Patogenesi del coronavirus: Spallanzani partecipa a ricerca internazionale 'Covid-19 diseasemap'

La patogenesi dell’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 costituisce una delle aree di ricerca cruciali sulla malattia COVID-19. Capire perche’ il virus provoca in alcuni pazienti sintomi gravi, mentre altri non avvertono nemmeno i sintomi, costituisce uno dei misteri ancora da scoprire su questo virus.

In quest’ambito, uno degli approcci piu’ promettenti e’ quello della network medicine, che utilizza la possibilita’ che oggi noi abbiamo di analizzare, in tempi ed a costi accessibili, enormi quantita’ di dati a livello molecolare per individuare cambiamenti genetici, interazioni proteiche, modifiche genomiche.

PATOGENESI DEL CORONAVIRUS, L’IMPORTANZA DELLA MAPPATURA

Il fine è facilmente intuibile: quello di individualizzare il profilo di ogni singolo paziente, e nello stesso tempo per costruire “mappe di malattie”

All’interno di queste ultime, le interazioni e gli scambi a livello molecolare tra manifestazioni patologiche all’interno dell’organismo sono considerati come nodi di una rete, con connessioni piu’ o meno intense con altre manifestazioni patologiche e fattori ambientali.

In questo nuovo e promettente campo di ricerca, l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” ha costituito un gruppo specifico, il COVID-19 Inmi Network Medicine for Infectious Diseases Study Group, coordinato da Francesco Lauria e Francesco Messina.

L’ equipe ha recentemente contribuito alla pubblicazione, sul server di preprint bioRxiv, di una importante analisi computazionale dell’interattoma ospite-patogeno nello studio dell’infezione da SARS-CoV-2.

PATOGENESI DEL CORONAVIRUS: COMPARAZIONE DELLE PROTEINE SPIKE DI 4 CORONAVIRUS UMANI

La ricerca ha comparato il modello 3D della proteina spike del SARS-CoV-2 con quella di altri tre coronavirus umani (SARS-CoV, MERS-CoV, HCoV-229E), evidenziando similarita’ strutturali e una comune capacita’ di legarsi al recettore ACE2 delle cellule dell’ospite umano.

La network analysis dell’interattoma sembra evidenziare che i meccanismi di immunita’ innata nell’ospite appaiono collegati a componenti come i recettori Toll like, le citochine e le chemochine.

La ricerca apre nuove prospettive nella comprensione dei meccanismi biologici dell’infezione e nel processo di ricerca farmaceutica e diagnostica.

Il gruppo di lavoro dell’Inmi sulla network medicine e’ divenuto inoltre partner del network internazionale COVID-19 Disease Map, recentemente costituito e del quale fanno parte 162 componenti di 25 nazioni.

PROGETTO COVID-19 DISEASE MAP, OBIETTIVO BANCA DATI SUL CORONAVIRUS

Obiettivo del progetto, come riporta la rivista Nature Scientific Data, e’ la costruzione di una banca dati.

In essa avranno spazio tutte le conoscenze disponibili sull’interazione tra il SARS-CoV-2 e l’ospite umano, che permetta, in un formato leggibile sia dall’uomo che dal computer, di integrare e rendere disponibile in forma efficiente, sistematica e costantemente aggiornata tutta la letteratura disponibile ed in continua crescita sull’argomento.

La COVID-19 Disease Map sara’ quindi una piattaforma aperta per l’esplorazione visuale e l’analisi computazionale dei processi molecolari che regolano l’ingresso del virus nelle cellule, la replicazione, le interazioni ospite-patogeno, le risposte immunitarie, i meccanismi di riparazione e di recupero.

La mappa di malattia, che sara’ messa a disposizione della comunita’ scientifica internazionale, fornira’ una piattaforma attraverso la quale clinici, virologi e immunologi potranno collaborare con data scientist e biologi computazionali per una rigorosa costruzione di modelli ed una accurata interpretazione dei dati, permettendo una piu’ calibrata verifica dell’efficacia dei farmaci disponibili.

Essa potra’ inoltre mettere in collegamento sesso, eta’ e altre caratteristiche di suscettibilita’ dell’ospite, progressione della malattia, meccanismi di difesa e risposta al trattamento.

Infine, potra’ essere utilizzata insieme alle mappe di altre malattie umane, in modo da poter studiare i meccanismi di comorbilita’.

PATOGENESI DEL CORONAVIRUS, LA VISIONE DEL DIRETTORE SCIENTIFICO INMI

“La partecipazione dell’Inmi alla costruzione di una mappa di malattia del COVID-19- commenta Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Inmi- conferma la bonta’ dell’iniziativa del nostro istituto di dare il via all’inizio del 2020, in era ancora pre-COVID, al progetto IT-IDRIN per applicare anche alle malattie infettive i principi della network medicine.

Tutto cio’ non sarebbe stato possibile senza le intuizioni e l’impegno di Francesco Lauria e Francesco Messina, che hanno coordinato i nostri sforzi e direi quasi costretto i nostri ricercatori a cominciare a ragionare in un modo nuovo, considerando le malattie infettive non piu’ come entita’ separate tra loro, ma come un network nel quale l’ingresso del patogeno avvia una serie di scambi molecolari con l’ospite ed anche con l’ambiente, che le capacita’ computazionali oggi disponibili ci permettono finalmente di cominciare ad esplorare”.

“La partecipazione dell’Inmi a questo importante network internazionale- conclude Marta Branca, direttore generale dell’Inmi- rafforza il ruolo del nostro Istituto come centro di ricerca internazionale di primo livello anche durante la pandemia COVID-19.

La partecipazione alle iniziative internazionali che si sono innescate nella ricerca su questo virus e sulla malattia che provoca ci permette di avere sempre a disposizione le piu’ recenti evidenze scientifiche e di poterle cosi’ mettere a disposizione dei nostri pazienti e dei centri di ricerca e cura della nostra regione e di tutto il

Paese, che guardano all’Istituto Spallanzani come a una delle voci piu’ autorevoli e si attendono da noi notizie confortanti nella lotta contro il virus”.

PER APPROFONDIRE:

LUOGHI DI LAVORO E COVID-19, ALLO SPALLANZANI STANNO PROGETTANDO CONDIZIONATORI D’ARIA ANTI-PANDEMIA

VACCINO PER IL CORONAVIRUS, IL DG DI AIFA MAGRINI: TEMPO RAGIONEVOLE PRIMAVERA-ESTATE 2021

TRA L’UMANITÀ ED IL VACCINO, LA MUTAGENICITÀ DELLA PROTEINA SPIKE: LO STUDIO DI RICERCATORI ITALIANI

FONTE DELL’ARTICOLO:

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