Soccorso sanitario, emergenza e volontariato: Anpas si ritrova per riflettere sulla riforma del terzo settore
La riforma del Terzo Settore è un evento epocale per il mondo del volontariato, per il sistema sanitario e per quello di Protezione Civile. Un terzo settore più snello, più efficiente e con più autonomia diventa una leva davvero interessante per sviluppare miglioramenti sia dal punto di vista dei servizi offerti che dal punto di vista delle funzioni implementate. Ma ad oggi mancano ancora i decreti attuativi, cioè quei regolamenti che possono tramutare – come una bacchetta magica – la riforma in un fantastico strumento di sviluppo o in una terribile melassa dove impantanare e spuntare la voglia di migliorarsi e di fare servizi sempre più efficienti.
Fino ad oggi la riforma del Terzo Settore è stato un bellissimo spot, e tutto il lavoro per far diventare questa legge una potenziale rivoluzione, è rimasto sottotraccia.
Ora, arrivati a pochi mesi dall’uscita dei decreti attuativi, è arrivato il momento di fare proposte pubbliche e ben chiare, affinché il volontariato rimanga un pilastro centrale nei servizi sanitari, nella Protezione Civile e nel welfare. Magari un pilastro che può sostenere il servizio di emergenza in un modo diverso, più efficiente e più “europeo”? Forse.
Anpas è sicuramente ad oggi l’associazione nazionale che, più di tutte, sta spingendo verso la formazione continua dei propri volontari e verso uno sviluppo che risolva i tanti nodi che creano contrasto e problematiche. Il prossimo 25 novembre, a Genova, inizierà una tre giorni di studi e confronto su queste tematiche e le premesse sono tutte molto buone: Fabrizio Pregliasco, Presidente di Anpas nazionale, ci ha spiegato quali sono i presupposti di questo incontro:
Presidente Pregliasco, questa conferenza nazionale ricopre un’importanza speciale perché Anpas torna a confrontarsi sulla riforma del Terzo Settore: che cosa si aspetta da questi 3 giorni?
“Fin dall’aprile del 2013, quando il presidente del Consiglio ha lanciato il percorso di riforma, ANPAS si è confrontata sul futuro del Terzo Settore di cui il volontariato costituisce una delle componenti principali. Il confronto ha visto sia momenti di approfondimento tecnico/scientifico, nel quale abbiamo coinvolto giuristi, sociologi ed esperti della materia, che occasioni di confronto ampio con tutta la nostra base di volontari e dirigenti. Ricordo ad esempio il 51° Congresso nazionale del 2014 (nel quale abbiamo dedicato uno gruppi di lavoro alla riforma), le Assemblee nazionali e i convegni nel quale abbiamo approfondito temi come l’impresa sociale, l’affidamento dei servizi al volontariato e al terzo settore e la valutazione di impatto. Ricordo anche che il nostro lavoro per la Riforma ha visto una prima fase di studio al nostro interno attraverso il progetto di ricerca ANPAS 2020. L’obiettivo era quello di descrivere percezioni, tendenze e dinamiche presenti nel movimento con l’obiettivo di metterle a confronto con alcune questioni poste dalla riforma. Questo momento di analisi si è successivamente approfondito col censimento nazionale delle pubbliche assistenze che ci ha permesso di avere una fotografia aggiornata sulle nostre Associazioni. E’ da questa consapevolezza che si è mossa la nostra azione di interlocuzione verso le altre realtà rappresentative del Terzo Settore (a partire dal Forum e dalla CNESC, a cui aderiamo) e verso Parlamento e Governo”.
