Dolore cronico e psicoterapia: è il modello ACT il più efficace
Dolore cronico, nel modello ACT eccelle: il National Institute for Clinical Excellence (NICE) “premia” il modello di psicoterapia applicato da sempre dal servizio di Pasicologia clinica per la gestione del dolore cronico oncologico, emicranico o causato dall’endometriosi
Il modello ACT – Acceptance and Commitment Therapy – è la psicoterapia più efficace per la gestione del dolore cronico
A dirlo è il National Institute for Clinical Excellence (NICE), l’agenzia indipendente britannica il cui mandato è quello di fornire, su evidenze scientifiche, linee guida agli operatori sanitari al fine del raggiungimento dei migliori standard possibili nella cura dei pazienti.
Le linee guida di NICE si basano su trial clinici, che hanno dimostrato quanto il modello ACT agisca positivamente, non tanto sul dolore ‘puro’, quello causato dalla patologia, quanto su quello ‘sporco’.
Un termine usato quest’ultimo per indicare la sofferenza psicologica che viene ad innestarsi quando la sofferenza fisica condiziona la qualità di vita.
ACT agisce su patologie collegate al dolore cronico
Il paziente affetto da dolore cronico in genere soffre di depressione, ansia, disturbi del sonno, rabbia che amplificano inevitabilmente il dolore fisico, abbassando la soglia di sopportazione.
ACT agisce su questi aspetti portando il paziente ad abbandonare quelle strategie di evitamento che l’essere umano mette in atto istintivamente di fronte a qualcosa che non sa come controllare, ma che esse stesse sono fonti di sofferenza.
Un esempio? Evitare di frequentare le persone perché a causa del dolore io sono un peso.
Questo non fa altro che aumentare il senso di solitudine, di non essere amato, esacerbando anche la sofferenza fisica.
Ma spesso sono i nostri pensieri che ci attribuiscono il ruolo di ‘peso’ non la realtà dei fatti.
Come indica l’acronimo ACT, la terapia vuole portare all’accettazione, una parola difficile da affermare di fronte a una persona che soffre
Accettazione non significa rassegnazione o fatalismo, ma consapevolezza del presente che comprende il dolore ma non deve essere visto attraverso di esso.
Aiutare il paziente a muoversi verso ciò che è importante, verso ciò che ha valore per la persona stessa nonostante il dolore, è ciò che si prefigge questo modello di psicoterapia.
Un modello che secondo le line guida NICE aiuta anche il paziente a una maggiore adesione terapeutica e aumenta l’efficacia del farmaco.
La depressione o la rabbia innestano anche un senso di sfiducia nei confronti della terapia che si sta seguendo: ‘Il dolore rimane quindi a cosa serve?’.
La psicoterapia agendo sul dolore sporco, agisce sulla percezione del dolore primario e aumenta la consapevolezza sulla necessità di aderire correttamente alla terapia.
Se i farmaci vengono assunti correttamente, aumentano la loro efficacia.
La malattia, come il dolore, possono rappresentare momenti in cui sperimentiamo emozioni indesiderate, pensieri inquietanti, vissuti d’impotenza e di perdita delle autonomie, per cui non è sempre facile vivere e muoversi coerentemente con i propri valori.
Il percorso terapeutico si ripropone di rimanere in una posizione d’ascolto e di accoglienza della sofferenza, per poi ricercare un nuovo repertorio di azioni, psicologiche e fisiche, coerenti con i valori identificati.
La terapia si snoda, quindi, attraverso un percorso che si sviluppa mediante i sei processi del modello ACT (accettazione dell’esperienza, defusione, contatto con il momento presente, senso di continuità con il sé, contatto con i propri valori e azione impegnata), applicati nel contesto del dolore cronico.
Per approfondire:
Gestire e alleviare il dolore: il ruolo della terapia antalgica
Tutto sul dolore cronico: definizione, prevenzione, trattamento
Dolore cronico, Siaarti presenta il ‘Manifesto sociale contro la sofferenza’