Hiv, Tbc e malaria rischiano di fare più morti del Covid, nei paesi a risorse limitate
Hiv, Tbc (tubercolosi) e malaria, nei Paesi a risorse limitate, rischiano di fare piu’ morti del Covid-19. Fa suo il monito di Peter Sands, direttore esecutivo del Fondo globale per la lotta all’Aids, tubercolosi e malaria, Stefania Burbo, focal point del Network italiano salute globale, la rete che riunisce dieci organizzazioni della societa’ civile che operano nel Sud del mondo (ActionAid, Aidos, Amref Health Africa, Ccm, Cesvi, Coopi, Cospe, Medici con l’Africa Cuamm, Medicus Mundi Italia, World Friends).
Il Network e’ intervenuto martedi’ scorso al Festival dello sviluppo sostenibile di Asvis e fa parte dei Gcap-Coalizione italiana contro la poverta’, che ha messo in cantiere la costruzione di una coalizione della societa’ civile italiana per il Civil Society 20, uno degli Engagement Groups del G20 che l’anno prossimo avra’ la presidenza italiana.
“Il problema che si sta delineando nei Paesi a risorse limitate – spiega Burbo – e’ quello dei cosiddetti ‘impatti secondari’ del Covid-19, che poi sarebbe piu’ corretto chiamare ‘indiretti’.
Si sta avendo un impatto negativo su Hiv, tubercolosi e malaria, sulle vaccinazioni e sulle cure di base per la salute materno-infantile e la salute sessuale e riproduttiva, perche’ se nei sistemi sanitari fragili dei Paesi piu’ poveri questi servizi vengono a scarseggiare”.
COVID-19, TRA GLI EFFETTI SECONDARI UN DIMINUITO VOLUME DEI TEST HIV
A mettere in fila i dati degli ‘impatti secondari’ e’ il rapporto del Fondo globale.
“Si stima che il numero di infezioni e decessi causati da queste tre epidemie possa salire alle stelle nei prossimi 12 mesi– sottolinea la focal point del Network -.
Il volume dei test Hiv e’ diminuito del 50% in alcune aree in cui interviene il Fondo globale, come il Burkina Faso e altri Paesi dell’Africa sub-sahariana.
Le nuove notifiche di tubercolosi sono diminuite fino al 75% e questo potrebbe portare a un aumento delle nuove infezioni, perche’ le persone sono inconsapevoli del loro stato”.
Rispetto alla malaria, invece, il Covid ha inciso nel’avvio delle “campagne di distribuzione delle zanzariere, ritardandole e lasciando le persone piu’ vulnerabili, bambini e bambine, senza copertura“.
Il punto, per Burbo, e’ ricordare che “e’ tutto estremamente interconnesso“.
Bene, quindi, il Nobel per la Pace 2020 al World Food Programme, che, per il comitato svedese, “ha dimostrato un’abilita’ impressionante di intensificare gli sforzi” in una situazione di pandemia che ha “contribuito a una forte impennata del numero di vittime della fame nel mondo”.
INDICE GLOBALE DELLA FAME: DALLA CRISI ECONOMICA, LE RICADUTE SU MALATTIE COME HIV, TUBERCOLOSI E MALARIA
“Lunedi’ prossimo il Cesvi, che fa parte del nostro Network, presentera’ la versione italiana del rapporto ‘Indice globale della fame’”.
Mettendo in fila i numeri, il quadro e’ preoccupante: “Ci sono 690 milioni di persone nel mondo denutrite (dati Fao), 144 milioni di bambini e bambine che soffrono di malnutrizione cronica, 47 milioni di malnutrizione acuta e siamo lontani dal raggiungere l’Obiettivo fame zero entro il 2030.
Non si puo’ operare per compartimenti stagni- sottolinea l’esperta- Il problema dell’insicurezza alimentare e’ importantissimo ed e’ stato esacerbato dalla pandemia Covid-19“.
Come pure sono state esacerbate le diseguaglianze di genere “relativamente all’accesso all’istruzione; si e’ registrato un aumento della violenza domestica e la sospensione di alcuni programmi per il contrasto alle Mutilazioni genitali femminili (Mgf)“, sottolinea Burbo, che cita il segretario generale Onu Antonio Guterres: “Nel suo rapporto sull’andamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ha osservato che il Covid potrebbe invertire i progressi fatti, anche in materia di uguaglianza di genere e diritti delle donne”.
Per tutti questi motivi, secondo l’esperta, l’approccio, sanitario e non, nella lotta alla pandemia deve essere globale: “È evidente che ogni Paese cerchi di ottenere le cure e il vaccino per la propria popolazione– osserva-.
Ma se ci si limita a questo e non si considera il fatto che e’ una pandemia globale non si va molto lontano”.
Al centro di politiche e azioni internazionali, dunque, ci devono essere i Paesi piu’ deboli, perche’, “come dice Guterres, se gli Stati non uniranno i propri sforzi per aiutarli le conseguenze rischiano di essere disastrose.
Secondo le stime della Baca mondiale- prosegue Burbo- il Covid potrebbe spingere 71 milioni di persone nel mondo in condizioni di poverta’ estrema, nello scenario peggiore 100 milioni.
È previsto che quasi la meta’ dei nuovi poveri si trovi in Asia meridionale e piu’ di un terzo nell’Africa subsahariana, oltre ai milioni di persone che non hanno accesso a cure gratuite”.
Il Covid “ha squarciato un velo su disuguaglianze che gia’ esistevano”, insistendo sulle conseguenze della “crisi economica del 2008-09, che non era ancora completamente risolta.
Secondo noi- conclude Burbo- e’ importante combinare risposte urgenti a breve termine con riforme strutturali che pero’ mettano al centro i diritti umani”.
E lancia una proposta: “Ci piacerebbe che l’Italia con la presidenza del G20 si facesse fautrice di una mozione per la cancellazione del debito ai Paesi piu’ deboli“.
PER APPROFONDIRE:
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