I tamponi rapidi funzionano? Sì, ma vanno fatti 4 giorni dopo il contatto con un Covid+

Tamponi rapidi COVID-19, ce li spiega Guido Castelli Gattinara, presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica (Sitip) e pediatra infettivologo presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma

“I tamponi rapidi, che danno risposte in 15 minuti, sono estremamente utili per confermare il sospetto di infezione da Sars-Cov 2 – anche se la sensibilità di questi test non è elevata come quella del tampone molecolare – e scoprire se le persone che sono state a contatto con un soggetto positivo hanno l’antigene, cioè hanno acquisito l’infezione e possono contagiare gli altri“.

A spiegare le caratteristiche dei tamponi antigenici e molecolari è Guido Castelli Gattinara, presidente della Società italiana di infettivologia pediatrica (Sitip) e pediatra infettivologo presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

Quanto tempo dopo il contatto a rischio vanno effettuati i tamponi rapidi?

“Se viene fatto 24 ore dopo l’esposizione a un soggetto positivo, può essere che l’infezione che è stata acquisita non si manifesti in modo evidente da un punto di vista virologico, la persona cioè non ha tanto virus da essere rilevato dal test antigenico che quindi può risultare falsamente negativo.

Per cui- chiarisce l’infettivologo- lo stesso test ripetuto 3 o 4 giorni dopo potrebbe risultare positivo“.

I test antigenici, suggerisce il pediatra, risultano particolarmente utili in ambito pediatrico perché “per esempio nel caso di un caso positivo a scuola, ci consentono di sapere se i bambini hanno acquisito il virus e possono a loro volta trasmetterlo, vedendo anche quanto il soggetto è contagioso”.

“Effettuare preliminarmente il test antigenico- aggiunge l’esperto- permettere inoltre di isolare tempestivamente un soggetto che risulti positivo e, subito dopo, effettuare un tampone molecolare.

Quest’ultimo- chiarisce il presidente Sitip- ci dice se il soggetto è infetto o meno. Il test antigenico ci dice se il soggetto è infettante, cioè ha una carica virale per cui può trasmettere l’infezione, o meno“.

La capacità di questi test di rilevare la contagiosità dei pazienti, aggiunge Castelli Gattinara, ha una grande importanza anche dopo aver contratto la malattia.

“Col test molecolare– spiega- riusciamo a trovare particelle di virus, e quindi abbiamo un test positivo, anche 20 giorni o un mese dall’acquisizione dell’infezione o dalla malattia stessa.

Questo perché il test molecolare è molto sensibile e quindi, anche quando sono passati molti giorni e la persona non ha più sintomi, può risultare positivo.

Ma quanto questo dica rispetto all’infettività del soggetto, alla sua capacità di contagiare, è un altro discorso.

Se un soggetto ha preso l’infezione, ha trascorso 15 giorni e ha ancora tampone molecolare positivo, non è detto che possa contagiare gli altri perché il virus è ormai presente solo in parte, è endovato, non viene liberato in quantità tale da contagiare.

Quando ci sono queste condizioni in cui il soggetto infetto ha montato una risposta anticorpale sufficiente e quindi è sulla avanzata via di guarigione, non è più infettante per i suoi contatti.

E tale informazione- ribadisce l’esperto- la dà meglio il test antigenico”.

Tamponi rapidi, differenze con i tamponi della Fase 1

All’inizio della pandemia, ricorda il presidente Sitip, “i primi tamponi erano piuttosto complessi, erano fatti con la metodologia molecolare e quindi avevano una sicurezza di risposta molto alta, data la loro specificità e la sensibilità molto elevate.

Se erano positivi, era sicuro che fossero tali e sono stati utilizzati per sapere se i soggetti erano infetti o meno.

Quindi- chiarisce Gattinara- tutti i soggetti con sintomi compatibili con il Covid, dovevano e devono ancora oggi fare un tampone molecolare per sapere se hanno contratto l’infezione, perché- prosegue- questi pazienti devono curarsi e perché possono contagiare le persone con le quali vengono in contatto.

Nel tempo però- sottolinea l’infettivologo- l’esigenza di fare questi tamponi è aumentata in modo esponenziale e i tempi di effettuazione e risposta si son allungati.

Attualmente, di test antigenici ce ne sono in commercio 15 tipologie diverse, stanno diventando sempre più sofisticati e offrono diversi vantaggi: iniziano ad avere sensibilità e specificità molto alte, possono essere effettuati negli studi medici e danno una risposta tra i 10/20 minuti.

Sono anche molto economici- aggiunge- con un impatto sui costi sanitari di questi screening basso e quindi molto vantaggioso”.

Per approfondire:

Test per COVID-19, le indicazioni del Ministero della Salute ai medici italiani: ecco quali usare e perché

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Fonte dell’articolo:

Agenzia Dire

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