Coprocoltura delle feci per salmonella: perché e come si fa
Con “coprocoltura” ci si riferisce ad uno dei più importanti esami microbiologici svolti utilizzando le feci. Si tratta di un esame batteriologico di fondamentale importanza che consente di individuare presenze anomale di germi all’interno del nostro intestino ed è ad oggi uno degli strumenti più importanti per identificare la causa specifica di talune infezioni
Per eseguire questa analisi basta raccogliere un campione di feci servendosi dell’opportuna spatolina e metterlo all’interno di un opportuno contenitore sterile.
Nel caso fosse presente sangue nelle feci è consigliato raccoglierlo comunque perché al suo interno è più facile trovare i batteri.
La coprocoltura è un esame che viene prescritto quando si sospetta una infezione batterica o parassitaria dell’intestino che si manifesta con diarrea, febbre e dolori addominali.
Perché si fa la coprocultura?
La coprocultura è un test che viene utilizzato al fine di andare ad investigare la presenza di alcune tipologie causate da specifiche popolazioni di batteri.
È il caso ad esempio di:
- Campylobacter, un batterio presente nelle carni bianche che non vengono ben cotte e che reppresentano la principale causa di enterite batterica;
- Escherichia coli, che viene trasmesso principalmente attraverso l’acqua e le verdure crude contaminate. Questo batterio è responsabile della diarrea del viaggiatore ma anche di patologie ben più gravi come la colite emorragica;
- Salmonella, è uno dei batteri che si trova maggiormente in uova e carni che vengono consumate crude e che si rende responsabile di infezioni intestinali accompagnate da diarrea, muco nelle feci e pus.
- Shigella, è un batterio che si localizza all’interno delle tubature dell’acqua e che è responsabile di gastroenteriti con sintomatologia molto simile alla salmonella.
Talvolta si ricorre inoltre alla coprocultura per individuare la presenza di altre popolazioni batteriche come il Clostridium difficile, i vibrioni del colera, la Yersinia, lo stafilococco oppure il Rotavirus, che sono tra le cause più comuni per fenomeni acuti di diarrea nel bambini.
Questo esame si rivela particolarmente utile anche diagnosticare un’infezione da Candida albicans, un fungo che può infettare il nostro intestino.
Non tutti i batteri “vengono per nuocere”
Al contempo è utile ricordare che nel nostro intestino trova ospitalità, senza che questo sia motivo di preoccupazione ma anzi indice del buon funzionamento del nostro corpo, una gran varietà di batteri, che insieme assumono il nome di flora intestinale o microbiota.
Parliamo di microrganismi che vivono in un rapporto simbiotico con il nostro intestino e che contribuiscono a svolgere compiti importantissimi in fase digestiva, basti pensare alla sintesi della vitamina K importantissima per la coagulazione.
Non tutti i batteri che dunque si potrebbero trovare nel nostro intestino devono essere fonte di preoccupazione.
Per quanto riguarda invece i batteri e i virus che abbiamo elencato poco sopra, si tratta di agenti patogeni che non trovano spazio nell’ambito dei batteri “buoni” che costituiscono la flora intestinale e che dunque necessitano sempre di contromisure volte all’eliminazione degli stessi.
Come si fa la coprocoltura?
La coprocoltura è un esame che si svolge su un campione di feci che deve essere raccolto dal paziente con un opportuno contenitore per poi essere consegnato al laboratorio, che procederà con l’analisi.
Prima di poter spiegare nel dettaglio cosa avviene successivamente, è necessario fare qualche premessa per quanto riguarda invece la raccolta del campione stesso.
Il laboratorio in genere presenta degli opuscoli agli analizzandi, che spiegano come operare per raccogliere un campione che non sia contaminato.
Per praticità elencheremo quelle che sono le precauzioni per ottenere un campione che potrà poi essere utilizzato per i test che ci interessano:
- l’ideale sarebbe defecare non nel water, ma piuttosto in un vaso da notte, dove non ci sarà possibilità di contaminare le feci con le urine; nel caso in cui non sia disponibile un vaso da notte, si potrà procedere (con più difficoltà) andando a ricoprire la parte interna del water con della carta igienica;
- allo stesso tempo, soprattutto per i soggetti leggermente incontinenti, bisognerà fare attenzione a non espellere urina in concomitanza con l’espulsione delle feci;
- le feci vanno raccolte con l’apposita spatolina, cercando di ottenere campioni da almeno 4-5 punti differenti. Nel caso in cui nelle feci siano presenti tracce di sangue, muco o pus, sarà indicato prenderne dei campioni;
- il contenitore va riempito circa per la metà per poi essere chiuso e consegnato al laboratorio riportando il nome e la data di nascita del paziente.
