Enfisema polmonare: cause, sintomi, diagnosi, esami, trattamento
L’enfisema polmonare (termine originato dal greco empbysan, che significa “gonfiare”), costituisce una patologia polmonare ostruttiva caratterizzata dalla dilatazione e distruzione delle unità parenchimali polmonari, dai bronchioli terminali agli alveoli
Tecnicamente, la conferma del quadro patologico può essere ottenuta solo mediante biopsia polmonare o esame autoptico; comunque, alcuni reperti clinici e diagnostici, che verranno elencati nel corso di questo articolo, sono altamente suggestivi di tale processo patologico.
La comparsa della sintomatologia avviene tipicamente dopo l’età di 50 anni e colpisce gli uomini circa 4 volte più delle donne.
Classificazione dell’enfisema polmonare
L’enfisema può essere classificato in accordo con la localizzazione anatomica del processo patologico. L’enfisema panlobulare (panacinoso) è costituito dall’allargamento degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, comprendenti i bronchioli respiratori, i dotti alveolari e gli alveoli, ed è molto più frequentemente provocato da una deficienza dell’inibitore della α1-proteinasi (α1PI).
Al contrario, l’enfisema centrolobulare coinvolge primariamente i bronchioli respiratori centro-acino si, risparmiando così le unità polmonari distali.
Cause e fattori di rischio dell’enfisema polmonare
I due principali fattori identificati nella progressione dell’enfisema polmonare sono il fumo di sigaretta e la predisposizione genetica a sviluppare la malattia.
Il fattore più comune associato allo sviluppo dell’enfisema polmonare è, come purtroppo spesso avviene quando si tratta di patologie respiratorie, l’anamnesi positiva per il fumo di sigaretta.
L’esatto meccanismo e il ruolo che le sigarette rivestono nello sviluppo della malattia sono ignoti.
L’inalazione del fumo di sigaretta incrementa l’attività della proteasi, la quale a sua volta distrugge i bronchioli terminali e le pareti alveolari.
Il fumo riduce anche il trasporto muco-ciliare, portando alla ritenzio ne di secrezioni e ad un aumento della suscettibilità del polmone ai processi infettivi.
Sebbene il fumo sembra essere la principale causa dell’enfisema nella maggior parte dei casi, un piccolo numero di individui sviluppa enfisema polmonare con una minima o nulla esposizione al fumo in conseguenza della deficienza congenita dell’enzima α1PI.
Normalmente il fegato produce 200-400 μg/dl di questa proteina sierica, precedentemente definita α1-antitripsina.
L’α1PI è responsabile della inattivazione dell’elastasi, un enzima rilasciato dai leucociti polimorfonucleati (PMN) e dai macrofagi, che degrada l’elastina durante la risposta infiammatoria.
Pertanto, un deficit di alI porta alla distruzione del tessuto polmonare elastasi-indotta, determinando così la comparsa dell’enfisema panlobulare.
Tale quadro patologico è conseguenza della presenza di un tratto omozigote geneticamente ereditato presente in circa l’1% dei casi di enfisema che divengono sintomatici per la prima volta nella terza-quarta decade di vita. Anche il fumo di sigaretta aggrava il quadro anatomopatologico osservato nel deficit di α1PI.
Le infezioni respiratorie contratte durante l’età pediatrica possono portare allo sviluppo di una patologia ostruttiva polmonare nelle fasi successive della vita, ed anche gli inquinanti inalatori come il diossido di zolfo e l’ozono possono aumentare la morbilità dei pazienti affetti da pneumopatia.
Sebbene l’esatto ruolo degli inquinanti inalatori nella eziologia dell’enfisema polmonare non sia chiarito, le esacerbazioni della malattia possono evidenziarsi quando i livelli di inquinanti sono elevati.
Sulla base di tali dati, i pazienti dovrebbero evitare le infezioni e l’inalazione di irritanti, così la prevenire le esacerbazioni della malattia.
Fisiopatologia
A causa della distruzione tissutale e della perdita delle proprietà elastiche che si verificano nell’enfisema polmonare, si evidenziano limitazioni nella espirazione ed anomalie dello scambio gassoso.
L’alterazione del flusso espiratorio deriva dalla perdita delle caratteristiche di elasticità del tessuto polmonare che porta alla riduzione della pressione di spinta dell’aria espirata, all’aumento della distensibilità polmonare e della collassabilità delle pareti delle vie aeree.
