una grande quantita’ di informazioni diversificate, spesso non validate e volutamente fallaci, che causa un ‘fai da te’ virale che rende particolarmente complesso capire cosa sta avvenendo e avere un’informazione obiettiva”.
Infodemia su Covid, l’intervento di Brusaferro al Congresso dei pediatri italiani
Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss), non usa giri di parole per descrivere questa epidemia nella pandemia e, durante la sua lezione magistrale al congresso digitale della Societa’ italiana di pediatria (Sip) in corso oggi e domani, avverte che si tratta di “una sfida che dovremo affrontare nel prossimo futuro: conoscere questi fenomeni, saperci convivere, saperli utilizzare per dare un sempre miglior servizio per la salute e il benessere della popolazione“.
Infodemia, quali altre lezioni ci ha insegnato, fino ad oggi, la pandemia da Covid che stiamo vivendo?
Prima di tutto, sottolinea il presidente dell’Iss, l’importanza della “preparazione in termini di rapidita’ di azione, flessibilita’, produzione e logistica”.
C’e’ poi la centralita’ della “prevenzione e del sistema di salute pubblico, essenziali per la salute della comunita’ e per la crescita del Paese.
Mai come in questa situazione- sottolinea Brusaferro– si rende evidente come avere un forte sistema di prevenzione sia il miglior modo per tutelare e salvaguardare un Paese.
La prevenzione diventa, dunque, un punto strategico anche nell’organizzazione del Ssn”.
Bisogna fare tesoro per il futuro anche della “centralita’ delle risorse umane, l’importanza dei sistemi informativi e il ruolo determinante delle tecnologie”.
L’andamento dell’epidemia ha posto l’accento sulla fragilita’ di alcune fasce di popolazione, soprattutto gli anziani: quella italiana e’ una popolazione “piuttosto anziana- ricorda il presidente dell’Iss- che e’ un vanto del nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn), ma in una fase epidemica come questa e’ una fragilita’”.
Un altro elemento di fragilita’ emerso in questi mesi e’ legato “alla globalizzazione e alla produzione industriale.
Nella prima fase dell’epidemia- precisa il professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Universita’ degli studi di Udine- abbiamo visto che quando la domanda mondiale di certi prodotti (ad esempio i dispositivi di protezione individuale) era molto alta, l’aver concentrato in pochi siti mondiali la produzione di questi strumenti ha creato problemi e ha portato alla necessita’ di realizzare delle riconversioni industriali rapidissime, che invece poi hanno richiesto del tempo.
Quindi- constata- probabilmente occorre riflettere sulle modalita’ con cui si dislocano i settori produttivi strategici”.
L’antidoto all’infodemia è la literacy: la crucialità dell’alfabetizzazione nell’era del covid
“Margini di miglioramento”, infine, sono possibili nella “literacy, l’alfabetizzazione.
È un elemento molto delicato- precisa Brusaferro- perche’ in situazioni come quella che viviamo, comprendere e interpretare correttamente i linguaggi con cui vengono veicolate le informazioni e’ un fattore assolutamente essenziale in quanto si traduce in comportamenti corretti”.
Riguardo alle misure di prevenzione, “l’Italia brilla, il che e’ una chiave di risposta per comprendere perche’ l’epidemia si sia evoluta in un certo modo e perche’ la curva ha continuato a decrescere fino ad agosto.
Questo- ribadisce- viene confermato anche dai livelli di preoccupazione e dai livelli medi di fiducia per fonte, per cui vediamo che alcune fonti come il governo nazionale, gli ospedali o i medici di medicina generale e i sistemi informativi sono stati considerati affidabili dalla popolazione”.
Sempre in tema di misure adottate, l’esperto ricorda come “nel confronto con i diversi Paesi europei, l’Italia mostra sia proporzionalita’ nelle misure che una tendenza importante alla cautela, un principio di massima precauzione, una capacita’ di regolamentare le attivita’ e una raccomandazione estesa all’uso delle mascherine”.
Il difficile ruolo di apripista dell’Italia nella battaglia contro il coronavirus
Dal punto di vista della risposta del Paese, prosegue il docente universitario, “siamo consapevoli che il primo Paese occidentale ad affrontare un’epidemia da Covid-19 e’ stata l’Italia e che per tutta la prima fase dell’epidemia siamo stati il Paese apripista, che ha sperimentato le zone rosse, le misure di restrizione e i sistemi di riapertura, a partire dal 4 maggio, che hanno comportato una curva decrescente fino ad agosto.
Questo e’ stato frutto di una forte sinergia istituzionale, coerente, decisa, ma anche da una forte adesione della popolazione alle misure raccomandate.
In pochissimo tempo- tiene a ricordare Brusaferro- si e’ riusciti a organizzare una risposta.
Uno dei cardini di questo nostro sistema di risposta e’ l’aver messo a punto degli strumenti e 21 indicatori attraverso i quali, accanto agli scenari, si definiscono le possibili risposte su base nazionale, regionale e sub-regionale.
Su questo oggi il sistema e’ tarato ed e’ continuamente aggiornato in un dialogo continuo che intercorre tra Regioni, Iss, Comitato tecnico scientifico, ministero della Salute e cabine di regia.
Si tratta di un insieme di attori che, sulla base di documenti e analisi epidemiologiche condivisi, rispondono all’evoluzione e agli scenari epidemiologici con misure di maggior restrizione o di rilassamento” conclude.
Per approfondire:
COVID-19, Paranoici e complottisti aiutano il coronavirus: uno studio della Statale di Milano