L'ambulanza della morte: dove si dovrebbe fermare il giornalismo?
Il servizio delle Iene andato in onda il 21 maggio ha fatto informazione o ha solo fatto sensazionalismo danneggiando una categoria di persone formata da 4 milioni e mezzo di italiani fra volontari e professionisti?
PARMA – “Ammazzano la gente per 300 euro, ma stiamo scherzando?”. “Gli inniettano aria nelle vene”. “Sulle ambulanze uccidevano le persone”.
Domenica sera la trasmissione “Le Iene” ha denunciato una serie di reati che – se fossero realmente accaduti – dovrebbero portare a decine di arresti. I reati ipotizzati dal servizio della trasmissione di Italia 1 partono dall’omicidio preterintenzionale per arrivare fino all’abuso in atti d’ufficio, coinvolgendo decine di persone.
Secondo Le Iene in Italia esiste – in un non meglio identificato paesino, dove esiste però un non ben identificato ospedale – una ambulanza della morte, di una associazione non chiaramente individuabile. Tramite le testimonianze di due persone di cui non si conoscono generalità o ruoli, è stato completamente denigato il sistema dell’emergenza urgenza e dei trasporti sanitari, ammantando di dubbi l’opinione di qualche milione di italiani. Vedendo un servizio simile in televisione ci siamo chiesti: dove finisce il diritto di cronaca e dove inizia il dovere della denuncia e dell’attesa di un reale passo giudiziario nei confronti degli accusati?
E’ possibile oggi mettere sulla graticola una persona o un’intera categoria, senza sapere minimamente se le informazioni che vengono date hanno un reale riscontro oppure no?
Cerchiamo di entrare a livello sanitario nella vicenda raccontata dalle Iene. Prima di tutto c’è il fatto eclatante: secondo la ricostruzione di due testimoni i pazienti anziani, più debilitati e in condizioni precarie, venivano uccisi tramite l’iniezione con agocannula di bolle d’aria nel sangue. Anche se nel servizio non ne da traccia, si parla di un’embolia gassosa procurata.
L’ E.G.A. (Embolia Gassosa Arteriosa o traumatica) è una tipica sindrome da sport subaquei. E’ una patologia gravissima, causata dal passaggio di gas nel circolo arterioso a seguito di traumi, interventi chirurgici, emodialisi, infusioni arteriose o venose, oppure ancora a seguito di sovradistensione polmonare dove, a seguito della rottura alveolare polmonare, si determina una comunicazione diretta fra l’aria polmonare e il circolo arterioso.
In un’ embolia gassosa l’embolo è formato da una o più bolle di gas entrate in circolo fra i vasi sanguigni. Può essere provocata da interventi chirurgici o da un uso improprio della siringa nella somministrazione di liquidi endovenosi.
Questi omicidi, secondo la ricostruzione delle Iene, vengono commessi per lucrare sull’organizzazione del funerale della vittima, dato che il paziente morto in ambulanza verrebbe preparato e inviato all’agenzia di pompe funebri direttamente dall’ambulanza che ha commesso il crimine, sfruttando il trauma dei parenti che “avevano lasciato vivo l’uomo all’ospedale e se lo ritrovano morto”.
Tecnicamente però, la dimissione da un ospedale non avviene tramite “una macchina con una barella” che “non ha un registro di niente”. A meno che il paesino non meglio identificato si trovi in una Regione a statuto molto speciale, in Italia le dimissioni di un paziente vengono effettuate tramite ambulanze di associazioni o società convenzionate, oppure da ambulanze di società private chiamate dai parenti stessi. Queste, in ogni caso, devono compilare una scheda paziente con i dati minimali della persona trasportata. Se poi avviene un decesso a bordo di un mezzo di soccorso, è legalmente impossibile che a decidere se il paziente è morto o meno sia un volontario a bordo del mezzo. A determinare il decesso di un essere umano deve essere solo ed esclusivamente un medico. Constatare il decesso significa dichiarare la morte di una persona, e il certificato di constatazione del decesso, viene compilato da qualunque medico che sia intervenuto. Riguarda l’atto formale che dichiara la morte di un individuo. Un’agenzia di pompe funebri, senza un certificato di morte, non può toccare un corpo.
La “constatazione di decesso” determina legalmente che sono cessate le funzioni vitali del corpo e che eventuali manovre rianimatorie sono ineffiaci. Questo certificato viene inviato all’Ufficiale di Stato Civile che annota l’avvenuto decesso di una persona nel territorio comunale di competenza. Ma non è finita qui. Le cause della morte devono essere denunciate al Sindaco del Comune, con ora, luogo e dati ISTAT richiesti. Perché la morte di una persona non deve essere solo registrata dal Comune di residenza, ma anche dall’ufficio statistiche per registrare il “come” è avvenuto un decesso. (FONTE: QUI)
In caso di decesso senza assistenza medica (Circ. Ministero della Sanità n.24 del 24.06.1993 “per assistenza medica è da intendersi la conoscenza da parte del medico curante del decorso della malattia indipendentemente dal fatto che il medico abbia o meno presenziato al decesso”) la denuncia della presunta causa di morte è fatta dal medico necroscopo, in seguito ad accertamenti, ovvero al “riscontro diagnostico”. L’obbligo della denuncia della causa di morte è fatta anche ai medici incaricati di eseguire le autopsie disposte dalle autorità giudiziarie o per riscontro diagnostico.
La scheda ISTAT ha esclusivamente finalità sanitarie, epidemiologiche e statistiche. Rappresenta la più importante fonte di dati epidemiologici attualmente disponibile in Italia e dai dati da essa forniti discendono in larga parte gli interventi per l’assistenza sanitaria e la programmazione della Sanità Pubblica. La scheda consta di due parti: la parte A è costituita da due sezioni, l’una riservata alla ipotesi di morte per causa naturale, l’altra alla morte per causa violenta, da compilarsi a cura del medico e la parte B da compilarsi a cura dell’ufficiale di Stato Civile.
Chiuso a questo punto l’aspetto più tecnico della gestione di una morte a bordo dell’ambulanza, resta da affrontare il modo e il metodo con cui si è raccontato ciò che avviene in questo ospedale. Ripetiamo: l’accusa – pesante e grave – è di omicidio preterintenzionale, che riguarda a questo punto centinaia di persone e le cui responsabilità sono a carico di più persone. E’ il caso di trattare giornalisticamente in questo modo accuse così pensanti che mettono in apprensione milioni di italiani, magari anche lontani migliaia di chilometri dal luogo dove è avvenuta questa ipotetica strage?
Situazioni simili non fanno che aumentare la necessità di trasparenza e di regolamentazione forte nel settore dell’emergenza-urgenza e dei trasporti sanitari, ma certamente non può essere un caso – se accertato – di malavita organizzata all’interno del Sistema sanitario a dover buttare la croce dell’ignominia su tutti i volontari dell’emergenza.
Un ulteriore documento sulle procedure per la definizione di atto di morte, passaggio abbastanza cruciale in questi frangenti, si trova in questo documento:
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