Questi elementi portano, infine, all’intrappolamento dell’aria durante l’espirazione forzata e ad un aumento della capacità funzionale residua, del volume residuo e della capacità polmonare totale.
La distruzione del letto alveolare capillare polmonare porta, invece, alla riduzione della superficie di scambio gassoso, mentre la dilatazione delle vie aeree aumenta la distanza per lo scambio gassoso ed entrambi questi fenomeni alterano l’efficienza della respirazione esterna.
Queste anomalie determinano, infine, squilibri del rapporto ventilazione/perfusione (V/Q) con ampie aree di spazio morto ventilatorio e aumento del lavoro respiratorio.
Diagnosi: anamnesi
I reperti dell’enfisema si evidenziano solitamente in associazione a quelli della bronchite cronica.
Comunque, a scopo didattico, i segni e sintomi mostrati da pazienti enfisematosi, “pink puffer”, verranno descritti in modo da differenziare questi due processi.
Come affermato precedentemente, una diagnosi definitiva può essere fatta soltanto dopo un esame anatomopatologico del tessuto polmonare del paziente; comunque, l’anamnesi, l’esame clinico ed i risultati dei test diagnostici saranno spesso in grado di fornire adeguate informazioni per confermare la diagnosi clinica di enfisema polmonare.
Il paziente lamenta spesso dispnea che aumenta con lo sforzo mentre la dispnea a riposo compare relativamente tardi nel corso della malattia.
Le esacerbazioni del processo patologico si verificano tipicamente dopo infezioni respiratorie virali o batteriche, in conseguenza della esposizione a polveri oppure in associazione allo scompenso cardiaco congestizio.
Una storia di fumo di sigaretta dovrebbe allertare il medico circa la possibilità che il paziente possa sviluppare non solo l’enfisema polmonare ma anche altre patologie respiratorie legate al fumo come la bronchite cronica.
Anche l’anamnesi familiare positiva per il deficit di α1PI dovrebbe allertare il medico in quanto i segni e i sintomi dell’enfisema polmonare possono, in tali pazienti, svilupparsi più precocemente.
Diagnosi di enfisema polmonare: esame obiettivo
L’esame clinico del paziente può fornire informazioni chiave nello stabilire la diagnosi di enfisema polmonare.
L’ispezione del paziente con enfisema polmonare mostrerà frequentemente la presenza di tachipnea con prolunga-mento della fase espiratoria, tachicardia, utilizzo dei muscoli accessori della respirazione, aumento del diametro antero-posteriore del torace e talvolta espirazione a labbra socchiuse.
I pazienti assumono spesso anche una posizione del corpo grazie alla quale possono sporgersi in avanti con le braccia fissate alle ginocchia oppure con i gomiti appoggiati sul tavolo.
Tale posizione consente un ottimale vantaggio meccanico per i muscoli respiratori.
La palpazione mostra solitamente una riduzione del fremito vocale tattile, mentre la percussione evidenzia emidiaframmi appiattiti ed immobili ed un aumento della risonanza al di sopra dei campi polmonari.
L’auscultazione del torace mostra una riduzione dei suoni polmonari oltre che una ridotta trasmissione dei toni cardiaci e della voce.
Diagnosi: esami
Alla radiografia del torace si evidenziano campi polmonari iperdiafani, espansi con diaframmi bassi, appiattiti ed un cuore piccolo ad orientamento verticale.
La radiografia del torace in proiezione laterale mostra un aumento della trasparenza dei campi polmonari retrosternali.
Gli studi di funzionalità polmonare (spirometria), sebbene non eseguiti routinariamente durante le fasi di esacerbazione acuta, mostrano un aumento del volume residuo (RV), del volume funzionale residuo (FRC) e della capacità funzionale totale (TLC) dovuta all’intrappolamento di aria.
La capacità vitale forzata (FVC), il volume espiratorio in 1 secondo (FEV1) ed il rapporto FEV/FVC si riducono, invece, a causa dell’ostruzione al flusso aereo.
La riduzione della DLco riflette la perdita della superficie aerea derivante dalla distruzione alveolare e del letto vascolare polmonare.
