Il ruolo del sindaco nelle maxi-emergenze e nella gestione della popolazione
Il delegato nazionale dell’ANCI alla Protezione Civile Paolo Masetti ci racconta le maggiori difficoltà che un primo cittadino deve saper affrontare prima, durante e dopo una maxi-emergenza: “Bisogna tenere unita la comunità, con informazione, partecipazione e scelte condivise”
Protezione Civile non significa soltanto interventi in caso di gravi terremoti o alluvioni. Proteggere la cittadinanza, la Cives, è anche una questione di metodo, di applicazione, di tecnologia e di responsabilità.
Il Sindaco è il vertice di una piramide che deve applicare questi principi affinché la popolazione venga sempre tutelata e protetta. Su questo tema l’ANCI, l’associazione nazionale dei comuni italiani, sta lavorando fortemente. Emergency Live ha parlato con il delegato Paolo Masetti, sindaco di Montelupo Fiorentino, delegato alla gestione delle maxi-emergenze per l’Unione dei Comuni Empolese-Valdelsa, che ci ha descritto cosa deve fare un primo cittadino affinché tutta la macchina della Protezione Civile lavori bene prima, dopo e durante un evento terribile come può essere un terremoto devastante, un’alluvione improvvisa o un’allerta meteo da preparare.
“Prima di tutto è importante impegnarsi con forza in questo senso – spiega Masetti – e da questo punto di vista l’ANCI sta facendo tanto affinché i sindaci siano formati e preparati sul tema della sicurezza e della protezione civile. Non è così automatico per chi viene eletto la prima volta essere formati sulle regole e sui piani di emergenza”. Significa che c’è chi prova a formare i politici affinché – nel momento del governo – sappiano fare un buon governo dei temi di sicurezza civile. “Come noto il sindaco è la massima autorità locale di Protezione Civile, ed è giusto che sia così. E’ l’istituzione che più di altri ci mette la faccia e che è più vicina ai cittadini. E’ eletto da essi stessi ed è quindi un’emanazione diretta della sua comunità che deve difendere e contribuire a rendere più resiliente”.
Ma come si fa a gestire emergenze di protezione civile, situazioni di manutenzione ordinaria, progetti sociali e tutte le altre cose che un sindaco deve fare? “Il Sindaco conosce le priorità del proprio territorio e dei propri cittadini perché è una figura che opera H24. La sua responsabilità maggiore è quella di pianificare in modo corretto le azioni da porre in essere quando si attiva Protezione Civile. Si deve lavorare per questo incredibilmente molto più di quanto non lo si faccia durante le emergenze. Certo è più facile a dirsi che a farsi e non tutto può essere pianificato. Ma avendo conoscenza degli scenari di rischio e delle risorse utilizzabili, umane e strumentali, si può definire il quadro delle procedure operative che diano una pronta risposta”.
Una soluzione scelta in Toscana – che può aiutare anche a rendere meno impattante sulle finanze dei piccoli comuni il peso della gestione della protezione civile – è quella di gestire le funzioni di pianificazione e di coordinamento dell’emergenza in forma associata o di delegarne l’attività se afferenti ad Unioni di Comuni. L’Unione Empolese-Valdelsa ne è un esempio: “Gli 11 comuni hanno trasferito la funzione di protezione civile all’Unione ma, ovviamente, senza che questo determini uno scarico di responsabilità e doveri da parte dei Sindaci, uniche autorità locali di protezione civile. Un beneficio diretto in questo caso è dato dalla possibilità di ottimizzare i costi per la formazione e per la pianificazione, ma soprattutto declinare il tema della protezione civile, e quindi della gestione delle emergenze e conseguente coordinamento delle risorse, su area vasta. ”.
Ma poi, anche se l’intervento in emergenza è fatto bene ed evita i morti, come è successo a Ussita e a Norcia, arriva il momento della gestione dell’emergenza. Dove si vedono anche scene piuttosto toccanti, come la protesta dei cittadini di Norcia che non volevano lasciare le proprie case.