Qualora non si abbia la possibilità di portare il campione raccolto al laboratorio, questo può essere conservato in un luogo fresco (ad esempio in frigorifero) per un massimo di 12-24 ore.
Quale contenitore sterile usare per la coprocoltura?
Per raccogliere e conservare correttamente il campione di feci da inviare in laboratorio, è necessario usare un contenitore sterile apposito, dotato di spatolina.
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La coprocoltura: procedure di laboratorio
Successivamente in laboratorio vengono ricreate le condizioni ottimali per la proliferazione di alcune classi di batteri per permettere ai batteri stessi che si trovano all’interno delle feci di riprodursi e dunque essere rilevati dagli strumenti diagnostici.
Dato che le condizioni ottimali per la riproduzione delle colonie batteriche sono però diverse da gruppo a gruppo, tendenzialmente i laboratori preparano diverse coprocolture dividendo il campione di feci originario in più colture, al fine di individuare quelli che sono i ceppi più comuni e quelli che il medico ha indicato come sospetti.
L’infezione da Campylobacter
Una delle più frequenti infezioni che si cercano di individuare attraverso la coprocoltura è quella dovuta al Campylobacter.
Si tratta di un genere di batteri gram negativi, labili all’ambiente esterno e che causano tra le più preoccupanti infezioni dovute all’ingestione di alimenti contaminati.
Sono quattro le specie di Campylobacter che sono responsabili delle infezioni nell’uomo:
- Coli, Jejuni e Lari: sono tutte e tre responsabili di infezioni intestinali che vengono accompagnate dai sintomi tipici delle gastroenteriti;
- Fetus: non interessa la coprocoltura in quanto è responsabile di infezioni di carattere extra-intestinale e riesce a colpire soltanto soggetti immunodepressi oppure i neonati
Il contagio deriva nella maggior parte dei casi dall’ingestione di liquidi o di alimenti che sono contaminati dalle feci degli animali infetti.
Per quanto riguarda invece le cure, in genere c’è guarigione spontanea senza che sia necessario procedere con terapie a base di antibiotici.
Nel caso in cui si volesse accelerare il recupero da parte del soggetto infetto, si può procedere con somministrazione di eritromicina, claritomicina e azitromicina.
Può essere anche utile procedere con una terapia re-idratante, a base di liquidi ed elettroliti.
L’infezione da Salmonella
Il secondo caso più comune tra quelli che si provano ad individuare attraverso la coprocoltura.
La Salmonella è estremamente diffusa in natura e continua a colpire, anche se in misura decisamente minore rispetto al passato, anche nei paesi sviluppati.
Il contagio avviene principalmente attraverso il contatto con carne o alimenti contaminati, con carni di pollo, uova, frutti di mare e latte che sono i veicoli più comuni per quanto riguarda il contagio umano.
La cottura degli alimenti è in grado di ridurre fortemente le possibilità di contagio e costituisce ad oggi il presidio di prevenzione più importante nei confronti di questa specifica infezione.
Il trattamento dell’infezione da Salmonella spesso non richiede alcun tipo di intervento e tende a regredire spontaneamente nel giro di pochi giorni.
Durante la fase acuta è comunque consigliabile una costante idratazione del soggetto, con integrazioni, laddove richieste, di sali minerali.
Ci sono controindicazioni per chi si sottopone a coprocultura?
No. La coprocoltura è un test per nulla invasivo e che non può causare alcun tipo di problematica in capo al soggetto che vi si sottopone.
Il campione è prelevato esternamente e la procedura alternativa, ovvero il tampone, è stata ormai abbandonata in quanto non in grado di fornire dei campioni attendibili.
Anche in quel caso comunque il fastidio per il paziente è minimo e non c’è motivo di preoccuparsi di alcunché.
Al contrario, spesso la coprocoltura permette di individuare la presenza di patologie in modo assolutamente non invasivo e senza che ci siano ripercussioni di alcun tipo per il soggetto che vi si sottopone.
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