I valori emogasanalitici di un paziente enfisematoso tipicamente non riflettono la severità del processo patologico.
Le modificazioni comuni comprendono l’alcalosi respiratoria con moderata ipossiemia nelle forme lievi-moderate di enfisema e lo sviluppo di acidosi respiratoria con più marcata ipossiemia durante la fasi terminali della malattia.
Sebbene l’elettrocardiogramma (ECG) non sia diagnostico per enfisema, esso fornisce utili informazioni sulle condizioni del paziente.
La posizione più verticale del cuore associata alla più marcata iperinflazione polmonare ed all’appiattimento della cupola diaframmatica, determina lo spostamento verso destra dell’asse elettrico dell’onda P e del complesso QRS sul piano frontale.
Possono, inoltre, essere presenti onde P alte e aguzze, indici di ingrandimento atriale (P polmonare).
L’iperinflazione polmonare riduce anche l’ampiezza (voltaggio) delle onde elettriche nelle derivazioni degli arti.
Terapia nel paziente con enfisema polmonare
Il trattamento dell’enfisema polmonare comprende sia una terapia acuta che una di supporto.
La terapia della fase acuta dovrebbe ridurre il lavoro respiratorio e garantire una ossigenazione ed una ventilazione ottimali.
La terapia a lungo termine, invece, è strutturata per ridurre la morbilità ed aumentare l’autonomia e la qualità di vita del paziente.
I vantaggi del programma di riabilitazione polmonare del paziente enfisematoso comprendono sia le informazioni da fornire al paziente stesso circa la sua malattia che un insieme di trattamenti di tipo cronico.
Un attento trattamento respiratorio a lungo termine riduce i sintomi e la durata della degenza ospedaliera.
Esso aumenta anche la tolleranza allo sforzo e la facilità con la quale vengono effettuate le attività giornaliere, riduce l’ansia e la depressione, migliorando così la qualità della vita del paziente.
La ossigenoterapia suppletiva è utile allorquando la PaO, in aria ambiente è inferiore a 55 mmHg.
Nei pazienti con enfisema polmonare, un’adeguata ossigenazione può essere solitamente ottenuta mediante una cannula nasale con flussi inferiori a 3 litri/minuto.
Nel caso in cui, invece, una esacerbazione acuta sia stata precipitata da un episodio pneumonico oppure da uno scompenso cardiaco congestizio, l’ipossiemia può essere importante e necessitare di un più significativo incremento della FiO2.
Il trattamento delle crisi acute comprende la stabilizzazione delle condizioni respiratorie del paziente ed il trattamento della causa esacerbante.
Farmaci di importanza rilevante nel trattamento del broncospasmo associato alle esacerbazioni dell’enfisema sono i broncodilatatori: anticolinergici, metilxantine e β2-stimolanti.
Questi ultimi sia a breve durata d’azione che a lunga durata d’azione come il salmeterolo.
Le metilxantine aumentano anche la contrattilità del diaframma.
Gli steroidi riducono invece la risposta infiammatoria nelle vie aeree e in certi pazienti risultano essere utili.
In aggiunta, i broncodilatatori anticolinergici sono particolarmente utili nel trattamento del broncospasmo dovuto ad un incremento del tono simpaticomimetico.
La somministrazione di antibiotici è indicata in presenza di un processo infettivo respiratorio batterico, tipicamente diagnosticato sulla base delle modificazioni delle caratteristiche fisiche dell’espettorato (quantità, colore, consistenza).
I diuretici sono utili quando lo scompenso cardiaco congestizio complica la condizione clinica del paziente.
Nel caso in cui l’espettorazione delle secrezioni costituisca un problema rilevante durante le esacerbazioni acute, il medico dovrebbe spingere il paziente a tecniche di miglioramento dell’igiene polmonare come la fisioterapia respiratoria e l’umidificazione delle secrezioni.
In un paziente affetto da un deficit di α1PI può essere istituito un trattamento sostitutivo.
L’insufficienza respiratoria acuta può richiedere l’istituzione della ventilazione meccanica continua (CMV) per mantenere un adeguato equilibrio ventilatorio del paziente.
La CMV si dimostra una scelta più razionale quando l’insufficienza respiratoria è il risultato di un problema reversibile sovrappostosi ad una broncopneumopatia cronica ostruttiva (COPD).
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