SIMEU lancia l’allarme sulla situazione dei Pronto Soccorso: si rischia la chiusura o l’interruzione del servizio di emergenza urgenza
SIMEU interviene sui Pronto Soccorso italiani: “Sono molti, troppi i segnali in tutto il territorio nazionale che manifestano la progressione di una crisi grave che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle consolidate abitudini delle persone. Il servizio di Pronto Soccorso, da tutti noi dato per scontato, è a rischio”
La posizione di SIMEU sulla condizione dei Pronto Soccorso italiani:
Sono molti, troppi i segnali in tutto il territorio nazionale che manifestano la progressione di una crisi grave che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle consolidate abitudini delle persone.
Il servizio di Pronto Soccorso, da tutti noi dato per scontato, è a rischio.
Se non si interviene subito, con decisioni coraggiose, capaci di portare cambiamenti strutturali importanti, potremmo assistere alla progressiva chiusura o a radicali cambiamenti, in negativo, di questa funzione.
Che i medici siano sempre meno rispetto alle necessità della popolazione si sa; che il personale tutto, anche gli infermieri, siano ormai allo stremo per resistenza e stress o in burnout post pandemia, è un fatto noto.
Coprire un servizio aperto 24 ore al giorno 365 giorni l’anno quando si è in pochi obbliga a turni massacranti: manca loro il riposo, la possibilità di prendersi giorni liberi, il tempo da dedicare alla formazione e all’accrescimento professionale: in un certo senso è stata tolta loro anche la “dignità” di un lavoro che è per sua natura asociale (turni di notte, in tutti i weekend, in tutte le stagioni, tutte le festività) rendendo complesso il diritto di poter passare del tempo con i propri famigliari, di avere tempo libero.
Pronto Soccorso, Simeu: i tentativi di soluzione fin qui adottati non sono stati efficienti
Il lavoro è usurante, sottopagato rispetto all’impegno in termini di tempo e di qualità della vita, molte le responsabilità sulla gestione delle patologie dei pazienti (che siamo potenzialmente tutti noi, nessuno escluso).
Ogni volta che si apre la porta di un pronto soccorso entra una storia nuova, differente da tutte le altre: ognuno diverso nella sua fragilità nel momento di un bisogno legato alla propria salute.
I professionisti dell’emergenza-urgenza svolgono un lavoro speciale, molto diverso rispetto a quello in ambulatorio o in reparto dove dei pazienti si conosce bene la cartella clinica.
In pronto soccorso spesso del paziente non si conosce neanche il nome, i ritmi sono frenetici, occorre decidere in pochissimo tempo di quale terapia ha bisogno un paziente in quel preciso momento e lo si fa a prescindere dal tipo di patologia o trauma.
Per fare questo occorre essere molto preparati, degli specialisti: l’emergenza-urgenza per la sua caratteristica di approccio multidisciplinare non si improvvisa.
Secondo il dott. Giorgio Carbone, già presidente Nazionale della Società Scientifica “Un medico di pronto soccorso deve saper usare le mani come un chirurgo, la testa come un internista e avere presente tutti gli scenari possibili come un rianimatore.
Tante cose, tutte insieme, in un’ unica persona, che si traducono in grandissima professionalità, aggiornamenti e studio continui”
La SIMEU – Società Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza ormai da anni sollecita la politica e le istituzioni affinché siano assicurati standard di prestazione equi per il personale sanitario che rappresenta, al fine di garantire il diritto alla cura per tutti, una corretta risposta qualitativa ai bisogni dei pazienti e soprattutto perché si sviluppi una visione per il futuro che condiziona anche la tenuta dell’intero sistema sanitario.
Eppure appelli e allarmi paiono cadere inascoltati, la situazione si fa sempre più critica e ci si avvicina sempre di più al punto di rottura.
Il dott. Salvatore Manca, presidente Nazionale SIMEU, in tema di Pronto Soccorso, sottolinea: “Il ricambio di medici non è più assicurato”
“Abbiamo lottato per avere un numero maggiore di borse di studio nella nostra specialità di medicina per poter colmare le debolezze di organico – che da anni denunciamo – con professionisti adeguatamente formati, ma i giovani medici sono sempre meno incentivati nel scegliere la specialità dell’emergenza urgenza perché quello che vedono oggi nei nostri pronto soccorso è un lavoro gravoso, poco riconosciuto e non premiante.
Turni massacranti, il peso del decidere per la vita di un paziente, le ripercussioni legali, l’impossibilità di svolgere la libera professione, come invece altri specialisti fanno.
A questo si aggiungono i casi di aggressioni verbali e fisiche di cui diventano facili vittime”.
Un dato estremamente preoccupante: 456 borse di studio in medicina di emergenza-urgenza quest’anno non sono state assegnate.
La dottoressa Giuseppina Fera, tesoriere del Consiglio Nazionale SIMEU, ci spiega: “Un tempo la carenza di specialisti era legata all’imbuto formativo da mancanza di borse di specializzazione.
