Volontario, soccorritore. C’è ancora valore nel mondo sanitario per questa figura?
Si assiste spesso ad una guerra che contrappone la parola volontario alla parola professionista, ma quello che sarebbe giusto fare è contrapporre la parola legale alla parola illegale. Il volontariato, in questa ottica, può dare valore a tutto il sistema dell’emergenza e dei trasporti sanitari? La risposta di ANPAS nell’intervista al presidente Fabrizio Pregliasco
ROMA – Il mondo dei servizi di soccorso e di emergenza sta vivendo tempi cupi. Scandali, scarsa comunicazione, politiche “poco lungimiranti” e tantissima voglia di tagli e di risparmio stanno portando all’incancrenirsi di lotte intestine e divisioni.
- C’è chi vorrebbe solo medici sulle ambulanze
- C’è chi vorrebbe solo infermieri sulle ambulanze
- C’è chi non vorrebbe più nessun volontario senza proporre alternative, sulle ambulanze.
Eppure – ad oggi – non esistono risorse e neppure progetti sensati per togliere 300.000 operatori con training BLSD e formazione continua, distribuiti capillarmente sul territorio, con qualcosa che si avvicini seriamente e legalmente ad un soccorritore professionista (ancora più lontano sarebbe l’iter per avere solo infermieri).
Il mondo del volontariato non è immune da colpe, in tutto questo. E’ anche questa una delle radici che hanno portato ANPAS ad organizzare a Roma il 53° congresso nazionale e a scegliere come titolo: “Dare Valore”. Fra le domande che ANPAS si pone c’è anche il ruolo del volontariato, e la misurazione dell’impatto sociale del volontariato organizzato sul territorio. Si perché nonostante tutto il male che si racconta in TV, il volontariato è sul territorio ed è lì che cerca di supportare la comunità, tutelando anche dei valori estremamente importanti come la legalità.
Perché allora il volontariato è sotto attacco, più che dal punto di vista della qualità, dal punto di vista economico? Perché proliferano società semi-serie che possono permettersi di restare in competizione con prezzi che l’associazione di volontariato può solo sognarsi? Il “Dare Valore” di ANPAS è da questo punto di vista una vera sfida.
“Si, il titolo del nostro Congresso spiega molte cose, ma non abbastanza rispetto alla situazione che sta vivendo il volontariato italiano oggi. “Dare Valore” è la nostra sfida rispetto alla necessità di rimarcare e dimostrare il valore del movimento di volontariato, rispetto all’impatto sociale che diamo ogni giorno.
L’ANPAS può dare qualcosa in più rispetto all’attività operativa dei trasporti sanitari, con uno sfruttamento e una connessione, nel rispetto dei ruoli e dei professionisti. La nostra storia peculiare dice che c’è un contributo dei volontariati che garantisce capillarità e migliore gestione delle risorse, dei professionisti, quando serve. Inoltre garantiamo sempre un bacino di persone pronte ad intervenire quando c’è un’emergenza, in ogni luogo, lungo questo Paese che ha spesso necessità di servizi di Protezione Civile e sanitari in realtà fragili o colpite da disastri naturali.
Nonostante questo, non sempre la società vede il volontariato come fattore positivo. Il senso della parola viene aggredito, storpiato e si cerca di ridurre la capacità e la presenza del volontariato. E’ una situazione critica o sbagliamo?
Bisogna distinguere: oggi questi problemi ci sono nel volontariato sanitario, core delle attività di ANPAS, mentre il mondo del volontariato sta crescendo. Nel settore siamo ad un punto di rottura. La figura del volontario si è inserita nel contesto dell’emergenza pre-ospedaliera e dei trasporti sanitari in un momento di necessità. Negli anni ’70 ci si organizzava fra persone del luogo per portare in Pronto Soccorso i malati e i pazienti, con le 500, con i fazzoletti bianchi fuori dai finestrini. Negli ultimi decenni con l’arrivo del 118 e la ricerca scientifica, siamo arrivati ad altri standard, con la possibilità di trattare il paziente nel momento dell’incidente o del malessere acuto. Un passaggio chiave è stato anche l’aumento dei trasporti sanitari intra-ospedalieri, fra strutture residenziali e centri diurni, fra laboratori diagnostici e altre strutture… oggi l’interezza di questi servizi non può essere complessivamente garantito dal volontariato. Non sarebbe giusto. Ma c’è un grosso problema: in questo settore il budget è rimasto una Cenerentola. I soldi disponibili per queste attività sono ridottissimi. Usciamo dal 118, guardiamo i trasporti anziani per i centri diurni: oggi i centri diurni sono usati poco, perché non sono previsti e pianificati trasporti sanitari che garantiscano all’utente di arrivare nel luogo del welfare e di essere riportato a casa. Chi fa questi trasporti a livello privato può imporre prezzi che non sono compatibili con l’attività e quindi non tutti gli anziani possono beneficiare di uno strumento pensato per loro, ma al quale non possono accedere.
