Accesso venoso con catetere periferico – Fra mito e leggenda
Croce e delizia di ogni Infermiere, l’accesso venoso è spesso tra le prime operazioni, se non la prima, che si effettua, sopratutto in ambito di emergenza ospedaliera.
Avendo avuto la fortuna di lavorare in più realtà, ho via via acquisito le varie leggende, consuetudini, affermazioni dei posti in cui ho avuto il piacere di lavorare.
Innanzi tutto precisiamo che l’oggetto di questo articolo è il catetere intra venoso periferico classico, escludendo quindi gli accessi venosi a lunga permanenza, gli accessi venosi centrali, etc…
Catetere venoso periferico, caratteristiche
I CVP possono essere di vari materiali: teflon, polivinile, poliuretano, silicone, materiali proprietari (es vialon (c) derivato poliuretanico ) etc… ed assemblati in varie modalità: con supporti di fissaggio (alette traforate o meno), senza supporti, con sistemi di sicurezza anti puntura o addirittura costruiti a foggia di ago “farfalla” pur utilizzando la stessa concezione dei CVP (es. butterfly Intima (c) ).
In tutti i modelli sono riconoscibili: una cannula, che rimane in sede; un mandrino metallico per attraversare la cute e forare la vena ed inserire la cannula, un sistema di aggancio standard per l’introduzione di farmaci / liquidi nel torrente venoso, solitamente di tipo Luer – Lock.
Può essere presente o meno, un sistema di sicureza antipuntura di tipo automatico o manuale.
L’agocannula può inoltre avere un secondo punto di accesso con valvola unidirezionale, utile per introdurre farmaci in bolo rapido, senza utilizzare siringhe e senza dover accedere all’accesso bidirezionale principale.
CVP, CLASSIFICAZIONE DEL CATETERE VENOSO PERIFERICO
I CVP sono adatti per un uso continuo/discontinuo pur se a breve termine di soluzioni / farmaci, in emergenza l’accesso al patrimonio venoso tramite un CVP è una dei fondamenti degli interventi avanzati (pur se si sta affacciando in maniera sempre più importante l’accesso intraosseo).
I CVP sono classificati in base al loro diametro interno, misurato in GAUGE (G), una misura non facente parte del SI e che indica quanti cateteri possono entrare in un cm2, per assurdo un G20 di una ditta, potrebbe avere caretteristiche completamente diverse da uno di un’altra ditta!!!
A volte può essere indicata la misura in Franch (Fr) o Charrier (Ch) – sono equivalenti- il Franch misura il diametro esterno; 1 Fr (o Ch) corrisponde a 0,33 mm (9 Fr = ca 3 mm).
Altre indicazioni che trovate nell’etichetta sono a volte, le misure secondo SI espresse in mm, la lunghezza del catere, e sopratutto la PORTATA espressa in ml/minuto.
Le misure del CVP sono identificate anche da un codice colore -stavolta internazionale- che vi suggerisce il calibro, dal più grosso (14 G), al più sottile.
Catetere Venoso Periferico in Emergenza… LA SCELTA
La scelta del CVP è questione dibattuta e fonte di leggende fra il serio, il consueto, e il faceto.
C’è chi afferma che “più grosso è meglio è”, chi al contrario “più è sottile, meno fa male”, chi ancora ritiene che “grande Infermiere, Grande catetere” (!) parafrasando motti di origine chirurgica d’un tempo ^_^, ma levandoci dal campo delle leggende ed entrando in quello più serio della evidence based andiamo ad analizzare meglio la questione.
Perchè abbiamo bisogno di un accesso venoso periferico?
E’ la prima domanda che dobbiamo porci.
Abbiamo una previsione che il Paziente necessiti di farmaci / liquidi a breve termine?
E’ indispensabile tutelare il Paziente in quella maniera?
Ricordiamoci che l’accesso venoso è comunque una manovra sanitaria (invasiva) e come tale deve essere giustificata da criteri oggettivi.
Sulla base della valutazione che avremo fatto del Paziente ed in base alle nostre previsioni sull’evoluzione del caso, applicheremo il device.
Catetere venoso periferico, quale scegliamo?
Ne abbiamo tanti, di tutti i colori e di tutte le misure.