Da qualche anno la specializzazione in MEU (Medicina emergenza urgenza) da molti non viene portata a termine, è una delle ultime scelte e se l’anno successivo i giovani medici riescono a entrare in un’altra specialità abbandonano.
Il risultato negli anni ha portato a una perdita progressiva di borse di specialità in MEU. Il dato di quest’anno è ancora più preoccupante, sono state incrementate le borse di studio ma 456 non sono state assegnate.
Se questa specialità non verrà resa più attrattiva, anche economicamente, difficilmente i giovani medici accetteranno di farla, quindi la carenza in questo settore è destinata ad aumentare nei prossimi anni».
A questo si aggiunge il sempre più evidente fenomeno della migrazione di chi, seppur con diversi anni di lavoro ed esperienza alle spalle, abbandona la specialità per intraprendere strade più agevoli e anche più redditizie.
Fra un’emorragia di personale e un ricambio insufficiente alle necessità minime a farla funzionare come dovrebbe la struttura è in crisi.
“Purtroppo saranno i cittadini a pagarne le conseguenze”, ricorda la dott.sa Anna Maria Ferrari, CDN SIMEU, “troveranno nei Pronto Soccorso meno medici, professionisti meno formati o specializzati in altre discipline, aumenterà il rischio clinico. In casi estremi il Pronto Soccorso chiuderà per mancanza di personale”.
La specialità in Emergenza Urgenza
La scuola di specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza in Italia è relativamente giovane.
Nel resto del mondo lo sviluppo è invece molto precedente. Dal 2000 adottata dalla Comunità Europea e incorporata ufficialmente nella tabella delle specialità mediche. Data la sua importanza.
“Eppure – ricorda Fabio De Iaco referente dell’Accademia dei Direttori SIMEU che da anni riunisce in concreti tavoli di lavoro i Direttori dei Pronto Soccorso per fare il punto sulle problematiche della situazione nazionale e ad analizzare le possibili soluzioni -.
Si continuano ad alimentare gravi confusioni, confusioni che dovevano essere state risolte con la creazione della scuola di specializzazione.
A causa della mancanza di personale arrivano a lavorare in PS, con modalità tra le più diverse, specialisti di altre discipline.
Personale qualificato che ha però un tipo di formazione diversa dalla nostra. Andreste da un ortopedico a farvi curare un dente?”.
Aggiunge la dott.sa Roberta Petrino (CDN SIMEU): “Il Pronto Soccorso non è un centro di smistamento verso altri reparti ospedalieri, come è stato un tempo”
“Quello è un modello superato, che non esiste più da molti anni. Il taglio dei posti letto nei reparti specialistici ha imposto schemi organizzativi diversi.
Oggi i Pronto Soccorso sono luoghi di diagnosi e cura.
Lo abbiamo ampiamente dimostrato in tutte le fasi della pandemia”.
Fra le soluzioni tampone, già denunciate da SIMEU, quella dei medici assunti dalle cooperative che, ricorda il dott. Beniamino Susi, Responsabile dei rapporti con le Regioni del CDN SIMEU: “Non garantisce un servizio adeguato.
Dei medici assunti dalle cooperative non si conosce il livello di formazione, del pronto soccorso cui sono assegnati a tavolino per coprire il turno secondo una tabella non conoscono nulla, non sono abituati a lavorare in team con l’organico residente e per giunta sono strapagati rispetto a chi normalmente e stabilmente opera in pronto soccorso.
Cosa che ovviamente indispettisce anche per lo spreco di denaro che potrebbe essere impiegato in maniera più premiante e/o costruttiva all’interno di un progetto strategico di crescita”.
Altre soluzioni ci sarebbero. Stilare un piano di azione per alleggerire il boarding, spostare l’incombenza di alcune mansioni, incentivare la professione.
“Per salvaguardare e proteggere dal rischio chiusura tutti i Pronto Soccorso d’Italia, veri baluardi di un servizio sanitario solido”, conclude Salvatore Manca: “Bisogna salvaguardare i medici e gli infermieri emergentisti e riconoscerne l’importanza del ruolo – anche all’interno dello stesso ospedale – assicurare stipendi adeguati a una professione usurante e di responsabilità, istituire un’ indennità di rischio per i medici che risarcirebbe la mancanza della possibilità di esercizio della libera professione, alleggerire i turni eliminando tutte le incombenze che di fatto non sono di loro competenza, così da permettere agli specialisti di emergenza-urgenza di svolgere al meglio il lavoro per cui si sono formati, che è una ricchezza per tutti i potenziali pazienti.
Diciamolo chiaramente il medico di pronto soccorso non si sceglie: ti capita in funzione di un bisogno anche molto grave e/o inaspettato.
Non vorreste tutti essere certi di trovare ovunque, a qualunque ora del giorno e della notte, il miglior professionista in materia?”
Per approfondire:
Carenza di medici del Pronto Soccorso: la posizione di Simeu rispetto all’utilizzo delle cooperative