Rianimazione cardiaca, Bologna ospita il congresso Europeo ERC: Quali passi in avanti per salvare vite in arresto cardiaco?
Il congresso europeo della rianimazione cardiaca si terrà a Bologna dal 20 al 22 settembre. Ma quali sono i contributi che il nostro Paese sta dando in materia? Fra medici e ricercatori l'attenzione è alta per gli aspetti clinici, senza però mai dimenticare il vero attore in questa lotta contro l'arresto cardiaco: tu.
BOLOGNA – Dopo sedici anni il congresso Europeo della rianimazione cardiaca, l’ERC, torna in Italia e per la precisione in Emilia-Romagna, sede principale della società scientifica IRC. Il Congresso ospiterà migliaia di medici, infermieri e soccorritori da tutta Europa, coinvolti in quello che è un appuntamento estremamente importante sia a livello scientifico che sociale.
L’arresto cardiaco infatti ancora oggi colpisce e uccide più di 350mila persone ogni anno nel continente europeo, e soltanto una bassa percentuale di esseri umani sopravvive e riesce a tornare ad una vita accettabile. Eppure battagliare contro questa patologia sarebbe estremamente fattibile, applicando la catena della sopravvivenza che passa da un precoce trattamento sul posto con il massaggio cardiaco, da una precoce defibrillazione e da un trattamento ALS che permetta un trasporto rapido in Ospedale.
Abbiamo parlato del congresso ERC con Andrea Scapigliati, professore aggregato presso la Fondazione Policlinico Agostino Gemelli di Roma e presidente in carica dell’Italian Resuscitation Council.
“E’ un grande onore dopo 15 anni ospitare nuovamente a Bologna il congresso Europeo sulla Rianimazione Cardiaca” spiega nel nostro podcast “e abbiamo modo di vedere e toccare con mano quanto sia importante questo network per la condivisione delle informazioni nella comunità scientifica. Il nostro paese sta cercando di dare il proprio contributo alla ricerca mondiale.
Nel caso degli Arresti Cardiaci si tratta di una ricerca difficile perché riguarda una condizione di emergenza, quindi trattata prima sul territorio e poi, parzialmente, in ospedale. C’è uno sforzo esemplare per quanto riguarda la ricerca medica perché proprio la difficoltà di trovare dati spinge la comunità scientifica a creare un network, a confrontarsi e a coinvolgere personalità diverse su temi collegati. In italia siamo stati molto bravi a raccogliere subito questo invito di ERC e siamo entrati con l’Italian Resuscitation Council nel novero europeo. Purtroppo però non abbiamo un registro degli arresti cardiaci nazionale, ci sono solo buone esperienze – a volte ottime – a livello locale. Quello di creare una piattaforma unica è uno degli impegni della società scientifica IRC, e speriamo di riuscire a proporre a tutti il RIAC” che è il registro di riferimento per lo studio europeo EuReCa Two ed è sostenuto dallo stesso European Resuscitation Council.
“Avere dati univoci a livello nazionale e sistemi compatibili con il resto dei paesi europei ci ha permesso di fare bellissime esperienze internazionali come il progetto ESCAPE-net e dare un quadro più schematico, rigido e preciso della situazione epidemiologica nell’Europa, rispetto all’arresto cardiaco, ai trattamenti avanzati più funzionali e ai sistemi per cercare di prevenire questa patologia e di lavorarci al meglio in ospedale. Purtroppo contro l’arresto cardiaco la “faretra terapeutica” che è a disposizione del medico è limitata, non ci sono farmaci di totale e comprovata efficacia, addirittura oggi alcuni farmaci classici come l’adrenalina stanno scatenando un forte dibattito sull’efficacia”.
“Su alcune ricerche però l’Italia lavora come eccellenza, penso al lavoro del dottor Giuseppe Ristagno, a Milano presso l’Istituto Negri, dove si sta facendo ricerca di base sull’arresto cardiaco negli animali e sul miglioramento dei software che devono individuare il momento più adeguato per dare la scossa elettrica di defibrillazione. Si tratta di una ricerca di base che vuole migliorare il modo in cui le macchine, i defibrillatori, analizzano il ritmo cardiaco defibrillabile e chiedono agli operatori di sospendere temporaneamente le compressioni toraciche per erogare la scossa”.