Sgombriamo subito una nota leggenda: PIU’ GROSSO , NON SIGNIFICA (sempre), MEGLIO.
1) Il sangue non emolizza su di un CVP 22G (non riusciremmo a fare alcun prelievo pediatrico!) al contrario, emolizza per numerosi altri fattori, tra cui: laccio troppo stretto e/o tenuto troppo a lungo, trasferimento di sangue da un device ad alro (es. siringa/vacutainer), shacking delle provette (magari energico), ritardo della consegna dei campioni al laboratorio, esposizione delle provette ad escursione termica, difficoltà nel reperire l’accesso venoso (con numerosi e ripetuti tentativi sullo stesso vaso).
2) se abbiamo fatto una corretta analisi della situazione del Paziente avremo un idea – a grandi linee e coi pochi strumenti a disposizione sull’extraospedaliero – dei bisogni del Paziente o della prima diagnosi, di conseguenza potremo scegliere la misura del device considerando:
- quanti liquidi / farmaci dovremo infondere a breve termine in termini di ml/min
- che tipo di liquidi / farmaci dovremo infondere a breve termine
- il patrimonio venoso del Paziente
- possibilità di reperire a breve un secondo accesso venoso periferico
- possibilità di utilizzo di device diversi per infondere (es. IO)
come vedete non ho assolutamente incluso il periodo successivo a quello extra ospedaliero, per il semplice motivo che (mi ripeto) di default, l’accesso venoso reperito in emergenza dovrebbe essere sostituito nelle prime 24 / 48 ore.
3) A parte Pazienti che potrebbero necessitare di grandi quantità di liquidi in breve tempo, come ad es. il traumatizzato, lo shockato, le rotture dei grandi vasi, in cui è bene provvedere a fissare anche due accessi venosi di grosso calibro (14 o 16 g x2), NON C’E’ LA NECESSITA’ DI USARE GROSSI CALIBRI di ago cannula, anzi , essi sono correlati ad una maggiore incidenza, a lungo termine, di fenomeni infiammatori intravenosi (flebiti) e a maggiori rischi di rottura vasale / stravasi.
3) Oltre alla difficoltà tecnica di reperire ed incanulare un vaso adatto; ad ogni buon conto…quanti liquidi riteniamo il Paziente abbia bisogno nell’immediato o in previsione del trasporto?
Ogni CVP ha indicato i ml/min che può somministrare, quindi (IN MEDIA) un CVP 20G può somministrare 55 ml/min non a pressione, ovvero 50 ml/min considerando le resistenze di deflussori, densità di farmaci, rallentamenti di altri device (es. tre-vie) e attrito vascolare; 50 ml/min sono 3000 ml/ora che dovrebbero essere più che sufficienti per la maggior parte dei casi.
Ovviamente un calibro di questo tipo NON E’ adatto ad infondere liquidi a pressione (comunque con velocità > di 55 ml/min), per i quali occorrono calibri maggiori.
I CVP hanno anche una lunghezza.
Non vi è consenso su quale sia, in emergenza extraospedaliera, la lunghezza migliore. da un punto di vista assolutamente empirico, pratico e personale, ho notato che l’ago corto, è più facilmente inseribile e gestibile rispetto ad uno lungo.
LA PROPOSTA CONTROCORRENTE
Nel Paziente con Shock, rischio o rottura di grandi vasi, politrauma et simila, ove prevediamo una grossa mole di liquidi da infondere, si scelga inizialmente un ago cannula di relativo piccolo calibro (20G) e di seguito un accesso di grosso calibro, così da avere una sicurezza di accesso venoso immediato ed un accesso secondario per infondere liquidi ad alta velocità.
Propongo un primo accesso con un 20G per i ridotti tempi di reperimento dovuti ad una maggiore facilità di accesso venoso in emergenza; di seguito si potrà reperire un AVP di grosso calibro, o ANCOR MEGLIO, UN ACCESSO INTRA OSSEO, maggiormente sicuro e di facile reperibilità.
Chi scrive, infatti, non vede l’utilità di ripetuti tentativi con aghi 16/14 G in pazienti con ridottissimo patrimonio vascolare, meglio un accesso di calibro inferiore subito, ed un accesso vascolare importante in secondo tempo, sopratutto in caso di fallimento – dopo max 2 tentativi, ricorrere all’accesso intra osseo-6
La procedura e la vena da scegliere è….
