Gestione del paziente con insufficienza respiratoria acuta e cronica: uno sguardo d’insieme
L’insufficienza respiratoria, nelle sue varie tipologie, è una condizione che chi opera in emergenza deve conoscere più che bene
Gestione del paziente con insufficienza respiratoria
La gestione del paziente con questo quadro clinico è particolarmente complessa e a rischio di decesso.
E’ quindi opportuno studiare con attenzione cause, sintomi e conseguenze, per meglio intervenire. In coda all’articolo, inoltre, sarà possibile trovare molti approfondimenti ad hoc.
Con “insufficienza respiratoria” si indica una sindrome causata dall’incapacità dell’intero sistema respiratorio (non solo dei polmoni come erroneamente si pensa) di svolgere le proprie numerose funzioni, tra cui la vitale funzione di assicurare all’organismo un adeguato scambio gassoso (anidride carbonica – ossigeno) sia a riposo che sotto sforzo.
Nel paziente con insufficienza respiratoria si verifica ipossiemia (diminuzione dei livelli di ossigeno nel sangue arterioso) che può associarsi ad ipercapnia (aumento dei valori di anidride carbonica) i quali possono potenzialmente risultare mortali.
Trattandosi di una condizione clinica che compare in corso di diverse malattie, non viene considerata una patologia a sé stante, ma una sindrome.
Insufficienza respiratoria normocapnica ed ipercapnica
A seconda che influenzi solo l’apporto di ossigeno o anche la rimozione di anidride carbonica, si parla di:
- insufficienza respiratoria normocapnica (o parziale o ipossiemica o tipo I): si osserva l’ipossiemia senza ipercapnia, cioè bassi livelli di PaO2 in presenza di normali livelli di PaCO2 (PaO2 < 60mmHg; PaCO2 < 45mmHg).
- insufficienza respiratoria ipercapnica (o globale, o totale o tipo II): si osserva sia ipossiemia che ipercapnia, cioè bassi livelli sia di PaO2 e alti di PaCO2 (PaO2 < 60mmHg; PaCO2 > 45mmHg). In questo caso, soprattutto nelle forme gravi ed in quelle a rapida insorgenza, l’eccesso di anidride carbonica presente rende acido il sangue (cioè il pH del sangue arterioso si abbassa sotto 7,30). In una prima fase i reni tentano di tamponare compensare questo eccesso di acidità, mettendo in circolo dei bicarbonati. Quando anche questo meccanismo di compenso diventa insufficiente, compare l’acidosi respiratoria, una condizione che rappresenta un’emergenza medica.
Entrambe le tipologie possono mostrarsi in forma acuta o cronica.
Esiste anche una terza forma: l’insufficienza respiratoria cronica riacutizzata, detta anche “acuta su cronica”, che rappresenta una frequente complicanza nei pazienti con BPCO.
Altra classificazione possibile è basata sul fatto che si manifesti solo con esercizio fisico o anche a riposo, in base a ciò distinguiamo:
- insufficienza respiratoria latente: si manifesta sotto sforzo ma NON a riposo;
- insufficienza respiratoria manifesta: si manifesta a riposo e può aggravarsi sotto sforzo.
Insufficienza respiratori acuta
L’insufficienza respiratoria acuta è la forma più grave.
La gravità è correlata anche alla rapidità con la quale si manifesta l’insufficienza respiratoria, in quanto ad una elevata velocità di alterazione dei valori può mostrarsi l’insufficienza, anche se i valori stessi rimangono nella norma.
Insufficienza respiratoria cronica
L’insufficienza respiratoria cronica è generalmente meno grave rispetto alla forma acuta, ma non per questo deve essere considerata non pericolosa.
Si manifesta più lentamente (mesi o anni), e ne esiste una forma più grave definita “insufficienza respiratoria cronica riacutizzata“, in occasione di un veloce aumento rapido della PaCO2 durante la forma cronica.
In tal caso le terapie sono limitate, in quanto riportano alla situazione precedente (alla forma cronica).
Cause dell’insufficienza respiratoria acuta e cronica
L’insufficienza respiratoria acuta e cronica possono essere tipicamente il risultato di:
- edema polmonare acuto;
- embolia polmonare massiva;
- pneumotorace iperteso;
- broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) che in associazione con la forma cronica o acuta aumenta la pericolosità e il rischio di morte;
- sindrome da distress respiratorio;
- asma bronchiale;
- emotorace, come complicanza durante il trattamento;
- trauma cranico.
Cause ambientali
- permanenza in alta quota anche in soggetti sani a causa della rarefazione dell’O2;
- ambienti a bassa concentrazione di O2.
Cause neurologiche e muscolo scheletriche
- Sindrome di Guillan Barré;
- tossine tetaniche e botuliniche;
- intossicazione da barbiturici;
- miastenia grave;
- distrofie muscolari;
- poliomielite bulbare;
- tetraplegia;
- cifo-scoliosi;
- lembo mobile.
Cause cardio-vascolari
- ipertensione polmonare severa;
- cardiopatie congenite;
- shock;
- shunt artero-venosi intrapolmonari;
- embolia polmonare;
- infarto polmonare.
Patologie del parenchima polmonare
- edema polmonare;
- pneumoconiosi;
- atelettasia;
- pneumotorace;
- BPCO;
- asma;
- ARDS;
- fibrosi polmonare;
- fibrosi cistica;
- polmoniti.
