Calcoli biliari: cause e sintomi
I calcoli biliari si presentano come piccoli sassi solidi che si formano nella colecisti, conosciuta anche come cistifellea, a causa di una maggiore concentrazione di colesterolo nella bile
Che cos’è la calcolosi biliare
La calcolosi biliare è una malattia assai diffusa nel mondo occidentale, presente in percentuali variabili dal 5% al 25% circa nella popolazione adulta dei vari paesi americani ed europei (soprattutto nord europei).
In Europa, gli ultimi dati parlano di una prevalenza di litiasi biliare che varia da 9 a 19% (circa 19% nel sesso femminile e 9,5% nel sesso maschile).
I dati italiani, derivanti da studi condotti negli anni ’80, hanno potuto accertare che:
- la calcolosi è presente nel 10% della popolazione generale;
- i soggetti di sesso femminile sono più colpiti, in percentuali doppie rispetto a quelli di sesso maschile (15% VS 7%);
- con l’avanzare dell’età si incrementa in maniera significativa la prevalenza della malattia in entrambi i sessi.
Che cosa sono i calcoli biliari
I calcoli biliari sono essenzialmente di tre tipi: di colesterolo, pigmentari e misti e possono essere presenti nella colecisti, nelle vie biliari o in entrambe queste strutture anatomiche.
Il processo di formazione dei calcoli è lento ed è stato studiato soprattutto per quanto riguarda i calcoli di colesterolo.
Inizialmente si ha un’aumentata concentrazione di colesterolo nella bile (per anomalie congenite del metabolismo epatico dei grassi endogeni, a causa di una scorretta alimentazione o, ancora, per una riduzione degli agenti biliari solubilizzanti il colesterolo), l’aggregazione in nuclei e successivamente in cristalli di colesterolo, che poi sono la base per successivi calcoli.
Praticamente una bile soprassatura di colesterolo e con una composizione della bile secreta dall’epatocita in proporzioni non ideali dei vari tipi di acidi biliari necessari e utili alla normale funzione digestiva, e magari in un quadro di sindrome metabolica e dieta scorretta: questa, dunque, è la patogenesi per i calcoli di colesterolo.
Diversa e più complessa è la questione relativa ai calcoli biiliari pigmentari, che presentano una diversa patogenesi.
La colecisti è il punto dove più facilmente possono formarsi calcoli, proprio perché vi è ristagno di bile nel suo interno quando si è a digiuno e vi è il tempo per la nucleazione e la cristallizzazione di una bile più ricca di colesterolo.
Se la colecisti presenta, per patologie intrinseche, uno svuotamento ritardato, lento o inefficace, più facilmente si formano calcoli.
I calcoli pigmentari rappresentano una minoranza dei calcoli biliari (circa il 20-25% nei riscontri operatori) e sono così nominati per il loro colore scuro.
Sono costituiti da una miscela di colesterolo, fosfato e carbonato di calcio e da un particolare pigmento, la bilirubina.
Sono in genere associati a malattie ematologiche croniche capaci di indurre emolisi (distruzione, cioè, dei globuli rossi) e liberazione della emoglobina contenuta all’interno dei globuli rossi, che poi viene degradata a formare bilirubina.
Questo tipo di calcoli è più frequente negli anziani e nelle malattie croniche avanzate del fegato.
Cause della calcolosi biliare
L’obesità costituisce un fattore di rischio accertato, soprattutto nelle donne: in questa condizione, genetica o da dieta incongrua, si realizza una aumentata sintesi ed escrezione biliare di colesterolo.
Altro fattore di rischio è di certo l’infezione delle vie biliari, importante particolarmente per la genesi dei calcoli pigmentari.
L’età può essere considerata anch’essa un fattore di rischio in quanto la prevalenza della calcolosi è nettamente aumentata negli anziani, probabilmente per la maggiore concentrazione di colesterolo nella bile e la ipomobilità della colecisti.
Alla luce di questi dati, considerando il progressivo aumento dell’età media della popolazione italiana, è ipotizzabile che la calcolosi biliare sarà destinata a diventare un crescente problema sanitario nei prossimi anni.
La gravidanza (soprattutto le gravidanze multiple) determina un ristagno di bile nella colecisti con incompleto svuotamento e facilità alla formazione dei cristalli di colesterolo, precursori dei calcoli.
La gravidanza associata all’obesità aumenta ulteriormente il rischio.
Anche l’uso dei contraccettivi orali si associa a un aumentato rischio di calcolosi biliare.
Infine, i comportamenti alimentari più a rischio per lo sviluppo di calcoli biliari si identificano essenzialmente in una dieta povera di fibre e ricca di colesterolo e trigliceridi.
