Epatite D (Delta): sintomi, diagnosi, terapie
L’Epatite D (Hdv, della quale sono stati identificati tre genotipi) è una malattia infettiva del fegato causata da un virus cosiddetto “difettivo”, ossia un virus satellite in grado di replicarsi solo in presenza del virus dell’epatite B (circa il 5-10% dei portatori di Hbv ha una coinfezione Delta)
Come il virus dell’Epatite B, anche il virus dell’Epatite D è presente in tutto il mondo maggiormente diffuso nelle aree in via di sviluppo e tra le fasce di popolazione con un livello socioeconomico basso.
Si stima che siano circa 10 milioni le persone affette da virus Hdv. Il genotipo I è quello maggiormente diffuso, il genotipo II è maggiormente diffuso in Giappone e a Taiwan, mentre il genotipo III è presente solo in Amazzonia.
Alcuni studi hanno mostrato che in Europa e in USA circa il 25-50% dei casi di epatite fulminante inizialmente considerati casi di Epatite B, erano in realtà causati da Hdv.
Segni e sintomi dell’Epatite D
L’infezione da Hdv, nel caso di infezione simultanea con il virus dell’Epatite B, può manifestarsi dopo un periodo di incubazione che varia da 2 settimane a 2 mesi con segni e sintomi simili all’infezione da virus B, come: stanchezza e malessere generale, febbre, urine scure, mancanza di appetito, nausea e vomito, dolore addominale, dolori articolari, ittero.
Cause e trasmissione dell’Epatite D
La trasmissione da Hdv avviene secondo due modalità:
- la co-infezione dei virus D e dell’Epatite B
- la super-infezione Delta, ossia, la condizione in cui un soggetto già portatore cronico di HBV si infetta anche con il virus Delta.
La trasmissione avviene:
- attraverso il sangue per trasfusione e trapianto di organi infetti, o attraverso l’utilizzo di aghi e strumenti chirurgici o articoli da toiletta contaminati
- per via sessuale
- per trasmissione verticale da madre a figlio
- attraverso liquidi biologici (bile, scolo nasale).
Chi è a rischio di contrarre virus dell’Epatite D
Benché chiunque possa ammalarsi di Epatite D, alcune categorie di soggetti sono maggiormente esposte al rischio di entrare in contatto con il virus Hdv.
Tra queste:
- chi ha più partner sessuali
- i familiari, gli amici, le persone in contatto con soggetti infetti
- i tossicodipendenti
- i bambini nati da madri con Epatite D
- personale di laboratorio e lavoratori che sono esposti al sangue e/o possono maneggiare aghi e siringhe se non perfettamente sterilizzati
- chi pratica e fa piercing, manicure, pedicure
- i pazienti in emodialisi
- chi viaggia in Paesi dove il virus è particolarmente diffuso.
Diagnosi di Epatite D
La diagnosi di Epatite D avviene attraverso un esame del sangue per rilevare la presenza di anticorpianti-HDV.
Dopo circa tre mesi dall’infezione compaiono gli anticorpi anti-Hdv che quando permangono a lungo (per mesi o anni) indicano che il soggetto è infettante e che c’è cronicizzazione della malattia (l’infezione tende a cronicizzare nel 90%); quando gli anticorpi scompaiono è indice di guarigione.
Terapie dell’Epatite D
Per il trattamento dell’Epatite D, i farmaci disponibili a tutt’oggi (Interferone) sono scarsamente efficaci (il trattamento o la terapia con Interferone consente una risposta inferiore al 15-20% dei casi).
Come prevenire l’Epatite D
Il cardine della prevenzione dell’Epatite D è il vaccino, infatti, anche per il virus Hdv vale la profilassi per l’Hbv: non esiste un vaccino specifico contro l’infezione da virus Delta ma quello contro l’Epatite B è in grado di proteggere anche contro l’Epatite D.
Per evitare il contagio di altre persone è importante seguire alcune norme di igiene e comportamento:
- usare il preservativo soprattutto in caso di rapporti occasionali o di più partner sessuali
- coprire eventuali tagli o ferite cutanee
- non donare sangue, sperma o tessuto
- non condividere strumenti medici
- evitare lo scambio di oggetti personali per l’igiene e la cura personale (pettini, spazzolini)
- informare il partner dell’infezione e raccomandare l’esecuzione del test.
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