Balbuzie: eziologia

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S) classifica la balbuzie come disturbo specifico dello sviluppo, “un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello steso tempo non è in grado di dirlo” (1977)

Eziologia della balbuzie

Come disturbo della relazione d’origine psicogena, la balbuzie esordisce nutrendosi di situazioni traumatiche, insieme a relazioni difficili e precarie avvertite dalla particolarissima sensibilità del bambino nei primi anni di vita (incerta strutturazione della relazione materna, anaffettività, ecc.).

Spesso l’intervento di una situazione reattiva (scatenante) rompe l’equilibrio psico-emotivo dando alla balbuzie – sintomo la possibilità di rappresentare uno scompenso interno, e latente della personalità (balbuzie-sindrome).

Il bambino “sceglie” tra gli innumerevoli sistemi di comunicazione una modalità (la parola bloccata, il linguaggio esitante) che gli garantisce una “cassa di risonanza” sicura per attrarre l’attenzione dei genitori, per comunicare il suo stato interno per “dire” all’adulto di riferimento del suo fastidio riguardo eventi particolari.

I dati statistici rilevano una Incidenza molto alta tra le disfluenze tipiche; secondo studi italiani ed europei circa l’1/1,3 % della popolazione italiana adulta ne è affetta. In particolare circa l’85% presentano i primi sintomi in età prescolare.

Babuzie, sono diverse le traiettorie e le cause di una comunicazione disturbata dopo una iniziale e normale fluenza del linguaggio:

  • cause remote di origine psico-traumatica;
  • cause idiopatiche;
  • cause organico-funzionali (non oggetto delle nostre ricerche).

Rileviamo inoltre tra le cause nei bambini:

  • l’imitazione;
  • i ritardi del linguaggio o disalalie multiple: Ajuriaguerra e Marcelli considerano sino al 50% dei casi;
  • Ed ancora troviamo in alcuni studiosi una “presunzione d’ereditarietà”.

Più precisamente secondo noi è possibile riferirsi ad una predisposizione ambientale-erediataria confermata da storie familiari di balbuzie in circa un 1/3 dei casi.

Si tratta secondo i nostri studi di eredità non tanto della balbuzie quanto di una sensibilità accentuata del bambino verso alcuni fattori psicologici e relazionali (Ansia dei genitori, disarmonie familiari, ipercorrettismo, genitori ansiosi pronti a correggere le naturali fisiologiche disfluenze).

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Da rilevare inoltre indiscutibilmente la trasmissione su base genetica di alcune “strutture” provenienti dal genitore balbuziente

I numerosi studi sulla balbuzie rilevano come importante statisticamente la prevalenza nel sesso maschile, che in Italia, come conferma il Marcelli, si manifesta con un rapporto con il sesso femminile di 1:3, 1:4.

Il disturbo del linguaggio prima dei 3-4 anni è molto diverso dal disturbo che si presenta in seguito (5-6 anni) e ancora diverso dal disturbo che emerge in età adulta.

Diverse sono le strutture esterne (sociali e relazionali) ed interne (psicologiche e personali) compromesse nel tempo e negli anni.

Il linguaggio comincia a svilupparsi progredendo rapidamente per una lunga fase della vita dell’infanzia.

La ricchezza delle cose che circondano il bambino, il desiderio d’esplorazione e la curiosità naturale si traducono nel desiderio di “domandare” e “comunicare” incessante talvolta maggiore delle effettive capacità ed abilità comunicative.

E’ facile quindi che il linguaggio del bambino “in fase di rodaggio” presenti difficoltà nella produzione di suoni, con il vocabolario e con la strutturazione delle prime frasi.

Ripetizione di parole, di sillabe, di frasi intere, esitazioni, prolungamenti, la talvolta frequente riformulazione della frase, sono fenomeni frequenti nelle prime fasi del linguaggio.

Queste “fatiche verbali” del bambino sono segni discontinui presenti anche in bambini non balbuzienti, tuttavia da tenere sotto stretto controllo.

“E’ una fase di ripetizione di sillabe senza tensione spasmodica o tonica, che interviene verso i 3 -4 anni e che con la balbuzie vera non ha alcun rapporto” (Marcelli).

Per approfondire:

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