Altre cause
- coma mixedematoso;
- obesità grave (di 2° o 3° grado).
L’insufficienza respiratoria di tipo I è la forma più comune, si può riscontrare praticamente in tutte le condizioni patologiche che coinvolgano i polmoni.
Alcune delle più frequenti sono l’edema polmonare o la polmonite.
La forma di tipo II si può riscontrare per esempio nelle forme gravi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e di asma.
Segni e sintomi di insufficienza respiratoria
Le forme di insufficienza respiratoria cronica possono essere caratterizzate da un aumento dei globuli rossi circolanti, un sistema di compenso che l’organismo mette in atto nel tentativo di trasportare quanto più ossigeno possibile.
I pazienti con insufficienza respiratoria cronica spesso presentano anche una condizione cardiaca nota come cuore polmonare cronico, caratterizzato dall’alterazione della struttura e delle funzioni delle sezioni destre del cuore (il ventricolo destro presenta pareti ispessite e/o dilatate) che si trovano a pompare sangue nel circolo polmonare che, per le alterazioni dell’architettura del polmone, presenta una pressione elevata (ipertensione polmonare).
Segni di insufficienza respiratoria acuta
Segni e sintomi clinici sono correlati alle alterazioni dei gas nel sangue:
A) Sintomi correlati all’ipossia:
- cianosi: colorito bluastro della cute, dovuta alla presenza di emoglobina non legata all’ossigeno (emoglobina ridotta) a concentrazioni superiori a 5 g di /100mL;
- tachipnea;
- polipnea;
- dispnea (tuttavia può essere assente);
- tachicardia;
- aumento della pressione arteriosa;
- vasodilatazione periferica;
- ipertensione arteriosa polmonare;
- disturbi neurologici;
- astenia e crampi muscolari;
- coma.
B) Sintomi correlati all’ipercapnia:
- acidemia: oliguria, ipersecrezione acida gastrointestinale, ulcere gastriche, scialorrea, ipersudorazione;
- vasodilatazione cerebrale fino all’ipertensione endocranica: cefalea gravativa, vomito, turbe neuropsichiche;
- obnubilamento del sensorio, coma ipercapnico;
- dispnea.
C) Segni di insufficienza respiratoria cronica
- dispnea;
- astenia (stanchezza);
- encefalopatia cronica;
- acidosi respiratoria cronica;
- ipertensione arteriosa;
- ipertensione polmonare;
- cuore polmonare cronico;
- poliglobulia.
Diagnosi di insufficienza respiratoria
Il livello di PaO2 (pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso) sotto il quale si parla di insufficienza respiratoria è 60 mmHg.
Questo limite è stato scelto perché è strettamente legato al punto critico sulla curva di dissociazione dell’emoglobina, sotto il quale la curva diventa più ripida e bastano piccoli cambiamenti di PaO2 per far variare grandemente il contenuto di ossigeno nel sangue.
Allo stesso modo, per convenzione, è stato scelto per l’ipercapnia il limite di 45 mmHg di PaCO2.
Per la diagnosi di insufficienza respiratoria, il medico si basa su:
- Considerazioni cliniche in base ad anamnesi ed esame obiettivo: valutazione dello stato di coscienza del paziente, ricerca di eventuali comorbidità causali, obiettività polmonare e cardiaca.
- Esami di laboratorio: emogasanalisi, saturazione dell’emoglobina, pH arterioso, concentrazione dei bicarbonati, ematocrito, emissione urinaria e funzionalità renale (azotemia, creatininemia).
- Diagnostica per immagini: elettrocardiogramma, spirometria ed altri test di funzionalità respiratoria, ecocardiogramma, radiografia del torace, TAC, angio-TAC, scintigrafia polmonare.
- Terapia dell’insufficienza respiratoria
Gli obiettivi sono due:
- individuare e trattare le complicanze legate all’insufficienza respiratoria che possono mettere a rischio la vita del paziente;
- individuare e trattare le cause a monte che hanno determinato l’insufficienza della funzione respiratoria.
Due dei primari compiti del medico in caso di paziente con IRA, sono:
- correggere l’ipossia (eventualmente somministrando ossigeno);
- trattare l’acidosi respiratoria che potrebbe eventualmente verificarsi.
La maschera di ossigeno semplice viene utilizzata nella maggior parte dei casi, ma una migliore alternativa può essere la maschera di Venturi.
In casi più acuti si può ricorrere alla NIMV (ventilazione non invasiva) o alla ventilazione meccanica. ausili utili possono essere cannule nasali o cannule oro faringee tipo guedel / mayo (da usare queste ultime, però, con paziente con Glasgow 3 o AVPU=U).
La percentuale di ossigeno da somministrare al paziente è determinata dalla necessità di raggiungere un determinato target di saturazione di ossigeno, con una SaO2 tra 88% e 92%; con una SaO2 tra 96% e 97% nell’IMA e nello STROKE e del 100% negli eventi traumatici.
Sia il mezzo con cui si somministra ossigeno, che la FiO2 (percentuale di ossigeno) che la quantità di O2 espressa in litri/minuto da somministrare, sono determinati dal raggiungimento del target di saturazione da ottenere.
Terapia dell’insufficienza respiratoria cronica
Il trattamento cambia a seconda della malattia correlata: oltre che farmacologico (antibiotici, broncodilatatori) può prevedere anche la correzione dello stile di vita (astensione dal fumo o dall’alcool, seguire una dieta equilibrata per ridurre il peso, ecc.).
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