Sahara Occidentale, Giulia Olmi (Cisp): “Con la guerra 250mila persone a rischio”
Sahara Occidentale: Giulia Olmi, coordinatrice dei progetti per il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), commenta la situazione al confine tra Marocco e Sahara Occidentale
Sahara occidentale, la ripresa della guerra fra Marocco e popolo Saharawi sarebbe un disastro
“La ripresa di una guerra tra il Marocco e l’Esercito di liberazione del popolo saharawi sarebbe un disastro: nei territori liberati vivono circa 100mila persone, che sarebbero costrette a lasciare case e beni per diventare rifugiati in Mauritania oppure nei campi profughi a Tindouf, in Algeria.
Le tensioni sono su tutta la linea marcata dal muro marocchino, e varie famiglie del sud si sono gia’ spostate verso il confine mauritano per la loro sicurezza, in attesa di essere trasferite a Tindouf.
Laggiu’, stando a cifre ufficiali dell’Unhcr del 2018, risiedono gia’ 173.600 persone che dal 1975 dipendono dagli aiuti umanitari, che si riducono sempre di piu’.
La comunita’ internazionale deve scegliere qual e’ la priorita’: ignorare questa gente gia’ frustrata dal conflitto che finora ha privilegiato il Marocco, oppure dare prova di coerenza, almeno sotto il profilo umanitario e assistere queste persone, lasciate sempre piu’ sole“.
L’analisi del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp) sul Sahara Occidentale
A dare l’allarme e’ Giulia Olmi, coordinatrice dei progetti per il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), ong presente dal 1984 nei campi profughi di Tindouf, in Algeria, e dal 2013 nella striscia di terra a est del muro costruito dal Marocco e che attraversa da nord a sud il territorio conteso.
“Si tratta del territorio posto sotto il controllo del Fronte Polisario, di competenza del governo della Repubblica araba saharawi democratica costituita nel 1976- continua la responsabile- e in cui vivono tra le 80 e le 100.000 persone.
Ricordo che il Marocco, stando alle risoluzioni delle Nazioni Unite e della Corte di Giustizia dell’Aja, non vanta la sovranita’ ne’ il controllo sul Sahara occidentale”.
E mentre la prospettiva del referendum atteso dal 1963 si allontana, per Olmi “il Marocco continua a infrangere qualsiasi regola di diritto internazionale o risoluzione dell’Onu, nel silenzio generale”.
L’invio dell’esercito marocchino nella zona cuscinetto di Gargarat venerdi’ scorso, per porre fine al blocco di protesta che la comunita’ saharawi aveva imposto al traffico di merci, e’ stata considerata dal Fronte Polisario una violazione del cessate il fuoco in vigore dal 1991, e cosi’ il segretario generale Brahim Ghali ha decretato “lo stato di guerra”.
L’Esercito di liberazione popolare saharawi (Elps) si e’ mobilitato lungo la barriera di separazione.
Sono stati denunciati scambi a fuoco, per ora senza vittime.
Vicinanza di Algeria al Sahara Occidentale rischia di creare crisi internazionale
“L’Algeria in molti tratti dista appena 50 chilometri quindi c’e’ il rischio di una crisi internazionale” avverte ancora Giulia Olmi.
La cooperante, che lavora da anni con le comunita’ saharawi, denuncia piu’ in generale un “abbandono” di queste persone: “le Agenzie Onu, insieme alle ong sul campo, a maggio hanno fatto appello a 15 milioni di dollari per garantire almeno il fabbisogno alimentare di base nei campi profughi, che in periodi di siccita’ accolgono anche i pastori nomadi”.
Tra i problemi piu’ diffusi che la mancanza di risorse causa in queste popolazioni, come dice Olmi, “c’e’ il ritardo di crescita nei bambini tra i 0 e i 5 anni o il dilagare dell’anemia tra le donne.
Le comunita’ che invece vivono nei territori liberati- continua la cooperante- non ricevono aiuti perche’ non sono considerati profughi o rifugiati, e le agenzie internazionali non intervengono nella controversia col Marocco“.
Resta l’opzione del ritorno ad ovest della barriera di separazione, dove “il governo marocchino elargisce fondi e facilitazioni- continua Olmi- ma al tempo stesso controlla i saharawi, che non possono avere contatti con gli attivisti o fare attivismo politico.
Rischiano anche l’arresto.
Gli stessi marocchini, pur non sostenendo la causa del Polisario, spesso denunciano queste violazioni dei diritti fondamentali“.