Emergency Extreme: la lotta alla malaria e l’utilizzo dei droni
Morire di malaria. I dati dell’OMS purtroppo parlano chiaro, non si può fingere di non comprenderne la gravità: nell’ultimo rapporto pubblicato, il World Malaria Report 2019, si stimano in 228 milioni gli esseri umani contagiati e in 700 mila quelli deceduti.
Malaria e droni, qualche dato:
Il 92% dei casi di malaria ed il 93% dei decessi sono concentrati nel continente africano.
Volendo approfondire il dato, noteremmo che l’80% degli stessi si concentrano nei 16 paesi dell’Africa sub-sahariana ed in India. Il 61% dei decessi colpisce bambini sotto i 5 anni.
Il trend, rispetto al 2010, è in decrescita (20 milioni di persone in meno), ma il rapporto sottolinea anche come negli ultimi anni i progressi fatti dalla comunità mondiale abbiano segnato una brusca battuta d’arresto.
Malaria e droni, un comportamento virtuoso
Ad invertire la tendenza ci pensano organizzazioni di persone volenterose (e “normalmente” eroiche, aggiungeremmo) e alcune aziende che decidono di modificare i propri prodotti.
Fondamentalmente scelgono di sganciarli dalla funzione originaria, e di maggiore appeal per i mercati, e di inventarne una che risolva un determinato problema.
Uno di questi è la Dji, azienda leader nella costruzione di droni di fascia medio-alta/altissima.
In seno ad una visita a Zanzibar (Tarzania) il team DJI ha aderito al Programma di eliminazione della malaria di quell’area (ZAMEP) e ha preso importanti decisioni, riunite in un progetto creato ad hoc.
Usando un Agras MG-1S ha irrorato le zone di acqua stagnante, per esempio le risaie, con un agente di controllo ecologicamente sicuro.
Un’operazione con la quale hanno contribuito in modo importante a bloccare il principale veicolo di diffusione dell’organismo “shuttle” del virus, la zanzara.
Malaria a Zanzibar, qualche dato sui risultati
Un risultato concreto su cui riflettere? Un mese dopo l’irrorazione il numero di zanzare è stato vicino allo zero.
In realtà, molti lettori lo sapranno da soli, l’irrorazione è tutt’altro che una novità: la si usa come mezzo di prevenzione da molti anni. Il punto centrale della questione è che non tutti i paesi, non tutti i “ministeri della Sanità” (usando l’espressione in senso lato) hanno i fondi per pagare i passaggi aerei (piuttosto che di elicotteri) necessari, che hanno costi superiori a quelli determinati dal drone.
Non esiste una soluzione magica a tutti i problemi, il soccorso alle persone in difficoltà non conosce alcun Shangri-La: esistono luoghi del mondo nei quali è intelligente adottare alcuni tipi di risposta, ed altri nei quali occorre escogitarne una differente. Ciò che importa, se ci pensiamo bene, è che un problema venga risolto, che delle vite vengano salvate.
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