Cancro al seno, Regina Elena scopre cellule staminali tumorali per ridurre recidive e metastasi
Il cancro al seno triplo negativo (TNBC) rappresenta circa il 10-15% di tutti i tumori al seno ed e’ considerato tra i piu’ aggressivi poiche’ cresce piu’ velocemente e ha opzioni di trattamento limitate. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono del 90% per i tumori TNBC localizzati e senza alcun segno di metastasi, ma la percentuale scende drammaticamente all’11% per TNBC con metastasi al polmone, al fegato o alle ossa.
Alla base dell’aggressivita’ di tali tumori ci sono le cellule staminali tumorali che hanno un’ intrinseca forza di chemioresistenza e generano metastasi.
Uccidere queste cellule con la terapia e’ fondamentale per migliorare la prognosi.
CANCRO AL SENO: LO STUDIO DIMOSTRA RUOLO DI ACIDI GRASSI E COLESTEROLO
“Lo studio ha dimostrato che acidi grassi e colesterolo e la loro biosintesi sono essenziali per la sopravvivenza delle cellule staminali tumorali del tumore triplo negativo e possono rappresentare il tallone d’Achille per bloccare queste cellule aggressive,” illustra Luca Cardone, ricercatore dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e ora dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), coordinatore del gruppo di scienziati italiani e internazionali che hanno svolto lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana Cancer Research.
Da diversi anni e’ noto che l’ipercolesterolemia o una dieta ricca di grassi e colesterolo rappresentano un fattore di rischio per forme aggressive di tumore al seno, sebbene i meccanismi biologici alla base di questa osservazione non siano ancora del tutto chiari.
I risultati di questa ricerca forniscono un’importante chiave di lettura per la comprensione dei dati epidemiologici a disposizione. “L’obiettivo del nostro studio – spiega Luca Cardone – e’ migliorare la terapia di pazienti affette da forme aggressive di tumore al seno attraverso un approccio di riposizionamento di farmaci, di cui il nostro laboratorio si occupa da tempo: trovare in pratica un farmaco gia’ in uso clinico per altre indicazioni terapeutiche, e quindi utilizzabile in tempi brevi, per ridurre la capacita’ di generare metastasi e recidive, uccidendo selettivamente le cellule staminali responsabili. Abbiamo cosi’ identificato un farmaco, chiamato pyrvinium, con queste caratteristiche”.
CANCRO AL SENO E RUOLO DEL FARMACO PYRVINIUM
E’ stato necessario capire quali fossero, tra le migliaia di reazioni che avvengono in una cellula, quelle controllate dal farmaco e identificare le tracce del meccanismo di azione delle molecole contro le cellule staminali.
La soluzione dell’enigma avrebbe potuto richiedere anni ed enormi energie ma i ricercatori hanno utilizzato la biologia computazionale e l’intelligenza artificiale, generando in tempi brevi modelli matematici del metabolismo di una cellula staminale tumorale TNBC.
Lo studio ha dimostrato che queste cellule aggressive si nutrono di glucosio e lo convertono in acidi grassi e colesterolo per garantire le loro efficienti funzioni vitali.
Il farmaco pyrvinium, attraverso un meccanismo di azione multifattoriale, e’ in grado di azzerare contemporaneamente piu’ vie di sintesi dei lipidi a partire dal glucosio.
In modelli preclinici, il farmaco ha dimostrato la sua efficacia: uccide le cellule staminali e riduce il numero di metastasi sia in trattamento neo-adiuvante sia adiuvante.
I prossimi passi – sottolinea Cardone – saranno quelli di migliorare la biodisponibilita’ del farmaco e valutare la sua efficacia nei pazienti oncologici, in combinazione con le chemioterapie.
LA NECESSITA’ DEL FARE RETE NELLA LOTTA AL CANCRO AL SENO
“Il lavoro – commenta Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena – dimostra l’importanza della combinazione di approcci sperimentali basati sull’uso dei big-data e modelli bio-computazionali nella ricerca oncologica, senza dimenticare l’approccio multidisciplinare e la capacita’ di fare rete tra laboratori con diverse competenze e tecnologie al fine di comprendere sempre piu’ nel dettaglio le cellule tumorali e definire le loro vulnerabilita’ per colpirle con terapie mirate”.
Lo studio, promosso e coordinato dai ricercatori dell’Istituto tumori “Regina Elena”, grazie a finanziamenti del Ministero della Salute, ha coinvolto anche l’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma, il dipartimento di medicina e scienze dell’invecchiamento (CAST) dell’Universita’ ‘G. D’Annunzio’ di Chieti-Pescara, e centri di ricerca internazionali come il VIB Center for Cancer Biology di Leuven in Belgio, e laboratori del National Cancer Institute (NIH) negli Stati Uniti.