Malattie rare, dall'Osservatorio il primo rapporto su Best Practice in emofilia
Emofilia. Analizzare i benefici sui pazienti con emofilia che derivano da un’assistenza fondata sul valore (VBHC – Value Based Health Care), grazie ad un rinnovato sistema salute in grado di ridurre i costi sanitari ma soprattutto di garantire una sempre maggiore qualita’ e innovazione tecnologica.
EMOFILIA, IL RAPPORTO DELL’OMAR
È l’obiettivo che si e’ prefisso il Rapporto ‘Il valore della cura e dell’assistenza nell’emofilia‘, ideato dall’Osservatorio Malattie Rare e presentato oggi nel corso di una conferenza stampa online.
Il progetto, al quale ha lavorato un gruppo multidisciplinare composto da medici, farmacisti ospedalieri e rappresentanti delle associazioni di pazienti, e’ stato realizzato con il contributo non condizionato di CSL Behring ed edito da Rarelab.
EMOFILIA, COS’E’ IL MODELLO VBHC
Come spiegano gli esperti nel Rapporto, si tratta di un approccio che “privilegia le misure di esito rispetto a quelle tradizionali centrate sul volume di attivita’” e che “considera il beneficio reale e percepito del paziente, ponendolo davvero al centro del percorso di cura”.
Tale approccio, in particolare, implica il superamento dell’impostazione ‘a silos’ e quindi porta a considerare il farmaco all’interno di un percorso di cura piu’ ampio in cui l’assistenza sanitaria viene rimodulata in base alle necessita’ che emergono dalle singole patologie.
In questo percorso un ruolo fondamentale “puo’ e deve giocarlo l’azienda farmaceutica- si legge ancora nel Rapporto- supportando il settore ben oltre il mero sviluppo e fornitura della terapia farmacologica”.
IN ITALIA OLTRE 10MILA PAZIENTI CON EMOFILIA
L’Osservatorio Malattie Rare ha quindi ritenuto necessario analizzare l’applicazione della VBHC alle malattie rare, partendo dall’emofilia, una patologia di origine genetica dovuta a un difetto nella coagulazione del sangue che, secondo gli ultimi dati diffusi nel 2017 dall’Istituto superiore di Sanita’, colpisce in Italia 10.627 pazienti.
BARTOLI: “SOLO IL 10% DELLE MALATTIE RARE NOTE HA UNA TERAPIA SPECIFICA”
“Delle oltre 7mila malattie rare note a malapena il 10% ha una terapia specifica- ha spiegato durante la conferenza online Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di OMaR-.
Quando una terapia arriva o e’ in avanzata fase di sperimentazione, a cambiare in meglio non e’ solo l’aspetto terapeutico: la rivoluzione per i pazienti va ben oltre.
È a partire da quel momento che aumenta la conoscenza della patologia nella classe medica e nell’opinione pubblica, il processo di diagnosi (anche se spesso sempre deficitario) si velocizza, nascono servizi, migliora l’approccio multidisciplinare e a volte si giunge anche alla codificazione di PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali), una garanzia di corretta presa in carico”.
Il merito di questo, secondo Ciancaleoni Bartoli, va “in larga parte agli investimenti che le aziende farmaceutiche fanno- ha sottolineato- parallelamente al processo di ricerca, sull’awareness e sui servizi.
Sono sforzi che vanno ad aumentare il valore stesso della terapia e questo approccio, ‘Value Based Health Care’, costituisce un supporto importante all’intero sistema sanitario.
Un aspetto che noi di Osservatorio Malattie Rare verifichiamo ormai da dieci anni e per questo abbiamo pensato che fosse importante metterlo nero su bianco partendo da alcuni casi studio, prendendo una patologia come riferimento e allo stesso tempo andando a valutare le iniziative diverse dalla ricerca messe in campo da una azienda: abbiamo cominciato dall’emofilia e dall’impegno di CSL Behring”.
I TEMI AL CENTRO DEL RAPPORTO
Alla discussione hanno partecipato anche i protagonisti che hanno contribuito alla stesura del Rapporto, frutto di mesi di lavoro: clinici, farmacisti ospedalieri, economisti, rappresentanti delle associazioni di pazienti e dell’azienda farmaceutica stessa.