(-1 -4 -5)
in emergenza extraospedaliera, solitamente, quella che si vede! al di là delle consuete raccomandazioni, che restano, quando è possibile adottarle, assolutamente valide, quindi se riusciamo:
- lavarsi le mani prima di intervenire
- utilizzo di antisettici con clorexidina 2% o jodofori al 10%
- utilizzo di Vie Venose degli arti superiori
- utilizzare accessi lontani da articolazioni e da lesioni cutanee / precednti stravasi
- fissare l’accesso con una medicazione adesiva semitrasparente, in emergenza utile anche un bendaggio autostatico
- utile inserire un tre vie o un deflussore con accesso secondario
- sostituire l’accesso venoso periferico, sopratutto se reperito in condizioni di emergenza e senza procedura standard, nelle prime 24/48 ore
- NON UTILIZZARE L’ARTO IN CUI E’ PRESENTE UNA FISTOLA ARTERO-VENOSA PER DIALISI
Catetere venoso periferico: miti, leggende, curiosità e aneddoti
- la misura di gauge serviva e serve tuttora per dare una indicazione di misura dei fucili a canna liscia (ormai in disuso!) in relazione alle palle in piombo
- l’agocannula più grosso (<20G) non serve a nulla, se non ad aumentare i rischi di flebite, di rottura delle vene e di stravaso, sopratutto in ambito intraospedaliero…più grosso E’ PEGGIO
- l’agocannula un po’ più grosso può essere usato se prevedo che il Paziente dovrà utilizzare soluzioni di densità maggiore o avrà bisogno di terapia infusiva (es TAC con MDC)
- se devo comprimere per non fare uscire sangue…comprimo a monte dell’agocannula, NON SOPRA!
- vene del piede, della gamba o del collo in emergenza si possono reperire, si sostituiscono però nel più breve tempo possibile
- le prime operazioni di accesso vascolare periferico prevedevano l’uso della sala operatoria, l’apertura della cute, l’isolamento della vena con punti di sutura ed il successivo incanulamento con con aghi metallici rigidi e lunghi e circuiti in cauciù
- fino almeno a metà degli anni ’90 si disquisiva , in italia, se l’Infermiere potesse o meno reperire l’accesso venoso! (tuttora abbiamo figure come il “medico prelevatore”)
- il primo catetere della storia vede la nascita nell’antica siria e derviava da un condotto ricavato da una pianta, quello recente invece, da Benjamin Franklin nel 1752 per aiutare il fratello malato, ma lo stesso Franklin attribuisce a Francesco Roncelli-Pardino dal 1720, la creazione del device
- nel 1687 un editto della chiesa, ratificato anche in sede parlamentare, proibì trasfusioni tra uomo e animale (e viceversa)
- l’80% dei Pazienti che entrano in ospedale riceve una terapia endovenosa
Autore: Paolo Formentini
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
1) Centre for healthcare related infection surveillance and prevention & tubercolosis control. Guideline Peripheral intravenous catheter (PIVC). Department Health Queensland Government 2013
2) giaravina, congresso sibioc 2012 ( http://congresso2012.sibioc.it/dia/07NOV2012_11.40_Giavarina.pdf ) ; Risk of hemolysis in blood sampling from peripheral intravenous catheter: a literature review – Danielis M – PMID:25392029
3) Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 5, n.10, 2014
4) CDC ATLANTA Guidelines for the Prevention of Intravascular Catheter-Related Infections. August, 2002
5) Regione Emilia Romagna AZIENDA OSPEDALIERA DI BOLOGNA Policlinico S. Orsola-Malpighi DIREZIONE DEL SERVIZIO INFERMIERISTICO CENTRO STUDI EVIDENCE BASED NURSING EVIDENCE-BASED NURSING E PRATICA CLINICA http://www.evidencebasednursing.it/revisioni/SI10cvp.pdf
6) http://www.teleflex.com/en/usa/ezioeducation/index.html
lo scrivente non ha alcun collegamento con le ditte citate o linkate; questo articolo è redatto a solo scopo consultivo e non rappresenta in alcun modo indicazione medico/infermieristica/terapeutica, per il quale si rimanda ai relativi professionisti ed ai servizi istituzionali.