La chemioterapia intraperitoneale: l'efficacia per alcuni tumori intestinali e ginecologici
Chemioterapia intraperitoneale: con la Chemio Ipertermia Intraperitoneale il farmaco antitumorale viene somministrato con soluzione fisiologica riscaldata direttamente nella cavità addominale durante la seduta operatoria oncologica, sfruttando l’effetto tumoricida del calore
La Chemioterapia intraperitoneale si chiama HIPEC, un acronimo inglese che sta per Chemio Ipertermia Intraperitoneale
A differenza del trattamento antitumorale tradizionale, il farmaco non viene infuso per via endovenosa ma somministrato con soluzione fisiologica riscaldata direttamente nella cavità addominale durante la seduta operatoria oncologica.
Questa tecnica coniuga da un lato la possibilità di sfruttare l’effetto del calore che, oltre a possedere di per sé proprietà tumoricide, favorisce l’ingresso nelle cellule di alcuni farmaci ed il loro effetto antitumorale. D
all’altro permette di esporre il tumore a dosi di chemioterapico notevolmente superiori a quelle possibili tramite l’infusione tradizionale, riducendo però al minimo gli effetti collaterali.
La chemioterapia intraperitoneale ipertermica viene effettuata una volta concluso l’intervento e si serve di un apposito macchinario dotato di tre cannule che vengono inserite nell’addome del paziente
Una cannula somministra il chemioterapico, un’altra la soluzione fisiologica riscaldata e la terza anidride carbonica. Il processo di somministrazione ed aspirazione del liquido introdotto continua per circa due ore e poi il paziente, salvo comorbidità che richiedano il ricovero in terapia intensiva, viene riportato in reparto.
La carcinosi peritoneale
Le neoplasie intestinali – come il cancro al colon-retto – e quelle ginecologiche possono avere come sito di progressione il peritoneo, la membrana sierosa che riveste interamente la cavità addominale.
Quando si presenta questa condizione clinica si parla di carcinosi peritoneale, che, tuttavia, non si verifica per tutti i tumori colo-rettali e ginecologici.
La conoscenza della storia naturale della malattia ha permesso di identificare i pazienti che al momento della diagnosi o del trattamento del tumore primitivo presentano specifici fattori di rischio per lo sviluppo della carcinosi.
Si tratta di pazienti con tumore primitivo del colon retto T4a o T4b e/o con carcinosi peritumorale asportabile chirurgicamente con la neoplasia primitiva oltre a pazienti con metastasi ovariche (tumore di Krukenberg).
Chirurgia profilattica associata a chemioterapia intraperitoneale HIPEC
Proprio per questo tipo di carcinomi negli ultimi decenni sono stati riportati in letteratura risultati incoraggianti per quanto riguarda l’utilizzo della chirurgia profilattica associata all’HIPEC.
In particolare recenti studi hanno dimostrato che in pazienti con cancro al colon retto ad alto rischio di carcinomatosi peritoneale, questa tecnica si è verificata in grado di migliorare la sopravvivenza a lungo termine e di ridurre il tasso di progressione della malattia sul peritoneo.
Lo studio CHECK
Lo studio CHECK è uno studio randomizzato di fase tre con due bracci.
Nel primo, quello sperimentale, i pazienti vengono sottoposti a chirurgia profilattica, con l’asportazione non solo del tumore primitivo ma anche di omento, appendice, legamento rotondo del fegato ed eventualmente ovaie nelle donne che rappresentano sedi ad alto rischio di carcinosi peritoneale.
Alla chirurgia viene associata la Chemio Ipertermia Intraperitoneale con Mitomicina, un antibiotico dall’azione antitumorale, che va ad eliminare possibili residui di cellule tumorali presenti nella cavità addominale.
Nel braccio comparatore, invece, i pazienti vengono sottoposti a chirurgia laparoscopica standard.
Dei tre pazienti trattati al Sacro Cuore di Negrar (Verona), due sono inseriti nel braccio sperimentale e uno in quello di confronto.
Obiettivi dello studio
L’obiettivo principale dello studio è quello di confrontare l’efficacia della chirurgia profilattica associata a HIPEC rispetto alla chirurgia standard in termini di sopravvivenza libera da recidiva locale, sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza globale in pazienti con carcinoma del colon-retto ad alto rischio di sviluppare carcinosi peritoneale.
L’obiettivo secondario dello studio è invece quello di confrontare il profilo di sicurezza della nuova metodica considerando mortalità e morbilità post-operatoria, durata dell’intervento e del ricovero.