Responsabilità del Sindaco in Protezione Civile: a Parma Pizzarotti indagato per disastro colposo

Il primo cittadino, il capo dei vigili urbani e tre tecnici sono stati iscritti nel registro degli indagati per l’alluvione che ha devastato due quartieri di Parma nell’ottobre 2014, causando milioni di danni.

 

La carta delle zone a rischi esondazione lungo il torrente Baganza, che ha devastato i quartieri Molinetto e Montanara a Parma
La carta delle zone a rischi esondazione lungo il torrente Baganza, che ha devastato i quartieri Molinetto e Montanara a Parma

La responsabilità del primo cittadino in caso di eventi disastrosi e drammatici come una alluvione è chiara a molti, ma non a tutti. Ecco perché il caso del disastro di Parma a ottobre 2014 è un “caso di specie” che attirerà molta attenzione e molte considerazioni. Un’allerta meteo in un giorno festivo (sabato 11 ottobre il primo avviso), con il sindaco lontano dalla città (Pizzarotti il 13 ottobre giorno dell’alluvione era a Roma) può diventare un disastro di grandi proporzioni, tali da portare la Procura della Repubblica ad indagare con l’ipotesi di un reato che comporta da 1 a 5 anni di reclusione.

Oltre alla notizia di carattere politico (Pizzarotti è infatti sotto procedimento di espulsione dal Movimento 5 Stelle per una precedente indagine a suo carico) c’è una notizia in ambito di Protezione Civile molto interessante. La mancata tempestività dell’intervento da parte del Primo Cittadino e dei suoi delegati – in caso di alluvione grave – può portare a un processo.

Nel caso di Parma fortunatamente non ci sono state vittime, ma ci sono stati tantissimi danni e tantissimi disservizi. E tante polemiche.

Prima dell’evento però ci sono state numerose allerte sulla situazione che si stava venendo a creare a monte della città. Starà al giudice decidere se per colpa di inefficienze, temporeggiamenti o gravità degli eventi è stato impossibile porre al riparo gran parte dei cittadini e delle abitazioni colpite. C’era un piano di protezione civile attivo? Sono stati attivati in tempo questi piani? Come sono state gestite le comunicazioni nella fase precedente all’emergenza? Domande a cui le indagini risponderanno. Non è detto che si arrivi a vere e proprie accuse: gli eventi di ottobre 2014 sono stati straordinari per intensità e violenza. Ma a differenza di quanto successo a Carrara o a Genova, non sono avvenute pioggie intense sul territorio comunale, ma in alta montagna. Ci sarebbe stato il tempo di organizzare al meglio i

Se la macchina dei soccorsi ha infatti funzionato perfettamente a partire dal primo minuto successivo al danno (nonostante la centrale Telecom dell’Emilia occidentale fosse stata sommersa completamente) non così si può dire per la fase precedente al dramma.

Secondo alcune fonti pare che la Procura si stia interessando particolarmente al “tempo di pace” cioè al momento in cui un’amministrazione deve organizzarsi per costruire un piano di Protezione Civile adeguato ad affrontare una emergenza (come peraltro dispone la legge 100/2012). E’ noto che l’adeguamento del Piano di Protezione Civile del Comune di Parma sia rimasto fermo al 2006 e che non fosse dotato di uno specifico progetto di azione in fase d’emergenza per le zone a rischio esondazione.

“Una normale procedura di prevenzione doveva portare, una volta ricevuto il pre-allarme, a presidiare immediatamente la zona a rischio, ad avvertire la popolazione residente e i centri sensibili come l’ospedale, le scuole, le strutture socio-sanitarie e ad approntare misure di messa in sicurezza delle persone, tutte cose che Comuni più piccoli, ma meglio amministrati, hanno fatto quello stesso giorno” ha detto il capogruppo dell’opposizione PD Nicola dall’Olio in Consiglio Comunale.

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