Gastroschisi: diagnosi e cura di questa malattia rara neonatale
La Gastroschisi è una malattia rara da difetto di formazione della parete addominale. Si corregge con un intervento chirurgico nelle prime ore di vita del neonato
Che cos’è la Gastroschisi?
La gastroschisi è un difetto di formazione della parete addominale che interessa circa 1 su 10000/20000 nati vivi e che determina la non completa chiusura dei muscoli e della cute dell’addome e che ha come conseguenza la fuoriuscita degli organi addominali.
È solitamente un difetto isolato, ma raramente può essere associato ad anomalie intestinali (atresia, malrotazione).
In oltre il 90% dei casi è risolvibile con un intervento chirurgico in epoca neonatale.
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Gastroschisi, la diagnosi:
La diagnosi è spesso in epoca prenatale e avviene solitamente tra il I° e il II° trimestre di gravidanza, nel corso dello screening del primo trimestre o del secondo trimestre di gravidanza.
All’ecografia si visualizzano gli organi addominali, generalmente l’intestino, che fuoriescono dall’addome del feto da una piccola apertura (di 2-4 cm) posta alla destra dell’ombelico.
L’intestino si trova così a contatto con il liquido amniotico e può presentare con il tempo segni di sofferenza, come l’ispessimento delle anse intestinali.
Questo avviene sia per il contatto diretto delle anse intestinali con il liquido amniotico, sia per uno strangolamento dei vasi che irrorano l’intestino e che vengono stirati all’esterno dell’addome.
Deve essere comunque sottolineato che tra la 10° e la 12° settimana di età gestazionale può essere normale che le anse intestinali si trovino ancora al di fuori della cavità addominale del feto, all’interno del sacco vitellino, che è una componente del cordone ombelicale.
Pertanto è necessario considerare con molta cautela una diagnosi in questo periodo gestazionale o prima.
D’altro canto, una volta posta la diagnosi è fondamentale eseguire controlli ecografici regolari, per tenere sotto controllo:
- La crescita fetale, che per motivi legati all’intestino erniato può essere al di sotto della norma;
- Lo spessore delle anse intestinali erniate;
- La quantità del liquido amniotico, che talvolta si riduce eccessivamente;
- Il benessere globale del feto.
La diagnosi prenatale è fondamentale perché permette di seguire l’evoluzione in utero e di garantire la migliore assistenza al neonato, consentendo ai genitori di prepararsi ad affrontare questa esperienza e di stabilire una relazione con l’équipe medica già prima del parto.
Il parto con diagnosi di gastroschisi del nascituro
Il parto potrà essere vaginale o cesareo e la scelta dipenderà molto dalle esigenze ostetriche.
È opportuno comunque che la gravidanza sia portata quanto più possibile a termine e che il parto avvenga in un Centro altamente specializzato, idealmente lo stesso dove sarà poi curato il neonato.
Alla nascita, già in sala parto, l’intestino e gli altri organi erniati saranno ricoperti da garze umide e calde per proteggerle dal contatto con aria e batteri.
Il neonato sarà poi trasferito quanto prima nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale, dove l’equipe medico-infermieristica lo accoglierà e si occuperà di eseguire gli accertamenti necessari prima dell’intervento chirurgico.
In molti paesi occidentali è il papà che in questa circostanza e prima dell’intervento starà più accanto al bambino, facendogli sentire la sua presenza amorevole e familiare, di fondamentale importanza.
Per questo oggi i reparti di terapia intensiva e semi-intensiva neonatale sono aperti ai genitori e la loro presenza è considerata di grande valore per la cura.
Trattamento di gastroschisi
Il trattamento della gastroschisi è chirurgico.
Solitamente si interviene nelle prime ore di vita, dopo aver eseguito gli accertamenti necessari e aver parlato con i genitori – soprattutto il papà – dell’intervento.
Questo consiste nel riposizionamento nella cavità addominale degli organi erniati, e nella chiusura del difetto della parete addominale.
Talvolta è necessario più di un intervento a causa della sproporzione tra gli organi all’esterno e lo spazio all’interno dell’addome, non sufficientemente capiente.
In questi casi l’intestino sarà rivestito da un bendaggio in silicone, per mantenerlo caldo e protetto, e progressivamente spinto nella cavità addominale per permettere a quest’ultima di sviluppare lo spazio necessario per accogliere l’intestino.
Questo processo generalmente necessita di circa una settimana.
Al bambino verrà anche applicato un catetere venoso centrale, necessario per dargli il nutrimento necessario finché non sarà in grado di alimentarsi utilizzando il proprio apparato digerente.
Decorso Post-Operatorio
Nei primi giorni dopo l’intervento, il bambino sarà ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale e avrà un sondino nasogastrico, per drenare le secrezioni che si raccolgono nello stomaco.
Avrà anche il catetere venoso centrale per ricevere il nutrimento necessario alla crescita, la nutrizione parenterale, che sarà sospesa non appena l’intestino riprenderà la sua normale attività.
Una volta superata la necessità di assistenza intensiva (generalmente una-due settimane dopo l’intervento chirurgico), il bambino sarà trasferito nel reparto di Chirurgia Neonatale dove proseguirà le cure.
Nei bambini con gastroschisi, l’intestino può avere una iniziale scarsa motilità, indotta probabilmente dal prolungato contatto delle anse intestinali con il liquido amniotico, che condizionerà i tempi e i modi dell’alimentazione.
Questa ripresa della normale motilità può necessitare anche di tempi prolungati, fino a circa 3 settimane dopo l’intervento.
Quando il bambino potrà finalmente mangiare, assumerà preferibilmente il latte materno poiché è l’alimento migliore anche per promuovere la peristalsi intestinale – i movimenti dell’intestino indotti dalla contrazione della muscolatura – e il benessere del bambino.
Questo avverrà con l’allattamento al seno materno, o al biberon.
Le principali complicanze del decorso post-operatorio sono rappresentate dal ritardo nella ripresa della normale attività intestinale e dalle infezioni sulle quali si interviene con una terapia antibiotica.
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