Oggi però è fondamentale riuscire a mettere in piedi una vera e propria staffetta dell’emergenza che salvi la vita delle persone colpite da Arresto cardiaco in pochissimi secondi. Non è quasi più il caso di parlare di minuti perché l’arresto cardiaco è una patologia tempo correlata e la ricerca ormai è incentrata anche nella direzione di formare sempre più persone con sempre più competenze affinché il massaggio cardiaco del passante, dell’astante, non rimanga una chimera.
“Quello educativo/comunicativo è uno di quegli ambiti in cui IRC si sta spendendo tantissimo insieme alle altre associazioni, l’arresto cardiaco è una patologia tempo correlata con situazioni che possono portare alla morte in pochi minuti, non sufficienti in nessun caso all’intervento tempestivo di un’equipe sanitaria. Purtroppo o per fortuna, la vittima può essere salvata solo grazie all’intervento del cittadino che sta al suo fianco nel momento in cui il cuore si ferma.
La vittima colpita da arresto cardiaco è un po’ come il testimone di una staffetta. Ovviamente questo testimone deve essere passato da corridore a corridore, che hanno differenti maniere di portare avanti la corsa ma sono tutte decisive. Anche perché l’operatore sanitario, medico o infermiere, è l’ultimo staffettista, l’ultimo a ricevere il testimone. Quindi l’impatto maggiore sulla possibilità di sopravvivenza della vittima ce l’hanno i primi corridori, le persone che assistono all’arresto cardiaco.
Se l’obiettivo è quello di dare una continuità dignitosa alla vita di una persona colpita da arresto cardiaco, è necessario saper riconoscere l’arresto cardiaco, saper chiamare i numeri di emergenza sanitaria e – nell’attesa dell’arrivo dei sanitari – iniziare a fare qualcosa, in particolare le compressioni toraciche, il massaggio cardiaco. Poi trovare il più vicino defibrillatore e applicarlo alla vittima per capire se in quello specifico caso, sia possibile far ripartire il battito cardiaco. Se tutto questo non si fa, le possibilità che i pazienti muoiano o arrivino in ospedale in condizioni tali in cui purtroppo è possibile fare poco, aumentano considerevolmente.
Negli ultimi anni da questo punto di vista si è fatto molto, come IRC abbiamo portato avanti Settimana Viva, RCP in classe e molte attività con associazioni ed istituzioni. Quest’anno in particolare avremo il 16 di ottobre che sarà il giorno europeo della rianimazione cardiaca. Oggi siamo nel momento in cui l’educazione al primo soccorso con anche procedure per la disostruzione e la rianimazione cardiopolmonare sono inseriti fra le materie di studio a livello di ciclo scolastico, non è poco”.
Oltre al laico però c’è il settore specifico, quello del professionista che sarà chiamato a discutere e ad approfondire tematiche davvero complesse. Una in particolare è lo studio Paramedic2, che ha messo in discussione l’utilizzo dell’adrenalina nelle attività extra-ospedaliere.
“Da professionista cercherò di muovermi su un doppio binario. Prima di tutto avrò l’onore di guidare il Consiglio che ospita il Congresso, e questo assorbirà molte delle mie energie. Avremo qui moltissimi ospiti europei e cercheremo di fare bella figura. Ci saranno inoltre contributi dal Giappone, dalla Corea, che siamo davvero contenti di ospitare. Come dicevo prima lo studio sull’uso dell’adrenalina attira la curiosità e la concentrazione, perché i dati andranno discussi e interpretati con i colleghi per diffondere e migliorare la pratica operativa e garantire ai pazienti che vanno incontro ad arresto cardiaco un ritorno a condizioni di vita accettabili. Oggi su 10 pazienti colpiti da SCA 1 sola si salva con buona qualità neurologica finale. Perdiamo troppo pazienti, dobbiamo aumentare il numero di soccorritori in grado di praticare le manovre di rianimazione e migliorare nello stesso momento l’aspetto terapeutico.