Violenza sulle donne: il ruolo del Pronto Soccorso
Il Pronto Soccorso è spesso il primo luogo che accoglie le donne vittime di violenza, in molti casi con percors dedicati
Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2022, la testimonianza degli specialisti del Pronto Soccorso del Policlinico San Donato
Secondo i dati Istat nel 2020 si sono registrati quasi 5.500 accessi nei Pronto Soccorsi italiani di donne che hanno ricevuto una diagnosi di violenza*.
Il Pronto Soccorso è spesso il primo contatto per uscire dal vortice della violenza.
Da qui, infatti, si può attivare un percorso di accompagnamento dedicato alle donne maltrattate e ai loro figli (qualora ci fossero), che va dal triage fino all’affidamento ai servizi pubblici e privati dedicati.
In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2022, raccogliamo la testimonianza della dott.ssa Aurelia D’Acquisto, Vicedirettore Sanitario, e della dott.ssa Valentina Fiolo, Psicoterapeuta e Neuropsicologa, dell’IRCCS Policlinico San Donato che è parte della Rete Antiviolenza del Sud Est di Milano e del Paullese, e il cui Pronto Soccorso offre percorsi dedicati per le donne che accedono ai servizi di urgenza ed emergenza a seguito di violenza o maltrattamenti.
Il ruolo del Pronto soccorso del Policlinico San Donato: come accoglie le donne vittime di violenza
“L’IRCCS Policlinico San Donato si impegna a garantire alla donna vittima di violenza l’accoglienza diretta in Pronto Soccorso e la sua presa in carico – spiega la dott.ssa D’Acquisto – .
Già in fase di ingresso e di triage, predisponiamo, infatti, percorsi dedicati, anche grazie alla compilazione di schede per la valutazione del rischio.”
Il percorso diagnostico-terapeutico, adeguato alle condizioni cliniche rilevate, recepisce le “Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio sanitaria alle donne vittime di violenza” statuite con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 novembre 2017.
Gli step dell’accoglienza delle donne vittime di violenza: dal Pronto Soccorso alla cura
Che cosa succede, dunque, quando una donna vittima di violenza, o presunta tale, arriva in Pronto Soccorso?
Vediamo che cosa accade dal triage alla presa in carico, sino all’inquadramento clinico e al trattamento diagnostico terapeutico.
Triage e presa in carico
L’Infermiere di Triage accoglie la vittima, assegnandole un codice identificativo: il tempo di attesa è volutamente breve e la visita medica è tempestiva, per ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari.
Nel caso in cui la donna si presenti con minori è fondamentale che gli stessi restino con la madre.
Per garantire protezione, sicurezza e riservatezza, la donna, o il nucleo familiare, è accompagnata in un’area separata, area in cui eventuali altri accompagnatori sono riammessi solo su richiesta della donna.
Inquadramento clinico e trattamento diagnostico terapeutico
Il medico, debitamente formato e preferibilmente di sesso femminile, una volta eseguiti l’anamnesi e gli esami, procede, ove necessario, con:
- accertamenti strumentali e di laboratorio;
- cure e profilassi;
- consulenze.
Nel caso di contatto tra liquidi corporei dell’aggressore e corpo o indumenti della donna e violenza sessuale, il personale, come da procedura, contatta il centro di riferimento di assistenza per i problemi della violenza alle donne e ai minori (Soccorso Violenza Sessuale e Domestica – SVSeD della Clinica Mangiagalli).
L’accompagnamento ai Centri Anti Violenza o verso la denuncia
“Il nostro personale, però, non si limita ad eseguire il solo inquadramento clinico – continua la dottoressa – . Si impegna a:
- rilevare il rischio di recidiva, attraverso la somministrazione di un’opportuna Scheda di Rischio
- informare la donna in merito alla possibilità di essere supportata per l’avvio di un percorso di presa in carico da parte dei Centri Anti Violenza (CAV), dei consultori e per sporgere denuncia e attivare le Forze dell’Ordine (FFOO).
- Laddove la donna, infatti, desideri denunciare, l’operatore del Pronto Soccorso, previo consenso scritto, chiama le FFOO affinché raccolgano la denuncia direttamente in ospedale ed intervengano per gli opportuni adempimenti nei confronti del maltrattante.
Invece, qualora la donna non voglia denunciare e non voglia chiamare le FFOO, si aprono 2 possibili strade:
- sussistono le condizioni che determinano l’obbligatorietà della denuncia. Gli operatori di Pronto Soccorso informano la vittima in merito all’obbligo di denuncia e procedono ad effettuare la segnalazione all’Autorità Giudiziaria nel minor tempo possibile e comunque non oltre le 48 ore dalla rilevazione del fatto.
- non sussistono le condizioni che determinano l’obbligatorietà della denuncia. Gli operatori di Pronto Soccorso avvisano la donna che è possibile attivare un provvedimento amministrativo.
“Desideriamo fare la nostra parte nella lotta alla violenza sulle donne: essere membro della Rete Antiviolenza ci permette di dare il nostro contributo, concretamente” conclude la dott.ssa D’Acquisto.
Gli specialisti coinvolti: il ruolo e l’importanza dello psicologo
Di fronte ad una situazione di emergenza quale è quella di violenza, sono diverse le figure che intervengono e giocano un ruolo fondamentale. Analizziamo, in conclusione, con la dott.ssa Valentina Fiolo, Neuropsicologa e Psicoterapeuta, qual è il ruolo dello psicologo e perché è di fondamentale importanza coinvolgerlo.
“Il ruolo dello psicologo in Pronto Soccorso nelle situazioni di violenza, o presunta tale, è di fondamentale importanza, visto il grande disagio psicologico, oltre che fisico, con il quale arrivano le donne che hanno subito violenze o maltrattamenti – spiega la dott.ssa Fiolo -.
Le donne che arrivano in Pronto Soccorso in queste circostanze, infatti, portano con sé segni evidenti di paura, terrore, dei veri e propri sintomi post-traumatici, che con grande difficoltà riescono a verbalizzare.
Nei casi più gravi, questi traumi portano a condizioni di vero e proprio freezing o congelamento che bloccano la persona.
Il primo passo fondamentale consiste nel creare uno spazio protetto di accoglienza della persona, utile a rassicurare le vittime e a dare loro la possibilità di abbassare il livello di attivazione, grazie anche a una modalità non giudicante e un tono di voce delicato e calmo, che faccia sentire la persona al sicuro e compresa.
Questo può certamente favorire l’ascolto di sé e gradualmente la presa di coscienza della realtà.
È bene precisare che lo psicologo non deve forzare ad agire né in una direzione, né in un’altra, ma attraverso l’ascolto empatico e il sostegno deve piano piano portare la persona a sentire di avere bisogno di un aiuto” continua la dottoressa.
Questa presa di coscienza consente alla persona di affidarsi allo psicologo e all’intera équipe che facilita quindi, sempre in accordo con la persona, il passaggio ad un centro antiviolenza territoriale per una presa in carico globale.
Cosa sono le Reti Antiviolenza
La Rete Antiviolenza nasce con la volontà di costruire una realtà territoriale interistituzionale, efficace nell’affrontare il fenomeno della violenza contro le donne.
Tra gli obiettivi che il Comune di San Donato Milanese, in qualità di capofila, si impegna a perseguire:
- promuovere e consolidare azioni di sensibilizzazione;
- raccordare tra loro i diversi soggetti per favorire azioni integrate;
- sviluppare procedure operative che permettano interventi efficaci e adeguati;
- incentivare la formazione degli operatori.
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