COVID-19, la “non novità” di ceppi e varianti. Che esistono da sempre, e sono oggetto di studi da mesi
Ceppi e varianti del COVID-19, sono l’ultimo tema dell’infodemia legata all’epidemia da coronavirus.
A scatenare l’inutile polemica, la nuova variante scoperta in UK, che risulta essere particolarmente aggressiva.
Questo ha determinato un saggio “blocco” delle frontiere in entrata ed in uscita, nel tentativo di evitarne la diffusione in Europa e nel mondo, ma anche nell’attesa di capire quanto possa vanificare l’effetto positivo del vaccino COVID-19 che in UK è da settimane somministrato ai cittadini della Gran Bretagna.
Ma il concetto di ceppi e di varianti è tutt’altro che una novità. E’ antico quanto il covid, in effetti.
Ceppi e varianti COVID-19, in principio fu il premio Nobel Robert Gallo
Esordì il premio Nobel per la Medicina, il prof. Robert Gallo (era il 14 aprile 2020) distinguendo il ceppo americano, più contagioso, da quello europeo, più mite.
Di lì in poi fu un crescendo.
Gli epidemiologi ed i virologi, studiando per esempio i prelievi dei malati di tumore, le acque reflue degli scarichi fognari, lastre e altre analisi diagnostiche, individuarono ceppi e varianti a COVID-19 a decine.
Li abbiamo puntualmente raccontati, troverete i link in coda all’articolo.
Ecco che quindi la domanda diventa: perché generare allarme all’indomani dell’inizio del piano vaccinale vendendo come novità un concetto assodato della ricerca scientifica?
Le risposte potrebbero essere molte, ciascuno si dia la propria.
Per approfondire: COVID-19, Paranoici e complottisti aiutano il coronavirus: uno studio della Statale di Milano
Ceppi e varianti COVID-19 possono inficiare i vaccini? Ovviamente no, ed ecco il perché
Ovviamente una o più varianti possono inficiare, in toto o in parte, gli effetti protettivi di un vaccino, ma certo non di tutti i vaccini.
Che sono, in questo preciso istante, 61.
Candidati con percorso di sperimentazione concluso di cui si attende il via libera dai vari centri di controllo sparsi per il mondo (a seconda di dove si intende commercializzarli).
Quelli con approvazione scientifica del WHO, l’Organizzazione Mondiale di Sanità. Alcune centinaia di altri sono ancora in fase di sperimentazione più arretrata, ma certo arriveranno, almeno in parte.
E si distinguono per approcci scientifici profondamente diversi tra loro.
I 61 vaccini già “seri”, quello “WHO approved“, si dividono in varie categorie.
Dei 61, 18 aggrediscono la subunità proteica del coronavirus, 9 il vettore virale, 8 il DNA della cellula infettata, 8 meccanismi di inattivazione virale, 8 l’RNA virale, 4 la replicazione del vettore virale, 2 parti specifiche del virus, 2 l’antigene della cellula bersaglio, 1 è un vaccino con virus attenuato, 1 ancora l’antigene della cellula bersaglio, ma in un’altra porzione dello stesso.
Come a dire, morto un vaccino se ne fa sempre un altro.
COVID-19, ceppi e varianti in Italia: nuovo studio internazionale guidato dal Prof. Massimo Ciccozzi
Sars-CoV-2 si è diffusa in Italia attraverso ben 13 diversi ceppi virali.
E a favorire dopo l’estate la ripresa della pandemia da Covid-19 sono stati i soggetti superdiffusori insieme ai microfocolai locali di cui si è perso rapidamente il controllo.
Sono alcune delle conclusioni a cui è arrivato il team internazionale di 28 scienziati guidato dal professor Massimo Ciccozzi, Responsabile dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Campus Bio-Medico di Roma con Davide Zella dell’Istituto di Virologia umana del Maryland, Usa e Marco Salemi dell’Università della Florida.
Emergency Live ha avuto la fortuna di coinvolgere il prof Massimo Ciccozzi in un convegno su COVID-19, e già allora espose studi e ricerche piuttosto esaustivi, sull’argomento.
Per approfondire: Il Prof Ciccozzi e l’epidemiologia di COVID-19
Lo studio, un contributo sul portale MedRxiv aperto ai commenti della comunità scientifica, mostra come la pandemia italiana da Covid-19 sia caratterizzata da una diffusione a cluster in ambienti come quelli familiari, le comunità e nelle residenze sanitarie e certifica che l’aumento della mobilità durante l’estate scorsa ha permesso al virus di “liberarsi” e uscire da quegli ambiti chiusi nei quali era rimasto contenuto fino alla fine della primavera, grazie alle restrizioni osservate nel lockdown.
Un radicale cambiamento nei comportamenti generali che ha portato alla perdita del tracciamento dei contatti e alla nuova escalation di contagi e decessi degli ultimi mesi.
“I cluster – spiega il professor Ciccozzi – agiscono come “serbatoi nascosti” della malattia.
Piccoli gruppi di individui inizialmente contagiati da un soggetto cosiddetto “superdiffusore” e poi in grado di contagiare a loro volta a causa della riduzione dei limiti e delle restrizioni al movimento delle persone”.
Inoltre, secondo lo stesso studio, le mutazioni in questo virus che differenziano i 13 ceppi in circolazione in Italia, pur avendo inciso sul livello di contagiosità non modificano la patogenicità del virus né quindi la sua capacità di farci ammalare e di uccidere.
“Infatti – spiega ancora Ciccozzi – la mutazione DG614 che abbiamo individuato lo scorso marzo e che ha reso il virus più contagioso è stata trovata nel 98 per cento delle sequenze genomiche italiane depositate in banca dati”.
“In altre parole, se la capacità dei diversi ceppi di trasmettere la malattia varia, non sono cambiati fino ad ora, in base al ceppo, i meccanismi attraverso i quali il virus riesce a entrare nell’organismo umano e a farci ammalare” conclude Ciccozzi.
“Dal punto di vista evolutivo questo significa che la proteina Spike su cui i vaccini a RNAm si basano non sembra ad ora coinvolta in queste mutazioni.
Quindi l’efficacia vaccinale dichiarata resta invariata”.
Questo elemento risulta particolarmente importante in vista dell’avvio della campagna vaccinale nazionale.
2020.12.16.20248355v2.fullPer approfondire:
Brasile, è guerra politica su quale vaccino Covid-19 da distribuire a 212 milioni di cittadini