Calcoli biliari, altri fattori favorenti da menzionare sono altresì i seguenti:
- la composizione in quantità e qualità e la proporzione tra loro dei vari componenti della bile e del colesterolo;
- un deficit della motilità colecistica, la colecisti pigra, poco mobile, che determina stasi biliare e quindi aggregazione dei cristaklli di colesterolo;
- un difetto motorio dell’apparato digerente, come rallentato transito o alterazione della peristalsi;
- l’idrope della colecisti pericolosa per possibili varie complicanze anche gravi (ascesso, perforazione, ecc..)
Quali sono i sintomi dei calcoli biliari?
I calcoli biliari possono dar luogo a sintomi specifici (come il dolore tipico, la cosiddetta colica biliare o complicanze della malattia) oppure la loro presenza può rimanere silente (litiasi asintomatica).
Da queste due eventualità scaturisce un approccio decisionale completamente differente.
La colica biliare è definita come un dolore in corrispondenza dell’epigastrio/ipocondrio destro talvolta irradiato posteriormente e alla spalla destra della durata di circa 30 minuti e che non scompare con la defecazione.
In aggiunta può esserci nausea e vomito o dispepsia (senso di peso postprandiale, eruttazioni, gonfiore epigastrico ecc..), ma questi ultimi sono generici sintomi che possono presentarsi anche in tante altre situazioni che non caratterizzano propriamente la cosiddetta colica biliare e possono essere presenti in popolazioni litiasiche e non litiachiche.
Complicanze importanti, da portare al tavolo operatorio, possono essere la colecistite acuta, litiasica e non litiasica, oppure le fistole bilio-enteriche o le stenosi del coledoco ab estrinseco per grosso calcolo del dotto cistico.
Spesso i calcoli di piccole dimensioni che facilmente prendono la strada del colecoco fino allo sfintere di Oddi possono essere responsabili di pancreatite acuta e necessitano anch’esse di colecistectomia.
I pazienti asintomatici possono non avere nessun sintomo specifico per molti anni; in essi la probabilità di sviluppare dolore biliare è di circa il 10% a 5 anni e del 20% a 15-20 anni, con un rischio annuo di presentare coliche biliari che diminuisce con il passare del tempo.
In alcuni studi nei quali si è potuto controllare i pazienti per un lungo periodo, è stato verificato che in questi pazienti la probabilità annua di sviluppare una complicanza di rilievo è di circa 1%.
In base a questi dati non vi è razionale per l’indicazione ad un intervento di colecistectomia di elezione, profilattica, in pazienti con calcolosi asintomatica.
Naturalmente, la questione è completamente diversa in presenza di una calcolosi sintomatica, laddove è necessaria una decisione terapeutica.
La malattia si può presentare con dolore, in genere dovuto al passaggio di calcoli nel dotto cistico o nel dotto coledoco, oppure con complicanze di grande rilievo clinico quali colecistite acuta con possibilità di infezione fino all’ascesso o perforazione della colecisti, infezioni acute delle vie biliari, ostruzione del dotto coledoco con ittero, pancreatite acuta.
Queste sono tutte evenienze cliniche che, se non riconosciute e trattate rapidamente, possono portare a complicanze gravi, talvolta fatali.
Diagnosi di calcolosi biliare
Una buona indagine anamnestica e clinica indirizza già sufficientemente alla corretta diagnosi.
La conferma arriva dai dati di laboratorio (incremento delle cosiddette indagini di stasi biliare) e soprattutto dalle tecniche di immagine.
L’ecografia rappresenta la tecnica di scelta, in quanto diagnostica in oltre il 90% dei casi, non è invasiva, è relativamente poco costosa e riproducibile.
In caso di calcolosi biliare, l’ecografia permette di avere altre notizie utili per la valutazione generale della malattia e del paziente (spessore della colecisti, dilatazione dei dotti biliari, patologie associate epatiche e/o pancreatiche, etc.).
La radiografia diretta dell’addome e la colecistografia aggiungono poco ai dati ecografici e vengono richieste solo in casi particolari.
La tomografia assiale computerizzata (TAC) è inferiore all’ecografia per quanto riguarda la calcolosi biliare e può essere utile nel dimostrare il grado di calcificazione dei calcoli in pazienti in cui viene tentato un trattamento di dissoluzione dei calcoli con farmaci.
Nel caso i calcoli siano nelle vie biliari, il problema diagnostico può non essere risolto dall’ecografia e si deve ricorrere ad altre indagini più sofisticate quali la colangiografia in risonanza magnetica nucleare (RMN) o la colangiografia retrograda endoscopica, tecniche che in genere richiedono il ricovero ospedaliero.
Per approfondire:
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