Niente partite senza defibrillatore. "La legge Balduzzi non basta, ecco perché"

Giorgio Castelli
Giorgio Castelli

Quando si parla della Fondazione Castelli si fatica a trattenere la commozione. Giorgio Castelli era un sedicenne che la sera del 24 febbraio 2006 ha perso la vita fra le braccia del gemello Alessio e del fratello maggiore Valerio, fra gli sguardi attoniti dei compagni di squadra. Giorgio ha perso la vita perché non c’era un defibrillatore nel centro sportivo dove si stava allenando. Da allora la famiglia Castelli lotta e lavora tutti i giorni perché l’Italia sia un paese più cardioprotetto, più consapevole dei rischi cardiaci e maggiormente pronto a intervenire in caso di arresto cardiocircolatorio con la RCP e le pratiche BLS-BLSD. Una missione che ha portato la Fondazione a installare più di 360 defibrillatori in tutta Italia e che – oggi – fa della GC6 un punto di riferimento fra le onlus italiane dedicate anima e corpo all’implementazione dei defibrillatori nelle strutture sportive dove milioni di giovani ragazzi italiani si allenano, si divertono e crescono ogni giorno. Per questo Vincenzo Castelli, medico e padre di Giorgio, ha spiegato durante il congresso IRC2015 il lavoro paziente e certosino di mappatura e di reportistica sull’uso e l’importanza dei defibrillatori installati dalla sua associazione, dando strumenti fortissimi nelle mani di chi deve promuovere la diffusione di questo strumento in tutta Italia e in tutte le realtà sportive del nostro paese. Perché mancano poco più di 60 giorni all’obbligo di dotarsi di defibrillatori e il panorama nazionale non è affatto confortante.

Dottor Castelli, come siamo messi con la diffusione dei defibrillatori e con la cultura della cardioprotezione?

“L’auspicio è che si diffonda il concetto e la cultura dell’emergenza, che è fondamentale per avere persone pronte ad intervenire. In una diapositiva mostrata durante il congresso (che trovate al termine di questo articolo ndr) ho detto chiaramente che non è il posizionare il defibrillatore quanto la sensibiliazzaione e l’addestramento delle persone a salvare delle vite umane. Poi viene il defibrillatore. L’installazione e la diffusione può avvenire anche in futuro, ma ciò che mi da speranza è anche la presenza massica di medici, infermieri, soccorritori e laici al convegno IRC. Queste mille persone sono una testimonianza enorme.

Fra poco più di due mesi deve entrare in vigore la Legge Balduzzi. Qual’è la sua sensazione?

Siamo alla vigilia dell’applicazione della legge Balduzzi per la cardioprotezione degli impianti sportivi ed è una cosa molto importante. Speriamo che l’applicazione di questa legge non subisca alterazioni, perché sarebbe un grosso problema e una grave sconfitta di chi si è impegnato per la defibirllazione e la cardioprotezione in questi anni.

Nel mondo dello sport però fin’ora si sono registrati atti positivi e atti negativi, luci e ombre molto forti. Fra federazioni (come Federginnastica) che non concederanno l’iscrizione al campionato a chi non avrà DAE e personale formato, e regioni come la Toscana che hanno rinviato l’applicazione della legge Balduzzi, c’è davvero di tutto. Lei che problematiche vede oggi?

castelli_donazionePurtroppo in Italia si arriva sempre all’ultimo momento. Sappiamo tutti che c’erano 30 mesi di proroga concessi dal legislatore per mettersi in ordine, installare il DAE e formare il personale.
E’ chiaro che se la Balduzzi viene applicata definitivamente così com’è, a gennaio si fermeranno le partite se non ci saranno i defibrillatori negli impianti sportivi.
Dobbiamo immaginare quello che potrebbe accadere nei campionati minori in cui l’arbitro si dovrà attivare per verificare la presenza del DAE, perché sarà un requisito indispensabile per la sicurezza del campo, come le porte a norma di regolamento o le recinzioni senza buchi o altri particolari pericolosi per la salute dei giocatori. L’arbitro non credo che si prenderà questo tipo di responsabilità, decisamente grandi. E’ lui la persona titolata a verificare che non ci siano oggettivi pericoli per svolgere le partite. L’AIA (Associazione Italiana Arbitri) sta dando direttive in questo senso e – a quanto mi risulta –  se non ci sarà il DAE non si potrà giocare la partita. E’ un grosso problema, a cui – paradossalmente – si voleva porre rimedio restringendo l’obbligo di cardioprotezione solo alle partite ufficiali. Ma la legge Balduzzi non è nata per tutelare e proteggere lo spettacolo, è nata per tutelare e proteggere gli sportivi. Questa proposta non salva le vite dei ragazzi, perché i dati scientifici dicono che si muore di più facendo allenamenti che non in gare di campionato. Questa cosa si deve sapere perché altrimenti sono proposte che rientrano nel campo delle stupidaggini.

Forse c’è anche un problema culturale, forse i genitori non sanno e non capiscono l’importanza del DAE…

Si, il nostro lavoro – di tutti quanti – è quello di creare una coscienza pian piano, tutti i giorni, perché si diffonda la cardioprotezione. Non è vero che lo sport fa male, fare sport però è una cosa seria, e ci vogliono crismi di sicurezza che forse oggi non ci sono. Forse anticipare l’entrata del giovane atleta nel mondo dell’agonismo va bene se gli facciamo fare visite adeguate. E’ importante che i genitori capiscano questo aspetto. Io ho visto – perché sui campi ci andavo anche io accompagnando mio figlio – situazioni paradossali. Ragazzi che giocano al sabato e poi vanno a giocare anche la domenica con categorie superiore perché sono bravini. Da questo punto di vista c’è una cattiva gestione da parte della società e del genitore. Perché ricordiamolo sempre, teniamolo a mente: Di giocatori Top Level ce ne sono pochi, e non si diventa Top Level con carichi di lavoro più alti. Bisogna gestire meglio gli sforzi dei ragazzi, che forse come primario obiettivo devono avere quello di divertirsi, di imparare il senso dell’educazione e del sacrificio, valori positivi che oggi quasi soltanto lo sport riesce a dare ai ragazzi. E – lo ribadisco – non è che lo sport non sia un’attività sicura, anzi. Ma il defibrillatore la rende ancora più sicura ed è importante far passare questo concetto.

 

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