Certamente esistono le aziende serie e noi non ci contrapponiamo a queste, ma a chi fa lavoro grigio, lavoro nero, con quelle società che danno soldi che il volontariato non può dare, cifre che sono incredibili dal punto di vista economico. Ci sono realtà che costano meno rispetto al basilare rimborso spese chiesto dalle associazioni.
E’ credibile questo tipo di servizio fra lavoro grigio e lavoro nero?
E’ proprio qui il punto, perché alle amministrazioni pubbliche e alle istituzioni mancano le verifiche con gli organi competenti delle tipologie di attività. Così cresce il falso volontariato, che rovina l’immagine complessiva del sistema. Generalizzando e negativizzando tutto, anche chi si pone con serietà e regole si trova in un contesto negativo. Il rischio alla fine non lo corre solo il volontariato ma anche lo stesso professionista serio.
Cosa significa? E’ forse un legame al fatto che, in Italia, sono spesso le associazioni di volontariato a fare cause alle amministrazioni perché i prezzi dei servizi sono troppo bassi? Come nel paradossale caso di Avellino, dove il rimborso alle associazioni per avere gli infermieri a bordo era talmente basso da rendere impossibile un’assunzione?
Ma questo non è un paradosso. Il volontariato serio non fa la guerra a nessuno e sostiene il lavoro serio. Il nostro CCNL (Contratto di Lavoro Nazionale) è usato anche da Croce Rossa e Misericordie, perché è pensato per dare tutele e diritti ai nostri professionisti. Noi vogliamo che ci sia tutela per chi fa di questa vita un lavoro. Ma non è questo il solo elemento dell’analisi. Si dimentica che il volontariato sta garantendo una capillarità di servizio sul territorio non comune, con la possibilità di centralizzare i servizi più costosi e migliorare per il SSN l’uso delle risorse: non è necessario un medico per ogni ambulanza, è necessario un sistema che sappia fare con semplicità e capacità integrazione, per garantire al cittadino il servizio più adeguato al massimo degli standard possibili.
Molti servizi di trasporto sanitario non hanno bisogno di competenza avanzata, ma di avere la possibilità di essere attivati con semplicità e velocità, e di fare randez-vous puntuali. Tutto questo migliora la spesa, migliora il lavoro, migliora il servizio. Il problema è che l’amministrazione pubblica è rimasta alla logica del carrettino, al fazzoletto bianco, all’ambulanza che non viene riconosciuta come elemento qualitativo del servizio.
Eppure le incomprensioni e le situazioni critiche continuano, non ultima la Liguria, dove l’imposizione del bando europeo non tiene conto di questi fattori e aprono le porte all’intervento dei privati. Cosa non sta funzionando?
Sempre perché la nostra non è una battaglia contro qualcosa, vogliamo costruire uno strumento che tenga conto del passato. Chiaramente è stato necessario fermare il bando, nato per un’iniziativa localistica. C’è un’interlocuzione con gli uffici regionali, per rivedere e adottare scelte differenti, al di là delle decisioni di TAR e Consiglio di Stato. Ci siamo già rivolti alla Corte Europea per stabilire e chiarire gli ambiti di azione del volontariato. Ma – per tornare alla Liguria – garantire ad un territorio complesso e vasto, con poche strutture centralizzate, un servizio di trasporto sanitario efficace e sostenibile, è una situazione complessa per costi, idee e progettualità. Certamente non è nostro obiettivo fare la “guerra” alle aziende che garantiscono diritti sindacali adeguati ai dipendenti, come facciamo noi con i nostri lavoratori.
Ma questo momento è opportuno per sviluppare uno studio complessivo e revisionistico di cosa può fare il volontariato e di quello che invece è più giusto che facciano altre realtà, serie e corrette. Non bisogna mai dimenticare che il volontariato è una palestra di vita e di crescita per la nostra cittadinanza. La nostra storia, anche come Federazione Nazionale delle Pubbliche Assistenze, dagli anni ’70 al 1991, è uno spunto, come una radice che fornisce suggerimenti per una costruzione affidata alle nuove generazioni. Non bisogna dimenticare mai questo quando si pensa al ruolo del volontariato per i futuri cittadini di questo Paese.