Cardiomiopatie: tipologie, diagnosi e trattamento
Le cardiomiopatie sono un gruppo di malattie primitive del cuore che si associano a un alterato funzionamento del muscolo cardiaco senza che ciò sia causato da una malattia o dal malfunzionamento di una qualche altra struttura cardiaca
Per questo motivo, il termine cardiomiopatia esclude i casi di malattia del muscolo cardiaco dovuti a infarto, a ipertensione arteriosa o a malattie delle valvole.
Le cardiomiopatie sono relativamente diffuse nella popolazione generale, e determinano una quota significativa delle malattie e della mortalità cardiovascolare totale.
Ad esempio, la cardiomiopatia ipertrofica è la causa più comune delle morti improvvise che si verificano sotto i 35 anni di età, e la cardiomiopatia dilatativa, unitamente alla cardiopatia ischemica, è la patologia per cui più di frequente si rende necessario un trapianto cardiaco.
Classificazione delle cardiomiopatie
Le cardiomiopatie vengono classificate in quattro gruppi principali.
- Cardiomiopatia dilatativa
- Cardiomiopatia ipertrofica
- Cardiomiopatia restrittiva
- Cardiomiopatia / Displasia aritmogena del Ventricolo destro
Cardiomiopatia dilatativa
È la forma più comune di cardiomiopatia.
È caratterizzata da dilatazione e riduzione di contrattilità del cuore.
All’esame microscopico le cellule del cuore presentano spesso un certo grado di ipertrofia con una quota di fibrosi superiore al normale.
La cardiomiopatia dilatativa è più frequente nei soggetti di sesso maschile, e l’incidenza della malattia aumenta con l’età.
Può essere classificata in idiopatica (quando la causa resta sconosciuta), familiare/genetica, virale e/o immunitaria, alcoolica/tossica (questa forma, dovuta all’abuso di alcool, di droghe o di farmaci, può essere reversibile).
La cardiomiopatia dilatativa è una causa relativamente comune di insufficienza cardiaca nel mondo occidentale.
I soggetti affetti possono rimanere asintomatici fino a quando non compaiono i segni dello scompenso cardiaco, che spesso ha un andamento progressivo.
Si osservano frequentemente anche aritmie (per esempio, aritmie ventricolari, potenzialmente molto pericolose se causano perdita di conoscenza, e fibrillazione atriale) ed eventi tromboembolici; tutte queste complicanze possono verificarsi in qualsiasi fase della malattia.
Si definiscono familiari quelle cardiomiopatie clinicamente accertate presenti in almeno due membri della stessa famiglia
Le indagini condotte su diverse popolazioni hanno dimostrato che le cardiomiopatie familiari sono molto più comuni di quanto ci si attendesse.
La presenza di familiarità nella cardiomiopatia dilatativa indica il ruolo fondamentale svolto dai fattori genetici.
Sulla base delle attuali conoscenze, una causa genetica è identificabile nel 25-50% dei casi di cardiomiopatia dilatativa.
È stato calcolato che i familiari di pazienti con cardiomiopatia dilatativa presentano un rischio di malattia significativamente superiore a quello della popolazione generale.
L’identificazione di una trasmissione ereditaria nella cardiomiopatia dilatativa indica che in certi casi la causa della malattia è dovuta a una mutazione in un gene che ha una funzione critica per il muscolo cardiaco.
Lo studio di una famiglia con cardiomiopatia dilatativa si basa sull’esame clinico, elettrocardiografico ed ecocardiografico di tutti i parenti consanguinei di primo grado dei familiari affetti.
Il controllo andrebbe ripetuto nel tempo (almeno ogni 2-3 anni) anche nei familiari sani, per escludere forme a presentazione clinica tardiva della malattia.
In alcuni casi la cardiomiopatia dilatativa è associata ad una malattia del muscolo scheletrico (per esempio, alcune forme di distrofia muscolare).
Il riconoscimento di una condizione in cui la cardiomiopatia faccia parte di una malattia neuromuscolare è abbastanza semplice, tuttavia esistono numerosi casi in cui la compromissione della muscolatura scheletrica è solo sfumata e la diagnosi può essere più difficile.
Cardiomiopatia ipertrofica
È caratterizzata da ingrossamento (= ipertrofia) del ventricolo sinistro, e/o del ventricolo destro.
L’ipertrofia è caratteristicamente asimmetrica (è maggiore a carico del setto interventricolare) e le pareti ventricolari sono molto ispessite (spessori parietali > 15 mm).
Il volume delle cavità cardiache è tipicamente normale o ridotto e può essere rilevata una differenza di pressione tra cuore (ventricolo sinistro) e aorta (forme ostruttive).
La funzione di pompa del cuore è inizialmente pressoché intatta, ma l’ipertrofia rende le pareti cardiache rigide e in alcuni casi si può avere un’evoluzione dilatativa con riduzione della funzione di pompa del cuore.
La malattia è geneticamente determinata e si trasmette con modalità autosomica dominante; è causata da mutazioni a carico dei geni che regolano la sintesi e la funzione delle proteine contrattili del muscolo cardiaco.
Il quadro clinico è caratterizzato da un grado più o meno marcato di limitazione funzionale, dalle aritmie, potenzialmente molto pericolose soprattutto nei pazienti più giovani, e, tardivamente e solo in un sottogruppo di pazienti, dall’instaurarsi di un progressivo scompenso cardiaco refrattario.
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