“La nostra Conferenza – continua Pregliasco – sarà quindi un ulteriore momento di condivisione per rilanciare alcune istanze fondamentali su cui vogliamo un impegno preciso del Governo nella definizione dei decreti delegati alla legge 106/2016. La tre giorni di Genova sarà anche uno snodo importante per il Codice Etico Essere ANPAS, che abbiamo lanciato a luglio scorso dopo un percorso partecipato da volontari e dirigenti di tutto il nostro territorio nazionale. Trasparenza, rispetto delle disposizioni di legge e coerenza con i valori ed i principi del nostro movimento sono la base di questo lavoro con cui vogliamo garantire ai diversi livelli di ANPAS comportamenti e procedure responsabili volti a migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’azione volontaria”.
Il punto focale su cui la concentrazione sarà maggiore riguarda sicuramente il volontariato in ambito sanitario. Molte sentenze danno al volontariato un ruolo primario in questo settore e in particolare nell’emergenza, ma ci sono elementi che devono ancora essere ben normati. Quali passi in avanti si aspetta grazie a questa nuova normativa sul terzo settore?
In primo luogo credo che ci siano due concezioni di volontariato: da un lato quello piccolo, sporadico, spesso impegnato in ambiti specifici di disagio. Dall’altro quello organizzato che svolge direttamente servizi alla persona ed è in grado di rispondere a problematiche complesse, da solo o in rete con altri soggetti. E’ in questo ambito si colloca il volontariato in ambito sanitario per gran parte rappresentato da Pubbliche Assistenze e Misericordie, a cui si è più recentemente affiancata, con alcune differenze, la Croce Rossa dopo il suo percorso di privatizzazione. Queste realtà attualmente garantiscono oltre il 90% del trasporto sanitario nel nostro Paese. Un ruolo che le nostre associazioni, grazie al forte radicamento territoriale e la fiducia di tanti cittadini e un rapporto positivo con Istituzioni locali, si è consolidato negli anni. Grazie al coinvolgimento di volontari possiamo garantire un servizio capillare e a costi molto contenuti per il servizio sanitario nazionale, come ha evidenziato la FIASO in una recente ricerca sui costi standard. Il volontariato è anche un argine per fronteggiare eventuali situazioni di illegalità che purtroppo sono presenti nel nostro Paese. Anche le recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea hanno riconosciuto questa peculiarità italiana dell’affidamento di servizi sanitari e sociali al Volontariato, come diretta attuazione del principio di solidarietà sociale della Costituzione italiana (artt. 2, 3, 32. 38) e di quello di sussidiarietà (art. 118)
Esiste un modo per arrivare alla professionalizzazione di alcune competenze senza ridurre lo slancio del volontariato?
“A livello nazionale non esistono profili unici circa la formazione che deve avere un soccorritore, se non le linee guida del 2003 della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Ogni regione ha adottato dei propri modelli, aspetto che non permette ai volontari certificati di operare in regioni diverse. Come realtà di volontariato ANPAS difendiamo la sostenibilità della figura del soccorritore con i tempi dei volontari, per la nostra convinzione che la salute dei cittadini non si tutela solo elevando i livelli di professionismo degli operatori, ma diffondendo al massimo la cultura della prevenzione e del soccorso, permettendo interventi più tempestivi. Sono fondamentali anche i momenti di aggiornamento e verifica dei vari attori. Le associazioni di volontariato consentono di svolgere al meglio anche questa attività proprio perché sono luoghi di aggregazione e confronto costante”.
E dall’altra parte, esiste un modo per far vivere la realtà del volontariato come un valore aggiunto ai professionisti e alle sigle che tutelano i diritti dei professionisti?
“Le Pubbliche Assistenze Anpas sono da sempre luoghi nei quali convivono figure diverse: i soci sono la base sociale, i volontari il motore dell’associazione, i dipendenti le figure che consento di qualificare l’intervento delle associazioni e garantirne la continuità. E poi ci sono i giovani in servizio civile che trovano nell’ANPAS un’occasione di crescita e formazione. ANPAS tutela la professionalità dei propri dipendenti e collaboratori con un proprio Contratto di Lavoro nazionale, sottoscritto con le principali Confederazione Sindacali che è stato adottato anche dalla Croce Rossa Italiana”.
