Autismo, ecco tre test sui segnali predittivi che i pediatri dovrebbero conoscere
Autismo: esistono segnali predittivi di una migliore prognosi dei disturbi dello spettro autistico che è possibile individuare “somministrando dei test molto semplici e di facile esecuzione, che non richiedono né una preparazione specifica né uno sforzo economico da parte del pediatra di famiglia”
A dirlo è Teresa Mazzone, pediatra di famiglia e presidente del Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe), intervenuta alla sessione dedicata ad ‘Autismo e prematuri: confronto tra chi si prende cura di bambini’ nella seconda giornata di lavori del 76esimo congresso italiano di pediatria, organizzato in modalità telematica dalla Società italiana di pediatria (Sip).
La pediatra illustra quindi gli obiettivi dei test che rilevano segnali predittivi di autismo
“Il primo è quello del contagio emotivo e valuta la capacità del bambino di avere risposte empatiche attraverso la somministrazione di video che rappresentano diverse emozioni.
Si osserva se il bambino mostri attenzione parziale al video, totale disinteresse o attenzione completa riproducendo la mimica espressiva delle emozioni che si vedono nel video.
Il secondo test valuta la capacità di comprendere le intenzioni altrui.
Se il bambino effettua correttamente l’azione in cui l’interlocutore ha fallito, entro 20 secondi- prosegue Mazzone- vuol dire che ha questa capacità.
Il terzo test è volto a stabilire se il bambino riconosca l’utilizzo solo funzionale dei giochi o anche quello simbolico (ad esempio fare finta di bere il caffè da una tazzina con cucchiaino finti).
Gli esiti positivi della somministrazione di tutti e tre i test- aggiunge la pediatra- sono da considerarsi ottimi predittori di una evoluzione positiva della sintomatologia del disturbo dello spettro autistico, tanto da poter ipotizzare una prognosi favorevole di uscita dalla diagnosi.
Se solo due test su tre danno esito positivo, si considera comunque un buon risultato e si possono somministrare nuovamente i test l’anno successivo”.
Sono strumenti “molto utili- tiene a sottolineare Mazzone- soprattutto per le famiglie che vivono queste diagnosi con estrema ansia e angoscia.
Per cui, poter dire ai genitori che, laddove ci sono questi indicatori, la prognosi può essere più favorevole è molto importante”, conclude.
Per approfondire:
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