Dolore addominale, la guardia medica non è obbligata a chiamare l'ambulanza
Sentenza della corte di Cassazione a favore di una guardia medica che si è rifiutata di visitare a domicilio il paziente in preda a forti dolori addominali e non ha chiamato l'ambulanza per un ricovero urgente. "La visita a domicilio non effettuata dal sanitario si può rivelare potenzialmente dannosa per la perdita di tempo se è scontata l'ospedalizzazione del malato"
FONTE: CASSAZIONE.NET – E’ assolta la guardia medica che si è rifiutata di visitare a domicilio il paziente in preda a forti dolori addominali e non ha chiamato l’ambulanza per un ricovero urgente. Lo ha dichiarato la sesta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 226, pubblicata oggi.
Il Collegio di legittimità ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che aveva condannava un sanitario a quattro mesi di carcere perché ritenuto colpevole del reato di rifiuto di un atto di ufficio (art. 328 c.p.).
L’accusa a lui rivolta era di essersi rifiutato di effettuare una visita a domicilio a una paziente in preda a forti dolori addominali.
Sollecitato dalla telefonata della figlia, il medico riteneva non fosse il caso di andare a controllare di persona lo stato di salute della donna e invitava la figlia a chiamare senza indugi un’ambulanza.
La chiamata al 118 non produceva effetti per la temporanea indisponibilità di autoambulanze.
La donna veniva successivamente trasportata dalla figlia in ospedale, dove veniva ricoverata nel reparto di medicina interna e da cui era dimessa dopo qualche giorno.
La Corte territoriale riteneva che la responsabilità del medico si concentrasse da un lato sul mancato intervento di una visita domiciliare e dall’altro sulla mancata annotazione nel registro della guardia medica della telefonata ricevuta dalla figlia.
Per la Cassazione, però, il ricorso del sanitario va accolto.
Ad avviso degli “ermellini”, non c’era la necessità di registrare e annotare la conversazione avvenuta con la figlia della donna.
Come segnala la stessa sentenza di appello, «più medici in servizio di guardia medica locale esaminati in dibattimento hanno concordemente rimarcato che non tutte le telefonate che giungono al presidio meritano di essere annotate, soprattutto quando le stesse si traducano nell’erogazione di semplici suggerimenti o consigli terapeutici».
Non corretta è la motivazione del giudice di merito laddove «l’omissione di una visita domiciliare imputata al sanitario viene valutata successivamente perfettamente inutile».
Anzi, «perfino potenzialmente dannosa per la possibile connessa perdita di tempo a fronte del rilevato scontato esito di una pronta ospedalizzazione della paziente».
È la stessa sentenza di appello a porre l’accento sull’«univoca correttezza della diagnosi medica formulata dalla guardia medica in base al quadro sintomatologico della madre rappresentatogli dalla paziente e a sottolineare la fondatezza del dubbio di verosimile infarto miocardico della paziente, i cui dolori addominali non sono regrediti neppure dopo l’iniezione di un forte antispasmolitico elettivamente deputato al trattamento di dolori gastrointestinali».
Conclusione avvalorata, come già chiarito, dai consulenti medici della parte civile e dell’imputato e dallo stesso primario, dove non a caso i sanitari del pronto soccorso hanno praticato tutti gli interventi necessari per verificare la presenza o meno di un infarto cardiaco.
In questo contesto, ha aggiunto la Cassazione, «non è dato arguire in quale misura, per un verso, la visita medica personale a domicilio avrebbe potuto modificare il quadro clinico raffiguratosi dal medico e scongiurare ogni pur ragionevole timore di un infarto in atto, se comunque deve giudicarsi valida e ampiamente giustificata dal quadro sintomatologico la diagnosi già espressa e la necessità del rapido ricovero della paziente».
Dunque, non sussiste la responsabilità penale del sanitario, accusato di aver abbandonato la paziente a se stessa e ai suoi familiari.
Pertanto, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio.
Emiliana Sabia www.cassazione.net