Fratture del piatto di crescita o distacchi epifisari: di cosa si tratta, come curare
Fratture del piatto di crescita o distacchi epifisari: la cartilagine di accrescimento permette la crescita in lunghezza delle ossa ma è una zona dell’osso particolarmente fragile. È una sede frequente di fratture in età pediatrica
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Il piatto di crescita: di cosa si tratta?
Le ossa dei bambini si distinguono da quelle degli adulti per diverse caratteristiche, ma soprattutto poiché hanno la possibilità di crescere.
La crescita delle ossa lunghe (come femore, tibia, perone, omero, radio, ulna e anche le piccole ossa della mano e del piede), avviene per mezzo della cartilagine di accrescimento, una struttura presente in una regione ben precisa, localizzata tra la metafisi e l’epifisi, ovvero vicino alle estremità dell’osso.
Le cartilagini di accrescimento consentono alle ossa di allungarsi fino a quando il bambino non raggiunge l’altezza definitiva.
La cartilagine di accrescimento o fisi o piatto di crescita è l’ultima parte delle ossa di un bambino ad ossificare quando si arriva alla fine dell’accrescimento e rappresenta fino ad allora una zona più fragile dell’osso, che è quindi più vulnerabile alle fratture.
A seguito di traumi diretti o indiretti è possibile che si verifichi una frattura del piatto di crescita, nota anche come distacco epifisario.
Infatti, se l’osso si frattura in corrispondenza del piatto di crescita, inevitabilmente l’epifisi si staccherà dalla metafisi dell’osso.
DISTACCHI EPIFISARI
I distacchi epifisari rappresentano tra il 15% ed il 30% di tutte le fratture infantili e sono anche tra quelle che più preoccupano, poiché dal corretto funzionamento della cartilagine d’accrescimento dipendono la lunghezza e la forma dell’osso maturo.
È quindi fondamentale un corretto e tempestivo trattamento, al fine di ridurre il rischio di future deformità relative all’asse ed alla lunghezza degli arti coinvolti.
Se ben trattate, la completa guarigione è possibile nella gran parte dei casi, ma rimane un ipotetico rischio a lungo termine, legato al fatto che il distacco epifisario produce comunque un danno alla cartilagine di accrescimento che può alterare in modo imprevedibile l’accrescimento dell’arto.
Statisticamente, i distacchi epifisari si presentano più spesso nei maschi, solitamente a seguito di traumi diretti durante attività sportiva, con un picco intorno alla seconda infanzia.
Le sedi che più frequentemente sono coinvolte da lesioni del piatto di crescita sono le ossa lunghe delle dita, il polso (estremità del radio e dell’ulna rivolte verso la mano) e le ossa della gamba (tibia e perone).
Come si manifestano le fratture del piatto di crescita?
Il forte e persistente dolore, accompagnato dalla limitazione del movimento e dalla comparsa di gonfiore caratterizzano queste lesioni.
Le forme che presentano un più alto grado di scomposizione mostrano anche una deviazione del normale profilo anatomico dell’arto interessato ed una evidente tumefazione e sono quindi più facile da sospettare rispetto alle forme meno gravi, che in alcuni casi possono passare misconosciute in quanto causano unicamente una dolenzia meno accentuata e una lieve limitazione del movimento.
Proprio per questo, in presenza di dolore persistente a seguito di un trauma di una certa entità è importante non sottovalutare la situazione e rivolgersi al medico specialista, che valuterà l’eventuale necessità di effettuare un esame radiografico.
Fratture del piatto di crescita, come si fa diagnosi?
La radiografia standard in due proiezioni (volgarmente chiamata “lastra”) è quasi sempre sufficiente ad identificare il tipo di lesione. Prima si fa diagnosi e maggiori sono le possibilità di poter applicare tempestivamente il corretto trattamento, migliorando la prognosi.
Se fossero necessari maggiori dettagli, il medico può ordinare altri esami di diagnostica per immagini come risonanza magnetica (RM) e tomografia computerizzata (TC) che possono mostrare meglio i tessuti molli o dare una visione tridimensionale dei frammenti.
Il tipo di distacco epifisario, il suo grado di scomposizione e la sua localizzazione, nonché l’età del bambino, influenzano in maniera fondamentale la prognosi e il tipo di trattamento di queste lesioni.
La frattura difatti può passare tutta attraverso il piatto di crescita, oppure può attraversarla andando a coinvolgere la regione a valle (epifisi) o a monte (metafisi), configurando quelli che si chiamano distacchi epifisari misti.
Il piatto di crescita può anche subire un danno da compressione più o meno simmetrica.
Tutte queste diverse opzioni con i relativi sottogruppi, sono stati accuratamente descritti nella classificazione di Salter-Harris e sono universalmente noti.
Come si curano le lesioni al piatto di crescita:
Le lesioni che rimangono perfettamente composte, sono classicamente trattate mediante immobilizzazione con apparecchi gessati.
Nei distacchi epifisari scomposti è necessario prima di tutto riallineare i monconi di frattura solitamente mediante una manovra di riduzione.
La riduzione dei distacchi epifisari deve fare in modo che epifisi, piatto di crescita e metafisi tornino nella posizione e in rapporti normali tra di loro.
Essendo una manovra dolorosa per il piccolo paziente, viene preferibilmente svolta in sedazione.
I distacchi epifisari più gravi e potenzialmente meno stabili devono invece essere gestiti in sala operatoria con tempestività.
In questi casi è possibile effettuare tutte le manovre necessarie a riallineare il distacco epifisario, sfruttando il rilassamento muscolare del paziente in anestesia, in totale mancanza di dolore e con l’ausilio del continuo controllo radiografico.
Le fratture più complesse possono non riallinearsi nemmeno in queste situazioni favorevoli e allora è necessario procedere ad incisioni chirurgiche che permettano di raggiungere l’osso eliminando gli ostacoli che impediscono la riduzione. In questi casi si parla di “riduzione cruenta”.
Una volta ottenuto il perfetto riallineamento sarà importante stabilizzare il distacco epifisario nella maniera più stabile possibile in modo da favorire la consolidazione e la ripresa della normale funzione della cartilagine di accrescimento.
Le lesioni considerate più stabili possono richiedere un apparecchio gessato per 3/6 settimane, mentre le lesioni instabili e complesse richiedono un bloccaggio chirurgico dei frammenti che avviene generalmente mediante l’inserimento di fili metallici da associare poi ad apparecchi gessati per la limitazione del movimento.
I fili metallici verranno poi rimossi, generalmente a distanza di 4 settimane, dopo controlli clinici e radiografici periodici che confermino la guarigione. In base alla sede colpita e alla gravità della lesione, si programmerà una graduale ripresa delle normali attività.
La rigidità e una iniziale limitazione del movimento sono prevedibili nella prima fase di ripresa del movimento ed in alcuni casi potranno beneficiare dell’ausilio fisioterapico o dell’utilizzo di specifici tutori.
I controlli periodici dovrebbero proseguire per alcuni anni dopo la guarigione al fine di verificare la normale ripresa della funzione della cartilagine d’accrescimento.
È infatti possibile la formazione di ponti ossei che arrestano la crescita o determinano una deviazione dell’osso interessato o, di contro, è possibile una iperstimolazione dell’arto fratturato che negli anni tenderà a crescere maggiormente rispetto all’arto del lato opposto dando luogo ad una dismetria.
In tali casi l’ortopedico avrà modo di re-intervenire per evitare deformità più gravi.
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