Ebola: qualche informazione sul Reparto Sanità Pubblica della CRI
Il contagio dell’infermiere di Emergency – cui tutti facciamo i migliori auguri – e le conseguenti attivazioni in materia di isolamento e trasporto del malato, ci danno l’abbrivio per parlare del Reparto Sanità Pubblica della Croce Rossa Italiana. Per farlo mi sono rivolto al Dott. Ulrico Angeloni, direttore sanitario nazionale dell’Associazione umanitaria.
Ecco le domande che ho avuto modo di rivolgergli:
Abbiamo appreso dell’infermiere di Emergency che ha contratto il virus Ebola; subito sono state attivate le misure e i protocolli per l’isolamento e il trattamento: che ruolo ha Croce Rossa Italiana in questa attività di risposta?
La Croce Rossa per queste particolari emergenze è inserita in una “Rete” dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, con il quale abbiamo una convenzione dal 2007, per affiancare in un’azione di risposta dello Stato, – qualora sia necessario e in applicazione del Regolamento Sanitario Internazionale -, il personale Medico e Tecnico-Sanitario del Ministero della Salute che di fatto fa parte degli USMAF (uffici di sanità marittima aerea e di frontiera).
In particolare nei porti, aeroporti, posti di confine terrestri, a bordo di navi ed aeromobili e dove ci siano emergenze in materia di Sanità Pubblica.
Quindi come vede è ampio il campo di intervento della CRI.
Nello specifico, il trasporto che avete visto vede coinvolte più figure istituzionali che il Ministero ha messo insieme: Aeronautica Militare, esperta in questo tipo di trasporti, il Lazzaro Spallanzani di Roma, ospedale di eccellenza per queste patologie e noi esperti di bio-contenimento per la parte terrestre.
Quali sono le principali dotazioni tecniche che permettono alla CRI di adempiere al proprio compito?
Nel corso di questi anni uno dei compiti assegnatici, è stato proprio quello di acquisire materiale e mezzi che ci rendessero idonei a rispondere ad emergenze sanitarie ed in particolare a quelle riguardanti patologie infettive ad elevato rischio di contagio.
Così abbiamo acquisito le nostre attrezzature dopo esserci confrontati ed aver imparato da chi aveva esperienza in questo settore, e attualmente devo dire che siamo ad un livello molto elevato in termini di dotazioni. Abbiamo barelle e camere a pressione negativa per il bio-contenimento, di tecnologia Israeliana, che sono attualmente quelle che si sono rivelate le più valide, un mezzo – che ci dicono unico nel suo genere – per il trasporto dei “contatti”, cioè le persone sospettate di essere potenzialmente trasmettitori dell’agente patogeno: è un pulmino che dotato al suo interno di una struttura a pressione negativa, che isola dall’ambiente esterno i pazienti. Poi ovviamente DPI specifici e strutture attendate per poter disporre di un canale sanitario lì dove ve ne sia bisogno.
Abbiamo attivato un sistema di misura fisso per la rilevazione del rateo di dose in aria con frequenza di rilevamento h 24 finalizzato alla protezione della popolazione in caso di emergenza nucleare. I dati vengono inviati al Ministero della Salute essendo noi come CRI inseriti dal 1990 nella rete nazionale per la sorveglianza della radioattività ambientale RESORAD.
La formazione degli operatori CRI impiegati ci sembra sicuramente fondamentale: come si compie?
Ha centrato il problema, la formazione è il punto più importante ed è seguito sia da CRI in generale sia dal Reparto di Sanità Pubblica, che si occupa di queste particolari attività ad alto rischio.
Anche in questo caso abbiamo avuto grazie alla famosa “rete” la possibilità di confrontarci con i maggiori esperti in questo settore e quando parlo di esperti, parlo di 7° Reggimento difesa NBC Cremona, che credo non abbia bisogno di presentazioni, dello stesso Ospedale Spallanzani, dell’Aeronautica Militare, dei Vigili del Fuoco, e poi della Marina Militare, Guardia Costiera, Guardia di Finanza. Insomma, tutti coloro che per diversi motivi si sono sempre confrontati ed oggi ancor di più con queste patologie.
Inizialmente si frequenta un corso che noi facciamo insieme al Ministero della Salute dove diamo le basi e le ragioni di questo Reparto di Sanità Pubblica. Il corso è aperto a tutti i volontari e dipendenti interessati, poi chi vuole continuare il percorso farà tre corsi aggiuntivi sulla sicurezza, dove descriviamo e soprattutto facciamo provare i DPI, le attrezzature in dotazione e le tecniche di bonifica. Altra cosa fondamentale è il percorso esercitativo, che svolgiamo in collaborazione con gli Enti che ho citato per verificare eventuali problematiche che si potrebbero presentare e per superarle prima che si presentino, magari, sul campo.
La formazione è assolutamente importante anche per sfatare le false informazioni che vengono purtroppo diffuse quando si verifica un evento che riguarda questi argomenti sanitari .
Dove ha sede e dove è attivo il Reparto Sanità Pubblica CRI?
Il reparto ha una Direzione Centrale a Roma e attualmente 15 nuclei periferici destinati ad aumentare, vista la situazione attuale. Due nuclei in Sicilia, che sono quelli più attivi e vengono utilizzati praticamente in tutti gli sbarchi, come potrà immaginare, ma anche altri nuclei come quelli del Lazio e della Lombardia, che supportano negli aeroporti gli USMAF; quello della Puglia, che sta diventando luogo di sbarchi ma ha anche di attività di routine; e quello della Sardegna, che pensavamo meno attivo e che invece ha dimostrato, con quest’ultimo episodio, la propria valenza. Vorrei aggiungere che il Reparto di Sanità Pubblica funziona ed è di grande supporto al Ministero della Salute perché è parte della Croce Rossa Italiana e riesce ad intervenire proprio grazie alla capillarità e alla formazione di tutti i volontari e dipendenti che lo supportano. Per spiegare questo, che potrebbe essere scontato, vorrei ricordare quando ci fu emergenza dell’H1N1, ed il ministero ci chiese di portare i vaccini e gli antivirali in tutta Italia. La riuscita di quella operazione fu il risultato della collaborazione di tutta la “struttura” emergenziale della CRI, sanitaria e non. Fu investita la sala operativa nazionale, i Centri per gli Interventi di Emergenza (CIE) sul territorio, insomma, tutta la struttura che solitamente risponde alle emergenze in quel caso supportò l’operazione sanitaria richiesta dal Paese.