Monito dall’Ausl di Bologna: “I medici mettano un freno alle analisi pre-vaccino”
Analisi pre-vaccino, gli esperti dell’azienda sanitaria locale e del Policlinico Sant’Orsola mettono in guardia dalle dannose conseguenze di eccessive indagini diagnostiche non mirate
Analisi pre-vaccino alla ricerca di reazioni avverse: da guardare con attenzione
I medici mettano un freno alle analisi preventive al vaccino, alla ricerca di eventuali predisposizioni alle reazioni avverse, perchè “inducono una cascata di dannose conseguenze”, come falsi positivi o falsi negativi.
Il monito arriva dagli esperti dell’Ausl e del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, in un documento firmato dall’infettivologo Pierluigi Viale e dal direttore sanitario dell’azienda, Lorenzo Roti, inviato all’Ordine dei medici di Bologna.
Era stato proprio il presidente dell’ordine, Luigi Bagnoli, a chiedere un parere ad Ausl e Policlinico a seguito di alcune segnalazioni di “indicazioni prive di alcuna fondatezza su accertamenti da proporre in previsione della vaccinazione per Covid-19”.
La risposta a quattro mani di Viale e Roti è netta.
“La buona pratica clinica- spiegano gli esperti- prevede che la somministrazione di un vaccino sia preceduta da un’accurata anamnesi per la valutazione delle condizioni di salute di ogni singolo paziente e per escludere controindicazioni”.
Tuttavia, aggiungono, occorre prestare la massima attenzione nella prescrizione di indagini diagnostiche pre-vaccino non mirate
Al di fuori di programmi di screening ben definiti, gli esami rivolti ad identificare una ‘predisposizione’ a reazioni avverse, senza correlazione a quadri clinici specifici inducono una cascata di dannose conseguenze: falsi positivi e falsi negativi; sovra e sotto trattamento“.
Si tratta di un “criterio generale di appropriatezza clinica”, spiegano ancora Roti e Viale, che “trova una particolare indicazione nel caso di campagne di vaccinazione come quella in atto contro il Covid-19, nella quale è fondamentale la copertura tempestiva della gran parte della popolazione per contrastare efficacemente la circolazione virale e lo sviluppo delle varianti”.
Nella loro comunicazione all’Ordine dei medici, Ausl e Policlinico di Bologna ci tengono poi a ricordare che l’infezione da Covid “pregressa o in atto non costituisce controindicazione né espone a effetti collaterali aumentati al vaccino“.
Da questo punto di vista, Viale e Roti sottolineano che “tutti i trial delle vaccinazioni attualmente approvate in Italia hanno confermato un profilo di sicurezza paragonabile tra chi ha avuto una pregressa infezione da Sars-CoV2 e la popolazione naive.
Anche gli studi ‘real life’ hanno confermato questo dato nelle persone che hanno già contratto il Covid, documentando l’assenza di reazioni gravi dopo la vaccinazione con un profilo di reattogenicità locale lievemente diverso, ma complessivamente ben tollerato e di breve durata”.
La malattia pregressa, però, sia in forma sintomatica o asintomatica, “non esclude una successiva reinfezione”.
In generale, continuano Viale e Roti, il vaccino è controindicato solo a chi ha reazioni agli eccipienti contenuti nel siero o a chi ha avuto effetti collaterali gravi dopo la prima dose“.
In caso di patologie autoimmuni e immunodeficienza, invece, “il vaccino è fortemente consigliato poiché l’infezione espone a un elevato rischio di malattia grave.
Le più recenti evidenze scientifiche confermano peraltro che la sicurezza delle vaccinazioni anti-Covid nei pazienti affetti da patologie autoimmuni sia paragonabile alla popolazione generale”.
Al momento, inoltre, gli scienziati “non hanno identificato parametri ematochimici che controindichino la vaccinazione” e anche “pazienti con nota trombofilia o con precedenti trombosi non siano esposti a un rischio aumentato di complicanze rare dopo la vaccinazione anti-Covid”.
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