La condizione reale dei Pronto soccorso italiani, l'analisi di Simeu sulle criticità nelle unità di PS, OBI e Medicine d'Urgenza
Pronto soccorso italiani, una condizione che non può non destare preoccupazione: la pandemia da Covid-19 ha fatto emergere tutte le criticità e le fragilità strutturali di un mondo da molti anni oggetto di tagli e mancati ripensamenti.
A pagare il prezzo di errori e scelte sbagliate, i lavoratori e i cittadini. Una interessante analisi del quadro è stata analizzata dalla Società Italiana Medicina d’Emergenza-Urgenza (SIMEU), per mano del presidente Salvatore Manca.
Pronto soccorso italiani, l’analisi di SIMEU
“Come abbiamo più volte evidenziato – si legge nella nota di SIMEU -, l’emergenza sanitaria legata alla pandemia, con tutte le sue drammaticità, non ha fatto altro che mettere a nudo – amplificandole – le criticità del nostro sistema sanitario.
Premesso che del SSN italiano si debba sicuramente andare fieri per la sua universalità di accesso alle cure, non si possono negare le carenze accumulate nel corso dei decenni più recenti.
Le criticità che ci troviamo ad affrontare e che oggi mettono in crisi soprattutto le unità di PS, le OBI e le Medicine d’Urgenza – seppur note alla classe politica ed ai decisori – non hanno generato operazioni di adeguamento delle strutture, delle piante organiche e dell’organizzazione nelle UU.OO. deputate alla gestione della emergenza-urgenza.
È noto come in questa seconda fase pandemica le strutture siano stressate da un eccessivo carico di lavoro, schiacciate tra i problemi non risolti sul territorio e quelli dei reparti ospedalieri.
Da una recente indagine istantanea, curata dal Centro Studi SIMEU, allo scopo di fotografare la situazione dei PS attraverso i numeri, si evince che in quel momento, ca 12.000 covid positivi chiedeva assistenza a un pronto soccorso e di questi almeno il 10% con necessità di essere immediatamente trattato con ventilazione semintensiva (NIV), in attesa di essere trasferito poi ad un reparto specialistico.
Inoltre il 43% di questi pazienti (ca 5.200 persone) permangono oltre le 24 ore per l’impossibilità di trovare un posto letto, questo significa che in pronto soccorso i pazienti covid-19 vengono accolti, diagnosticati, adeguatamente trattati e molto spesso dimessi per esaurimento dell’iter di cura.
Solo il 21% degli ingressi rimane in pronto soccorso meno di 6 ore, standard previsto dal Ministero della Sanità per interventi definiti di emergenza.
Un primo importante passo per superare queste problematiche è sembrato essere l’emanazione del DL n° 34 del 19/05/2020 che contiene negli interventi previsti sulla sanità, la disposizione di notevoli finanziamenti per l’adeguamento strutturale delle Unità Operative di Emergenza-Urgenza e per la creazione di nuovi posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva.
Purtroppo però questi finanziamenti sono stati scarsamente utilizzati per cui di fatto poco è concretamente cambiato rispetto alle condizioni di operatività della fase 1.
Le esigenze reali della moderna Medicina di Emergenza-Urgenza
Queste carenze, che come società scientifica abbiamo spesso segnalato come disfunzionali anche in tempi precedenti alla crisi emergenziale 2020, sono diventate visibili e note anche al grande pubblico e oggetto di interesse per alcune indagini giornalistiche: l’inadeguatezza strutturale e di dotazione organica delle nostre Unità Operative non sono al passo con le esigenze di una moderna Medicina di Emergenza-Urgenza.
Inoltre alle croniche – spesso gravi – insufficienze di medici ed infermieri si sono sommate le esigenze legate ad una situazione di riconosciuta eccezionalità e la necessità di “sdoppiamento” delle unità operative di soccorso tra “pulite” e “sporche”.
Percorsi, diagnosi, accoglienza, trattamenti differenziati significano un grandissimo dispendio di energie per il personale che, non solo non è stato raddoppiato per rispondere alle mutate esigenze di protocollo e per assicurare continuità alle cure ed al servizio, ma si trovava già sottodimensionato prima dell’esplosione della pandemia.
Le istituzioni hanno cercato di far fronte a questa difficoltà con assunzioni di personale medico neolaureato, di fatto non specializzato e spesso senza esperienza nella gestione di pazienti complessi e dalle casistiche tanto differenziate (da eseguire per altro in tempi rapidissimi) e con una diagnostica avanzata quali quelli che afferiscono alle nostre unità.
I numeri reali nei Pronto soccorso italiani
Mai come oggi le competenze degli operatori della emergenza-urgenza si sono dimostrate indispensabili e insostituibili per poter gestire in contemporanea l’emergenza Covid e le necessità dei pazienti non Covid che in questa seconda fase non hanno smesso di fare riferimento al servizio, come invece era accaduto nella scorsa primavera.
Si stima che nel momento dell’istantant survey i pazienti non covid nei PS siano 24.500, questo significa che sono di fatto il doppio di quelli covid.
Non è retorica dire che i medici e gli infermieri professionisti dell’Emergenza-Urgenza hanno scelto per credo e passione il loro lavoro, per il quale sacrificano molto della loro vita.
Non è retorico evidenziare il loro spiccato senso del dovere e spesso anche la loro abnegazione e non è più concepibile dare per scontato questo sforzo.
Non si può non riconoscere quanto le nostre strutture siano gravate da richieste di prestazioni che nulla hanno a che vedere con la nostra specialità e competenza e che sottraggono tempo ed energie alla gestione dei casi critici.
Mi giungono numerose, non a caso e da ogni parte d’Italia, le segnalazioni di enormi preoccupazioni da parte dei Medici e Infermieri dei Pronto Soccorso inerenti alla gestione del numero e della tipologia di pazienti che giornalmente afferiscono alle UU.OO.
Le segnalazioni di medici ed infermieri dei Pronto soccorso italiani
Segnalazioni che hanno come unico scopo l’analisi finalizzata alla condivisione delle esperienze per poter affrontare al meglio le difficoltà e assicurare la qualità del servizio e delle prestazioni di risposta sanitaria e che invece vengono purtroppo troppo spesso strumentalizzate e interpretate in modo pretestuoso da parte di chi dovrebbe invece concretamente essere attivo e decisionale per migliorare lo status dei servizi.
Abbiamo recentemente assistito a casi di sanzioni disciplinari nei confronti di colleghi che hanno avuto il coraggio di evidenziare pubblicamente tali criticità.
Come SIMEU – società scientifica medicina emergenza-urgenza – vogliamo prendere posizione per dar voce ai professionisti dell’emergenza ospedaliera e territoriale che ogni giorno si trovano risolutamente a operare in situazioni che possiamo definire estremamente complesse, soprattutto per via delle descritte limitatezze difficilmente superabili nell’attuale contesto.
Questi professionisti meritano rispetto.
Mi faccio personalmente portavoce del sostegno alle giuste rivendicazioni che provengono proprio da chi opera in prima linea sentendone forte e viva la responsabilità, senza per altro dimenticare quanto a rischio sia ogni giorno la loro incolumità”.