Il gioco delle colpe degli altri, sulla pelle degli uomini: la Siria e la politica del dito puntato
Anche l’ONU cade nel gioco perverso delle colpe degli altri. Ma sono molti i responsabili della morte di 20 soccorritori
Un antico detto africano dice che quando punti il dito per accusare una persona, ne stai puntando tre contro te stesso per indicare un futuro colpevole. Mai detto fu più adeguato per definire quello che sta succedendo dopo la fine della tregua temporanea in Siria fra Stati Uniti, Russia, Siria e Iran. A prendere le vesti stracciate dell’accusatore è il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon, che non ha lesinato accuse nella riunione d’apertura dell’Assemblea Generale odierna. Ban Ki-Moon ha accusato apertamente Bashar Al Assad di essere responsabile dell’attacco aereo contro un convoglio di aiuti in Siria, che ha ucciso 20 civili. “Al momento non abbiamo una visione completa di quello che è successo, ma abbiamo preso la decisione di sospendere tutte le operazioni umanitarie dei convogli sul terreno”, ha spiegato un portavoce in una nota ufficiale.
CHI E’ SENZA RESPONSABILITA’?
Nessuno è senza responsabilità in questa ennesima strage, tanto meno l’ONU che in 5 anni di conflitto non è riuscito mai a compiere la sua missione fondativa, ovvero portare la pace nelle zone più martoriate del pianeta. Secondo Ban Ki-moon Assad è il male in persona: “il futuro della Siria non deve dipendere dal destino di un solo uomo” come se fosse solo Assad ad essere responsabile di questa situazione. Invece di responsabili ce ne sono tanti, e alcuni di loro, non più tardi di 24 ore fa, definivano “una bravata” l’attacco missilistico alle postazioni siriane che ha ucciso 90 soldati e ferito 100 civili. Va ricordato che quel raid è stato effettuato durante un “cessate il fuoco” e ha causato la fine della pausa fra le ostilità. Tale bravata fra l’altro ha permesso ai terroristi di Daesh (l’ISIS) di conquistare nuovi territori a discapito della coalizione Russo-siriana. http://www.occhidellaguerra.it/il-raid-usa-non-e-stato-un-errore/
Perché allora i brutti e cattivi sono solo i russi? Sono passati duemila e sedici giorni dal 15 marzo 2011, giorno della prima manifestazione anti-Assad e giorno dell’inizio ufficiale del conflitto armato. Nel frattempo è nato ISIS, sono entrati in conflitto con la Siria i ribelli, gli Stati Uniti, i Curdi, la Russia, l’Iran, l’Iraq, la Francia, il Quatar, la Turchia, l’Arabia Saudita, Hezbollah, Cina, Corea del Nord, Venezuela, Bielorussia, Algeria, Egitto e – appunto – l’ISIS. Sono morte nel frattempo 471 mila persone e ci sono – fonte UNHCR – 7 milioni e 600 mila sfollati e 4 milioni di rifugiati all’estero. Un esodo senza fine. Un esodo che il segretario generale dell’ONU in 5 anni non è stato in grado di risolvere, nonostante in questo conflitto siano occupati 15 paesi riconosciuti.
CHI PAGA IL PREZZO PIU’ ALTO?
Nel frattempo c’è qualcuno che continua a pagare un prezzo altissimo: gli esseri umani, senza esclusione alcuna. Gli aiuti umanitari non sono sufficienti per migliorare le condizioni di vita dei siriani, e soprattutto sono un pozzo senza fondo che riduce drasticamente le possibilità di ridurre i danni dovuti da altre crisi umanitarie (vedasi il Nepal, ancora oggi in crisi per il terremoto che devastò la regione nel 2015). Le risorse umane impiegate dalle organizzazioni umanitarie poi sono ogni giorno sotto tiro. Ci sono eroi (perché un volontario che opera in un’area di guerra può solo essere definito Eroe) che cercano di salvare vite ogni giorno, nonostante piovano bombe da ogni settore e non ci sia nessuno – fra i militari – che sappia fare differenze fra civili inermi e postazioni nemiche.
La situazione ricorda il terribile concetto alla base delle operazioni belliche fra israeliani e palestinesi, dove i politici dei due schieramenti sono più impegnati a cercare l’antefatto e l’essere umano scatenante il conflitto, piuttosto che concentrarsi sul sistema che potrebbe riportare la pace nella zona.
Oggi quindi suona davvero stridente l’attacco verbale di Ban Ki-moon alla Siria (e di conseguenza a Putin). Tanto più che le speranze di mantenere attiva una tregua sono ridotte al lumicino. Il Cremlino ha dichiarato “molto deboli” le speranze di un cessate il fuoco. Siamo “molto preoccupati”, ha detto il portavoce Dmitri Peskov, perché “tutto il processo di soluzione politica in Siria è minacciato”. “Si deve smettere di sparare, è necessario che i terroristi fermino gli attacchi alle forze armate siriane e, certamente, non guasterebbe che i nostri colleghi americani non bombardassero accidentalmente i siriani”.
Sarebbe già un primo passo se diplomatici e corpi internazionali smettessero di puntare dita, e iniziassero a mettere in pratica il primo punto delle missioni ONU: “Mantenere la pace e la sicurezza internazionali”.