Dalla gestione dell’emergenza all’accoglienza in pronto soccorso, dalla diagnosi al processo di cura fino al trattamento delle complicanze.
Sono tante le questioni affrontate nel Rapporto, perche’ oggetto di progetti specifici e voluti dall’azienda nel corso degli anni e volti a migliorare gli aspetti problematici.
“Si tratta di esempi concreti di come il sistema salute si stia avvicinando sempre piu’ a un modello di nuove tecnologie sanitarie– hanno spiegato gli esperti- che segue l’approccio orientato alla Value Based Health Care (VBHC), l’assistenza fondata sul valore“.
Di tale modello e’ stato analizzato sia l’impatto economico sia la capacita’ di produrre benefici non solo ai pazienti, ma anche all’operato dei clinici e a tutto il sistema sanitario, che ha potuto integrare questi progetti nella costruzione di piu’ efficaci ed efficienti percorsi clinici.
BINETTI: “NEL MONDO ‘RARO’ LE AZIENDE FARMACEUTICHE SONO UN PARTNER DEL SSN”
A confermare questo approccio, che va sempre piu’ diffondendosi, e’ stata anche la senatrice Paola Binetti, presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare: “Nell’ambito delle malattie rare il concetto di ‘alleanza’ e’ ampio- ha commentato- non riguarda solo clinici e istituzioni, ma anche pazienti e aziende farmaceutiche.
Queste ultime, in particolar modo, hanno obiettivi che coincidono perfettamente con le richieste dei malati per quanto riguarda i farmaci orfani, e cioe’ dare risposte ai bisogni nelle patologie in cui i bisogni non soddisfatti sono spesso il 100% delle esigenze.
Ecco, allora, che nel mondo ‘raro’ l’azienda diventa un partner per il Servizio Sanitario Nazionale e non piu’ un mero fornitore”.
Il Rapporto vuole anche essere un contributo ad una maggiore consapevolezza della sfida posta dall’emofilia in termini di nuove opportunita’ terapeutiche e di formazione del paziente.
L’esempio di CSL Behring, caso studio analizzato nel Rapporto, dimostra che “le aziende farmaceutiche non hanno solo il compito di fornire un farmaco efficace ai pazienti- hanno detto ancora gli esperti durante l’evento- ma sono in grado di fare la differenza anche tramite il supporto o l’attivazione di progetti che possono portare valore a tutte le figure coinvolte nella cura dell’emofilia.
Le esperienze raccontate nel documento costituiscono un fondamentale tassello per il processo di cambiamento verso la VBHC, utile per ridurre i costi sanitari e garantire qualita’ e innovazione per i pazienti e rappresentano un modello che potrebbe essere preso come esempio per tante altre patologie rare o anche non rare”.
LIMONGELLI: “PROGRAMMI AZIENDE FARMACEUTICHE VALUE BASED HEALTH CARE UTILI PER SVILUPPO DEI PTDA”
I programmi delle aziende farmaceutiche basati sulla Value Based Health Care, e quindi sull’assistenza fondata sul valore, sviluppati e coordinati in sinergia con il sistema sanitario possono essere “sicuramente utili allo sviluppo di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, i cosiddetti PTDA- ha confermato Giuseppe Limongelli, responsabile del Centro di coordinamento Malattie Rare della Regione Campania-.
Percorsi che possono essere adattati alle esigenze delle singole Regioni e attuati attraverso la creazione di unita’ specifiche di malattie rare a seconda delle competenze dei vari centri”.
CASSONE: “LE ISTITUZIONI DIANO RISPOSTE AI PAZIENTI CON PATOLOGIA CRONICA”
Il supporto delle aziende puo’ essere utile laddove intervenga per soddisfare quei bisogni che il SSN non riesce ancora a garantire. “L’augurio e’ che le istituzioni prendano atto, alla luce anche di quanto la recente emergenza Covid-19 ha reso evidente, delle peculiari fragilita’ di persone che convivono con una patologia pregressa e cronica, come nel caso degli emofilici- ha detto Cristina Cassone, presidente di FedEmo (Federazione delle Associazioni Emofilici)- e che si impegnino a dare risposte ai bisogni dei pazienti che rimangono ancor oggi insoddisfatti, adoperandosi al meglio per attivare servizi concreti a salvaguardia del diritto alla salute di tutti i cittadini, a partire da quelli piu’ deboli ed esposti”.
