Milano, 150 medici specializzandi in sit-in: “Senza di noi niente Usca”
Medici specializzandi in sit-in a Milano: ieri mattina 150 ‘camici grigi’ hanno partecipato ad un flash mob all’Arco della Pace, per chiedere lo ‘sblocco’ di una situazione che grava sul sistema sanitario in un periodo di grande necessità
“Molti specializzandi non sanno se, dove e in quali reparti verranno assegnati.
Molti stanno rinunciando ad altri incarichi, nell’ottica proprio di capire se potranno o no entrare in specializzazione.
Da questo stallo ad esempio le attività delle Usca sono molto penalizzate, ora che ce ne sarebbe enorme bisogno”.
Chiara Quisisana, medico abilitato in attesa di specializzazione, è una delle organizzatrici del flash mob di questa mattina all’Arco della Pace.
Una dei tanti medici specializzandi che in Lombardia attende di sapere qualcosa sul suo futuro formativo.
MEDICI SPECIALIZZANDI, SONO 2.375 I POSTI VACANTI NELLE STRUTTURE
“Sul numero di persone interessate da questa situazione a Milano e in regione è difficile fare un calcolo preciso, dato che il concorso è nazionale, così come la graduatoria che ne emerge”, spiega Quisisana.
Quello che si sa è che in Lombardia sono 2.375 i posti in attesa di essere coperti da medici specializzandi tra strutture statali, regionali e militari.
Per fare un esempio, solo alla Statale di Milano sono attualmente vacanti 84 posti da rianimatore/anestesista, sui 1.600 totali in tutto il paese.
Posti che attualmente non sanno chi li coprirà, a quasi tre mesi dal 22 settembre in cui si è svolto il test.
All’Arco della Pace, ieri mattina, erano più di 150 gli specializzandi a manifestare.
Nel mirino avevano soprattutto il ministro all’Università Manfredi, colpevole a loro dire dello stallo che paralizza migliaia di giovani medici, in attesa di indicazioni sui risultati del concorso e su dove effettuare la specializzazione.
Uno dei problemi è l’impatto dei ricorsi nei confronti del ministero, rispetto ad alcuni errori presenti nella prova del concorso.
“Manfredi non vuole finanziare neanche una borsa in più, cosa che avrebbe permesso di sterilizzare l’impatto di eventuali ricorsi vincenti.
È incredibile che l’idea non sia stata nemmeno presa in considerazione, soprattutto per la situazione in cui ci troviamo con il Covid”.
EMERGENZA COVID, I MEDICI SPECIALIZZANDI POTREBBERO AIUTARE SUBITO NEI PRESIDI
Lo sblocco della situazione avrebbe avuto infatti, per Quisisana, un impatto immediato anche nelle scorse settimane sulla sanità a Milano e in Lombardia, messa in ginocchio dalla pandemia.
“I circa 10.000 medici che non sarebbero riusciti ad entrare in specializzazione, avrebbero coperto già da tempo presidi importanti sul territorio che non vengono solitamente interessati da assunzioni”.
Si parla ad esempio di ruoli nelle guardie mediche o nelle sostituzioni dei medici di base.
Tutti ambiti “coperti da noi ‘camici grigi’– spiega la portavoce degli specializzandi milanesi- ovvero medici abilitati ma non ancora in specializzazione”.
In Lombardia, come in tutta Italia, risolvere il problema permetterebbe inoltre di aiutare le strutture sanitarie nel fondamentale ricambio del personale.
Infatti, prosegue Quisisana, “molti medici specializzandi attivi negli ospedali, quando finiscono il loro ultimo di anno di specializzazione poi non sempre rimangono nell’ospedale dove si sono formati.
Si crea carenza di organico che non sta venendo coperta, in mancanza dello sblocco, da quelli del primo anno”.
Una scarsità di personale “che si accoppia a quella già presente a livello strutturale da anni, con i pensionamenti che avranno un boom dei prossimi 4-5 anni, anche negli ospedali milanesi e lombardi”.
Abolire il cosiddetto imbuto formativo, una delle principali richieste dei medici in mobilitazione, servirebbe dunque anche a “ripristinare un numero di specialisti adeguati alla domanda di lungo periodo”.
Quisisana e i medici in mobilitazione aspettano notizie a breve dal Miur.
Il 15 dicembre ci sarà la riunione del Consiglio di Stato, ma per Quisisana “i risultati arriveranno nei giorni successivi, speriamo prima di Natale e non dopo l’Epifania”.
Periodo sul quale aleggia, come se non bastasse, il rischio di una terza ondata.
Anche per questo motivo “sarebbe il caso di intervenire subito”, chiude Quisisana.