“In questi casi è assolutamente importante aver fatto un buon lavoro di preparazione e di confronto con la popolazione. La prima preoccupazione del Sindaco è sicuramente informare i cittadini, esclusiva prerogativa riconosciutagli dalla normativa. Una informazione che per essere efficace deve raggiungere tutti i cittadini con messaggi chiari e senza margini di interpretazione. Il Sindaco dev’essere in grado di comunicare in modo franco e diretto con i suoi cittadini non solo nelle tipiche fasi di una emergenza ma anche in tempo ordinario, perché solo così potrà essere credibile e autorevole al bisogno. Un sindaco che diffonde il piano di protezione civile, che informa su quali sono i rischi sul territorio e come comportarsi durante l’emergenza, che segue l’evolversi di situazioni di criticità contribuisce in modo sostanziale a rendere resiliente la sua comunità”
Comunicare è importante, ma poi c’è sempre un aspetto legale: il Sindaco è responsabile penalmente e civilmente per ciò che succede in questi casi. E’ un fattore importante?
“Certo, in queste situazioni il Sindaco è sicuramente responsabile e questo è un elemento di grande rilevanza. Ma questa responsabilità può essere meglio gestita se i propri cittadini non rimangono fruitori passivi, ma diventano attori delle dinamiche che rendono la propria comunità capace di reagire di fronte a eventi emergenziali. Questo ha un peso rilevante anche nella capacità di reazione delle altre componenti del sistema. Il recente terremoto in Centro Italia ha visto una bella reazione delle comunità colpite e questo ha consentito agli amministratori e alle strutture operative di lavorare meglio e di operare in un contesto reattivo. Del resto non è difficile credere che dove il cittadino sia parte attiva del sistema di protezione civile, soprattutto nelle situazioni a basso-medio rischio, l’emergenza sia gestita in modo più efficace”.
Ma durante terremoti così devastati invece, c’è qualcosa che si può fare?
“Io credo che la conoscenza e la preparazione siano fondamentali in eventi così importanti e devastanti. Per ottenere la necessaria consapevolezza è una buona pratica costruire percorsi partecipati per i piani di Protezione Civile per far capire ai cittadini che sono essi stessi parte integrante del sistema di risposta alle emergenze e che ognuno di loro può contribuire a migliorare i contenuti della pianificazione di emergenza. I piani devono diventare meno tecnici e devono ‘umanizzarsi’ grazie al confronto con le comunità alle quali sono destinati. I piani non devono quindi essere calati dall’alto ma scaturire dalla conoscenza e dalle esigenze rappresentate dal ‘basso’. Basti pensare al tema delle persone con disabilità in emergenza. Solo dialogando con le associazioni e con i cittadini si può pianificare interventi davvero efficaci. Questo dialogo dev’essere continuo e aperto. I cittadini che partecipano alla costruzione dei piani diventano “complici” in senso buono e conseguentemente più attivi e proattivi in emergenza. In Toscana CESVOT e ANCI hanno attivato un percorso di partecipazione che ha visto in tre Comuni una sperimentazione in tal senso che mi auguro venga presto estesa a tutto il territorio.”.
Quindi la comunicazione è la chiave di volta?
Assolutamente sì, comunicazione e partecipazione sono le chiavi di volta del sistema. Solo in questo modo un Sindaco sarà in grado di esercitare in emergenza quella responsabilità che la normativa gli assegna. Una comunità resiliente fa sentire meno solo un sindaco che, ricordiamolo, non è una figura astratta, è prima di tutto un cittadino, un uomo, una donna. Il sindaco di una città distrutta da un sisma è una persona che ha perso casa, amici, parenti, punti di riferimento. E’ una vittima che ha l’onere di occuparsi di una comunità trasferita e di un paese fatto di macerie e questa è una esperienza che fa male, malissimo. Quando la tua “polis” è gravemente compromessa il sistema che in ordinario hai contribuito a crescere e diventare resiliente ti aiuta a gestire al meglio la situazione. Il Sistema Nazionale di protezione civile, che ha ben lavorato, ha il compito di supportare quelle comunità che sono state colpite da eventi di grande entità. Farlo in un sistema locale che ha ben lavorato in ordinario è sicuramente meno complesso. ”.