Nonostante in Italia si continui a dividersi su tutto, guardando all’Europa è chiaro che la spinta del volontariato è basilare anche nei servizi sanitari e di emergenza. Guardando i grandi gruppi che la rete Samaritan, di cui Anpas fa parte, esprime nell’area continentale, si fatica a pensare di essere nello stesso continente. Lei pensa che all’estero ci sia un modo di vivere il volontariato differente? E c’è qualche aspetto di quel volontariato “continentale” che paesi mediterranei come l’Italia possono iniziare a mutuare?
“In base all’esperienza che abbiamo fatto nelle varie reti, il nostro modo di fare volontariato è un unicum a livello europeo, una peculiarità tutta nostra. Basti pensare al volontariato in protezione civile: un sistema che incarna concretamente il principio della sussidiarietà. Quello che abbiamo avuto modo di vedere, anche nell’operatività dei progetti europei e con Samaritan International, è che il nostro è un volontariato molto preparato e soprattutto è molto legato ad una esperienza storica delle nostre associazioni nelle comunità, capaci soprattutto a dare continuità del nostro operato anche su servizi molto complessi. Nei paesi del Nord-Europa abbiamo visto che il volontariato è più una forma di sostegno, meno legato all’operatività e più espressione del concetto di charity. Stiamo condividendo i percorsi del numero unico 112, alla condivisione di codici e procedure ad esempio sulle manovre salvavita come facciamo ad esempio con i giovani nei contest di Samaritan International. Altri aspetti li stiamo comunque affrontando insieme, ad esempio con i nostri omologhi austriaci o tedeschi per quanto attiene all’assistenza ai migranti. Una questione che riguarda tanto il soccorso in mare, che portano le nostre associazioni all’arrivo in Italia, tanto poi per l’assistenza (portata anche nei paesi del Nord-Europa), abbiamo fatto fronte comune nel presentare al parlamento Europeo, al presente Schultz e all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Federica Mogherini, le sette richieste per il cambiamento della gestione europea dei rifugiati.
Una delle più importanti richieste che sta arrivando dalla società civile è la richiesta di essere formata per far fronte alle emergenze. Lo sviluppo di comunicazioni più mirate ha portato famiglie e scuole ad affrontare il primo soccorso in maniera più responsabile. Su questo settore quanto ha contribuito l’associazionismo e quanto si può fare nei prossimi anni?
“La formazione costituisce uno degli impegni più stringenti del secondo livello ANPAS. In occasione di calamità nazionali, come quella che ha colpito il centro Italia, ci sgoliamo per dire che in emergenza possono intervenire volontari già formati, non solo agli aspetti tecnici ma soprattutto al lavoro di gruppo. Da sempre le Pubbliche Assistenze contribuiscono alla diffusione della cultura del soccorso e della prevenzione. Con l’ultima riforma scolastica il primo soccorso è finalmente diventato una materia formativa ed auspichiamo che possa essere riconosciuto un ruolo anche delle Associazioni impegnate in ambito sanitario. Il volontariato, oltre ad avere un patrimonio ricchissimo di competenze, storie ed esperienze, può essere per molti giovani una palestra di democrazia e di partecipazione, perché consente loro di avvicinarsi a contesti organizzati dandogli l’opportunità di esserne protagonisti. In ANPAS la sfida della formazione sta nel coniugare gli aspetti tecnici, che in genere sono definiti dai nostri stakeholder istituzionali, con gli aspetti valoriali che sono alla base della nostra scelta di essere cittadini attivi e responsabili. Attraverso la formazione in ANPAS vogliamo che ogni cittadino si senta “capace” e “adeguato” nel mettersi a servizio della propria comunità e che, al tempo stesso possa contribuire col proprio contributo a determinare, cambiare e progettare il futuro del nostro movimento.