Atresia biliare: che cos'è e come si manifesta
L’atresia biliare è una malattia severa che colpisce i neonati e che causa infiammazione e ostruzione dei dotti biliari (i canali deputati al trasporto della bile dal fegato all’intestino)
Quando la bile non riesce a fluire normalmente, infatti, rifluisce nel fegato (questa situazione è detta “stasi biliare”), provocando ittero (ingiallimento della pelle e delle sclere) e cirrosi.
La cirrosi è una condizione che si presenta quando le cellule epatiche sane vengono distrutte e quindi rimpiazzate da un tessuto fibroso.
La fibrosi interferisce con il flusso biliare che passa attraverso il fegato, provocando ulteriore danno cellulare e ulteriore fibrosi e ricominciando, quindi, il ciclo del danno epatico.
Eziologia e sintomi dell’atresia biliare
La causa dell’atresia biliare non è stata ancora scoperta.
La malattia colpisce approssimativamente un neonato su 20.000, con una preferenza del sesso femminile rispetto a quello maschile, ma senza discriminare per razza, né per etnia.
Non si tratta di una condizione ereditaria sebbene, in casi rarissimi, può essere colpito dalla malattia più di un neonato all’interno di una famiglia.
I sintomi dell’atresia biliare si rendono solitamente manifesti tra le due e le sei settimane dopo la nascita.
Il neonato presenta ittero, fegato ingrossato e più duro e addome gonfio; le feci sono di solito chiare e le urine scure.
Alcuni neonati possono presentare prurito intenso, condizione che li rende estremamente insofferenti ed irritabili.
Non si sa ancora quale sia la causa del prurito, tuttavia i ricercatori hanno scoperto una connessione tra il prurito e il ritorno di bile.
Diagnosi di atresia biliare
Ci sono molte malattie epatiche che causano sintomi simili a quelli dell’atresia biliare; ecco perché, prima di formulare una diagnosi di atresia biliare, è consigliabile effettuare diversi esami di laboratorio (test ematici e sulle urine, test di funzionalità epatica e test per la funzione di coagulo), per avere la certezza di poter escludere altre patologie epatiche.
In questi casi viene spesso eseguito un esame (non doloroso) che utilizza gli ultrasuoni (ECHO) per analizzare il fegato e determinare la grandezza dei dotti biliari e della colecisti.
Atri test si basano su specifiche tecniche a raggi X o a scansione radioattiva del fegato, tecniche che possono rivelarsi utili nel mettere a fuoco il vero problema.
Trattamento dell’atresia biliare
Il trattamento più riuscito per la cura dell’atresia biliare, fino ad ora, è di tipo chirurgico.
L’intervento crea un drenaggio della bile dal fegato quando i dotti sono completamente ostruiti.
Questa operazione è chiamata “intervento di Kasai” (o, tecnicamente, epatoportoenterostomia), dal nome del Dr Morio Kasai, il chirurgo giapponese che la ha messa a punto.
Durante l’operazione il chirurgo rimuove i dotti extraepatici danneggiati e li sostituisce con un pezzo di intestino, prelevato dal bambino stesso, che agisce da nuovo dotto.
Lo scopo di questo intervento è di permettere il passaggio della bile dal fegato nell’intestino attraverso il nuovo dotto.
L’operazione riesce nel 50% dei casi circa
Nei neonati che rispondono bene all’operazione, l’ittero di solito scompare dopo alcune settimane.
Nel rimanente 50% dei casi, in cui l’intervento di Kasai non dà i risultati sperati, l’insuccesso è causato dal fatto che i dotti biliari ostruiti sono “intraepatici”, cioè si trovano all’interno del fegato.
Dopo l’intervento si cerca di incoraggiare la famiglia e il bambino ad una crescita e uno sviluppo normali.
Se il flusso biliare è buono, al bambino viene data una dieta regolare; se il flusso biliare è ridotto, viene raccomandata una dieta povera di grassi, poiché la bile, che viene utilizzata dall’organismo nell’assorbimento di grassi e vitamine, non assolve bene al suo compito.
Le vitamine multiple, il complesso di vitamine B e le vitamine E, D e K possono essere somministrate come ulteriore ausilio.
Sfortunatamente, nonostante il flusso biliare riattivato, l’intervento di Kasai non è la cura definitiva per l’atresia biliare: per ragioni ancora sconosciute il danno epatico spesso prosegue il suo corso e, alla fine, provoca la cirrosi (con tutte le sue complicazioni).
Possibili complicazioni dell’atresia biliare
I pazienti con cirrosi presentano cambiamenti nel flusso sanguigno che attraversa il fegato, che a loro volta possono produrre delle disfunzioni, come eruzioni cutanee, epistassi, ritenzione di liquidi e varici nello stomaco e nell’esofago.
La pressione alta che si produce all’interno di queste vene può farle sanguinare.
In alcuni casi può essere necessaria una procedura con cui si inietta un agente sclerosante nelle varici.
Quando la malattia progredisce possono però verificarsi altre complicazioni.
Mentre tutti i bambini tendono ad aver sonno dopo aver mangiato, quelli con Atresia biliare possono presentare una sonnolenza eccessiva dopo aver mangiato cibi ricchi di proteine, a causa di maggiori prodotti di nitrogeno nel flusso sanguigno.
I bambini con atresia biliare possono anche essere prede più facili delle infezioni.
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Prospettive di vita per i pazienti con atresia biliare
L’estensione e il tipo di danno epatico differisce da bambino a bambino.
Alcuni rispondono bene all’intervento di Kasai, altri no.
Se la bile continua a fluire, è possibile una sopravvivenza a lungo termine.
Comunque al momento è impossibile per il medico determinare in anticipo quale bambino risponderà al trattamento e quale no.
In ogni caso, non ci potrà essere una cura definitiva per l’atresia biliare finché non si scoprirà la sua causa, per cui le speranze di una soluzione definitiva sono tutte riposte nella ricerca scientifica.
Trapianto di fegato
Il trapianto di fegato è sempre più l’unica o l’ultima soluzione percorribile per chi soffre di alcune malattie epatiche.
Le percentuali di sopravvivenza per i trapiantati sono aumentate incredibilmente con il miglioramento delle tecniche chirurgiche e con lo sviluppo di nuovi farmaci che aiutano a superare il problema del rigetto d’organo.
Nei bambini affetti da atresia biliare il trapianto di fegato in generale non viene tentato finché non sia stato prima eseguito l’intervento di Kasai.
Se questo intervento non ha successo, e prima che le complicazioni della cirrosi che ne consegue diventino severe e mettano in pericolo la vita del bambino, può essere tentato il trapianto di fegato, che ha avuto successo in molti casi.
In ogni caso, come per tutti i trapianti d’organo, l’esito positivo dipende in gran parte dalla tempestiva disponibilità di organi compatibili per la donazione, dal fattore tempo (un fegato donato deve essere reimpiantato entro 16 ore perché l’intervento abbia successo) e da altri fattori che sono ancora oggetto di ricerche.
La prassi dei trapianti da viventi, data la dimensione ridotta dell’organo necessario (spesso per un bambino basta la metà destra di un fegato di un adulto) sta migliorando di molto il tempo e la disponibilità di donatori compatibili.
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