L’IMPORTANZA DELL’EMPOWERMENT DEL PAZIENTE CON EMOFILIA
È necessario dunque insistere anche sull’empowerment del paziente, cioe’ sulla conquista della consapevolezza di se’ e del controllo sulle proprie scelte e azioni attraverso un percorso di formazione.
Un’esigenza sostenuta anche dalla Fondazione Paracelso, che promuove progetti di ricerca scientifica e interventi sociali al fine di migliorare l’assistenza alle persone con emofilia.
BUZZI: “INFORMAZIONE ADEGUATA PER UNA CONVIVENZA MIGLIORE CON LA MALATTIA”
“Un sostegno formativo puo’ certamente migliorare la capacita’ di affrontare al meglio la propria situazione- ha spiegato Andrea Buzzi, presidente della Fondazione Paracelso-.
Scopo dell’educazione terapeutica, in effetti, e’ quello di assicurare al paziente un’informazione adeguata, cosi’ che possa curarsi al meglio delle possibilita’ offerte dalla medicina rispetto ai suoi bisogni e alle sue condizioni in vista di una convivenza quanto piu’ possibile armonica con la malattia.
Riteniamo che migliorare la conoscenza dell’emofilia possa contribuire a facilitare la ricerca di un rapporto equilibrato con essa, favorendo il pieno inserimento della persona e della sua famiglia nel corpo sociale secondo i desideri e le aspettative”.
Diversi sono i progetti specifici attivati dall’azienda che sono stati analizzati quali esempio di attivita’ volte a migliorare la qualita’ di vita dei pazienti e il funzionamento dell’intero sistema.
Uno di questi e’ il progetto PK@Home, il servizio di assistenza domiciliare attivato nel 2017 e realizzato da CSL Behring con l’obiettivo di aiutare i centri emofilia a sostenere il carico terapeutico venendo al contempo incontro alla necessita’ delle persone di conciliare terapie e vita privata.
“Il programma permette ai pazienti di effettuare l’analisi farmacocinetica a domicilio, diminuendo cosi’ gli accessi ai centri- ha spiegato Cristina Santoro, del Servizio di Diagnosi Speciale e Terapia dell’Emostasi e della Trombosi della U.O.C di Ematologia presso l’azienda ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I di Roma-.
Al contempo offre ai centri risorse dedicate ai fini dell’addestramento infermieristico, garantendo elevati standard qualitativi e di sicurezza grazie al personale altamente qualificato.
Altro fronte su cui lavorare e’ la raccolta dei dati sulla esperienza di ‘real life’.
Infatti, gli studi clinici vengono condotti su un numero limitato di pazienti molto selezionati per caratteristiche cliniche.
È essenziale, allora, che un’azienda farmaceutica promuova raccolte dati di ‘real world’ che riflettano cio’ che accade nella pratica clinica; nel caso del rVIII-Single Chain cio’ e’ stato realizzato con il progetto di interviste a medici e pazienti”.
SCHMITT: “PROGETTO FACTORS@HOME PER GARANTIRE CONTINUITA’ TERAPEUTICA”
Un altro dei progetti esaminati a titolo di esempio e’ piu’ recente ed e’ stato sviluppato con l’emergenza Covid-19, periodo in cui i pazienti emofilici hanno dovuto limitare gli accessi in ospedale per evitare il rischio di contagio.
Per questo CSL Behring ha lanciato Factors@Home, un servizio di consegna a domicilio dei medicinali per l’emofilia attivo su tutto il territorio nazionale fino al 30 settembre 2020.
“La prestazione non prevede alcun onere economico per il paziente ne’ per la struttura sanitaria- ha sottolineato Oliver Schmitt, amministratore delegato di CSL Behring Italia- Factors@Home vuole garantire la continuita’ terapeutica con i medicinali salvavita e, allo stesso tempo, ridurre il numero di accessi ai presidi farmaceutici contribuendo al rispetto dei programmi di tutela della salute previsti dalle istituzioni.
La pandemia, e’ ormai chiaro, ha messo ancora piu’ in evidenza la necessita’ di questo approccio olistico da parte dell’azienda- ha concluso- e il ruolo che essa puo’ avere nella generazione di valore per il paziente e per il sistema sanitario”.